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Chi sono i ciechi? Chi si fa ingannare dal mondo, dagli idoli

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“Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Lc 1,1-4; 4,14-21

Si presenta Gesù. Inizia la sua missione. E comincia là nel suo paese, nella sua città. Va nella sinagoga. Come noi andiamo a Messa ogni Domenica. Srotola un libro di Isaia e comunica a tutti che,  in quel momento quella Parola si è realizzata. Tutti lo guardano sorpreso. Se fossi stato presente qualche dubbio mi sarebbe assalito.  Come tutti. Lo presero per pazzo o meglio per presuntuoso. Fino a qualche minuto prima e nei trent’anni trascorsi, si era distinto come buon aiutante del padre Giuseppe. Faceva tavoli, sedie,comodini., armadi. Un buon Falegname. Poi,proclama a tutti che lui è il Messia atteso. Insomma, non era facile credergli. Non so voi. Lui il Messia atteso, profetizzato ben 750 anni prima da Isaia? Qualche domanda ci viene. Perché devo credere?  Perché devo dire che  lui è il Messia? Perché lui e non un altro?Non è il figlio di Giuseppe. Gli diranno nel vangelo di domenica prossima.  Ha una grande autorità. E’ vero. Ma quante altre persone ne hanno. Cosa ci fa dire che quelle parole del profeta  Isaia si sono realizzate? La vita di Cristo. La Fede. La nostra. La nostra vita.  Vedete quante volte questo può capitare a noi, amici del Gazzettino . Quante volte proclamiamo citazioni evangeliche, proclami altisonanti. Aulici.  Scriviamo rubriche  di riflessione religiose. Non serve. Cosa fa dire ai nostri amici che quella Parola si è fatta carne? Che quella parola si è realizzata?  La nostra vita.  Non quella del vicino di casa o del collega della scrivania accanto.  La mia e la tua.  Sempre nel Vangelo, Cristo ci indica quale è il metro per la strada giusta.  Perché non vuole confusioni o sbagliamo strada. O peggio ci inventiamo noi una strada e diciamo che è quella giusta. NO. Ci indica una sola strada. Sono le parole di Isaia. Ce ne saranno altre parole durante il triennio della sua missione. Ma si inizia con questa citazione del profeta Isaia. Quindi, dobbiamo portare il lieto annunzio ai poveri. Ormai penso che sia chiaro che quando parliamo di poveri, parliamo di persone che vivono in tale stato non solo dal punto di vista economico, ma, anche, e non so se è peggio, spirituale. Conosco gente ricchissima, ma che vive male, con una situazione familiare distrutta, con marito e moglie che vivono assieme solo di facciata. Quanti casi. Dov’è la felicità? Davanti gioielli luminosi e sfolgoranti che vengono mostrati nelle serate di gala,  dentro le mura di casa un silenzio tombale. Senza rapporto. Una tristezza. Un’angoscia. Io pensavo che tu, in verità io pensavo. Non esiste dialogo.  Perchè si vive senza Cristo e tutto sulle apparenze. E si litiga. L’indomani tutti truccati, mettiamo le maschere sorridenti e via cosi la vita di ogni giorno. Allora, prima di tutto a queste persone  dobbiamo dire che Cristo è la felicità. La vera liberazione ,che la loro vita trascorsa cosi è sprecata è un tesoro buttato al mare. Come con la nostra vita. La mia e la tua. Isaia continua, dobbiamo ridare la vista ai ciechi. Chi sono i ciechi? Chi si fa ingannare dal mondo, dagli idoli, chi si è costruita una fede ad immagine e somiglianza, chi brancola nel buio e cammina a tentoni. Una volta va in chiesa, un altro no. Una volta va in gruppo, un’altra volta in un altro. Perché lì non c’è comunità, lì sono tutti antipatici, lì si sparlano e cosi si cambia gruppo.  Dopo un anno, la stessa musica. Ogni scusa è buona per non andare a Messa. C’è freddo, c’è caldo, l’omelia è lunga ecc., il sacerdote non capisce nulla. Ciechi che brancoliamo al buio. O peggio, chi non si pone  le domande di senso e vive come una canna al vento che sbatte dove vuole il dio Eolo. Oggi vince la squadra del cuore e siamo felici domani perde e siamo tristi. Ne conosco parecchi. Possiamo condurre una vita cosi? Illusi. Conduciamo cosi la nostra vita. Fino a quando il Signore ci chiama al suo cospetto.  E chiama credetemi, arriva la chiamata finale. Prepariamoci, come?Luca ci invita a diventare veri testimoni. Vere creature nuove e ad annunciare con la nostra vita che Cristo ci ha salvato. Cristo è la strada della nostra salvezza. Coraggio, fratelli, a volte ci viene difficile perché i fatti della vita ci sovrastano. Soprattutto in questo periodo di pandemia.  Ma teniamo duro. Costanti camminiamo sulla strada che ci ha indicato Cristo e credetemi non solo arriverà la salvezza, ma arriverà una pace e una gioia nel cuore indescrivibili.

Buona Domenica

Totò Sauna

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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

La Fiab sulla pista ciclabile:si è persa una grande occasione per un futuro diverso

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Dal vicepresidente della locale sezione Fiab Giuseppe Romano riceviamo e pubblichiamo:

“La Regione Siciliana, con un decreto dirigenziale dell’Assessorato alle Infrastrutture e alla Mobilità, ha decretato che Gela non riceverà i 720.000 euro che, invece, sarebbero dovuti arrivare per sviluppare un nuovo intervento di mobilità sul lungomare. Un semplice e preciso atto burocratico, freddo forse, ma puntuale, che attribuisce delle responsabilità a chi amministra la città, reo, a dire della Regione, di non essersi adoperato per fornire le informazioni richieste e adempiere a quanto richiesto dalla legge per la prosecuzione del progetto. Quindi, niente soldi. Qualcuno dice che si sono persi i fondi per la pista ciclabile, ma noi affermiamo che si è perso molto di più. Si è buttato al vento un progetto di tutela dei diritti delle persone, di chi sulla strada è più debole; si è eliminata un’occasione unica per ridare una nuovo volto alla mobilità sul lungomare; si è affermato, con questa mancata attività, che Gela non vuole cambiare strada. Il progetto prevedeva la realizzazione della pista ciclabile in prosecuzione di quella esistente, di fatto la creazione di un percorso unico che avrebbe servito sia la ciclabilità urbana che il cicloturismo nazionale, essendo l’itinerario inserito nel piano nazionale della mobilità ciclistica. Ma non si limitava a questo. Riorganizzava la mobilità su uno dei punti costieri più belli dell’isola, gestendo le aree di sosta e restituendo molto spazio pubblico alle persone, affermando quel concetto di democrazia dello spazio che sembra non interessare chi ci amministra. Non abbiamo perso i fondi per un concertino estemporaneo, ma abbiamo perso i soldi per un progetto duraturo e strutturato. E questo è inaccettabile, in una città priva di gestione della mobilità, apparentemente senza controlli sulla sosta selvaggia e sulla mobilità, una città che nega il diritto alla mobilità di chi rinuncia all’automobile, che, almeno in apparenza, non tutela il trasporto pubblico, che sembra non proteggere gli utenti vulnerabili della strada, che è prigioniera della violenza stradale degli automobilisti. Non è certo di poco conto quello che è accaduto e dovrebbe creare indignazione in tutte quelle persone che vorrebbero un luogo diverso in cui vivere, un luogo dove lo spazio sia distribuito in modo democratico, dove l’economia ed il valore siano basati sulla qualità dell’abitare e non sulla quantità di automobilisti in movimento sulle loro auto. Per come si è determinata questa perdita l’indignazione dovrebbe portarci in piazza a chiedere i nostri diritti, i diritti di chi vuole vedere tutelati i bambini, i ciclisti, i pedoni, gli anziani, le persone con disabilità, di chi ogni giorno è relegato in uno spazio quasi inesistente dalla prepotenza dei conducenti delle automobili, di chi vorrebbe muoversi diversamente ma ha paura di farlo. Non si sono persi solo dei fondi per una pista ciclabile, si è persa l’occasione per costruire un futuro diverso. E questa responsabilità non può essere taciuta

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Il rapper Cali vola verso la finale

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San Marino- Un altro esame ok per Cali. Dopo aver superato le Live Audition della nuova edizione del Tour Music Fest – The European Music Contest, nella Repubblica di San Marino, al Teatro Nuovo di San Marino, location che ha ospitato le finali sammarinesi dell’Eurovision Song Contest per la finale della categoria Rapper, oggi dopo la prima esibizioni dove erano in 40 alla prima scrematura è stato selezionato tra i primi 10. Domani si confronta con gli stranieri, spagnoli e cechi e se dovesse superare anche questo steep sabato potrebbe andare in finalissima europea davanti a Beppe Vessicchio.

Mancano pochi giorni ed il sogno di Daniele Cancemi, in arte Cali, quello di esibirsi alla finalissima potrebbe diventare realta’. La finale è in programma per il 2 Dicembre al Teatro Nuovo Di San Marino al cospetto del celebre musicista Beppe Vessicchio, Ensi, Monica Hill, Francesco Rapaccioli, Paola Folli e dell’attesissima Kara DioGuardi, giurata di American Idol e autrice per Pink, Demi Lovato, Anastacia e tanti altri artisti di fama internazionale. Dita incrociate per il sedicenne Daniele Cancemi della provincia nissena, tutti tifano per lui…

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Lo chef Totò Catania propone: Branzino alle erbe al cartoccio

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Procuratevi un bel branzino in pescheria da 700/800 gr, io ne ricaverò due porzioni abbondanti. Eviscerate e squamate il pesce, sciacquatelo ed asciugatelo per bene. Salate e pepate il pesce sia internamente che esternamente. Con della carta alluminio realizzate il cartoccio dove mettere il branzino, aggiungete un paio di spicchi di aglio schiacciati, un pizzico di peperoncino ed un bel mazzetto aromatico di erbe: prezzemolo, basilico, alloro, timo-limone, maggiorana.

Mettete le erbe sia dentro la pancia del pesce che fuori e condite il tutto con olio evo, tocchetti di burro, succo di limone e fette di limone. Richiudete il cartoccio e mettete in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 20-30 minuti. Il sughetto che si formerà nel cartoccio sarà profumatissimo e delizioso, il branzino morbido e succoso. Buon appetito!

Chef Totò Catania

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