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La parola della domenica

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio

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Domenica 02 Gennaio 2022

1 In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2 Egli era, in principio, presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4 In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
6 Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10 Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11 Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
12 A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13 i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14 E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
16 Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18 Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

GIOVANNI 1,1-18

Questo nuovo anno inizia con una brano del vangelo stupendo. Da leggere e rileggere. Un brano che invita alla riflessione. Vi invito a leggerlo in silenzio. C’è tutto l’Amore di Cristo per noi. Un Dio che si fa carne, che si fa uomo, che è pronto a soffrire e a morire come un comune mortale. Per me e per te, caro lettore del Gazzettinodigela, che credimi , parlo per me, non lo merito. Vedete in questo brano si tocca con mano la libertà di ciascuno di noi. Dio si fa uomo, ma entra nel nostro cuore se noi lo vogliamo. Se noi gli diciamo Si. Una libertà immensa. Che spesso ci può portare alla dannazione. Un Si che spalanca le porte al senso della vita la nostra. Ecco la grandiosità del Natale. Dio si fa uomo, si fa Piccolo per farci come Lui, una cosa sola con Lui.  Sempre se lo vogliamo. Per realizzare ciò, è necessario essere vuoti dentro, capire che siamo alla ricerca di qualcuno o qualcosa che ci aiuti, che ci indichi la strada. Se siamo disposti a metterci in cammino, alla fine incontreremo il vero volto di Dio. Dio non è l’onnipotente, perfetto egoista che dall’alto scruta con sufficienza i nostri destini. Che gioca con le vite delle persone. È qui, bambino, neonato, bisognoso di tutto. Cercavamo un Dio potente da piegare ai nostri desideri e alle nostre aspirazioni e ci ritroviamo fra le mani un  neonato che ci chiede aiuto. A noi, ora, rispondere. Fuggire o accogliere. Dubitare o cedere. O credere. In questa seconda domenica di Natale, iniziamo il nuovo anno come dono, come opportunità che abbiamo per accogliere Dio, Giovanni ci invita a salire di livello,per aprirci alla accoglienza di Cristo. Dio si rende visibile per farsi conoscere. Per farsi accettare. Per diventare un’opportunità. Si rivela attraverso una Parola che ora diventa visibile. Il Verbo si fa carne. Dio, dice Giovanni, esiste da sempre. Dio, dice Giovanni è tutto, è la pienezza. E ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui ed è presente  in ogni cosa. Questo significa che attraverso le cose noi possiamo in qualche modo risalire a Dio. A patto di aprire il nostro cuore. Di accettarlo per diventare Uomini nuovi. Siamo troppo legati alle cose materiali. Non sappiamo alzare lo sguardo.  Il nostro Dio ci spinge ad andare al di là del materiale.  In Dio, dice Giovanni, è la vita e la vita è la luce degli uomini. Cioè: fuori da Dio, fuori dal suo sguardo è morte e tenebra. Vivere non significa trascorrere una periodo dalla nascita alla morte. Un periodo dove l’ostetrica ci consegna al becchino. Vivere significa scoprire dentro di noi la presenza del Signore, il grande senso della nostra vita. La vita non è nostra, è data, perciò va accolta e rispettata come qualcosa di donato e non dovuto. E poi: la luce. Di quanta luce abbiamo bisogno per vivere nelle nostre tenebre. Di quanta luce abbiamo bisogno per non farci soffocare dalla paura e dall’incertezza. Se solo avessimo quell’umiltà  di saperci bisognosi, diventeremmo cercatori di Dio. E , invece, siamo distratti dalle sirene del mondo. Siamo bombardati da mille messaggi “Emergi, vinci, possiedi, osa, fregatene degli altri”.  Molti cedono alle sirene dell’edonismo, dell’egoismo, della violenza.  Nessun amore, nessuna condivisione, nessuna regola, la morale è una cosa inutile. A Gela, soprattutto viviamo di questa cultura. “ chi c’è pi mia” Se riesci a prendere in giro gli altri  negli affari e nella Vita sei “ Spertu”. Ma siamo sereni? Siamo felici? Questo mondo che si è scrollato di dosso Dio è veramente più libero e realizzato?  Giovanni è schietto: il mondo, fatto da Dio, non ha riconosciuto il suo creatore. Ecco il dramma: Dio viene, e l’uomo non c’è. Dio c’è, e noi?  A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio. Io sono figlio di Dio. Non m’importa essere altro. Né premio Nobel, né grande star. Sono già tutto ciò che potrei desiderare. Solo che corro dietro a mille sogni e a mille progetti pur di ricevere compiacimenti e approvazione. Ma sono già figlio. Solo che non lo so. Natale è la presa di coscienza della mia figliolanza, della mia dignità.  Gesù è già nato, ha svelato il volto di Dio, è morto e risorto, ha salvato il mondo, ogni uomo. È che il mondo non lo sa. Gesù è nato, a noi, ora,di nascere alla fede. A noi ora, di lasciarci amare. Di testimoniare. Di gridare al mondo di cosa Gesù ha fatto nella nostra vita. Di come ci ha salvato dalle tenebre. Testimoni. Dobbiamo diventare testimoni. Ma sta succedendo che spesso Dio non viene più riconosciuto.. Voglio raccontarvi un fatto, che ho letto su un periodico, accaduto a una stazione della metropolitana di Washington, dove un grande e famoso violinista, Joshua Bell, ha suonato per 43 minuti di seguito in mezzo a passanti frettolosi che lo ignoravano. Eppure lui è un grande concertista che si esibisce nei più famosi teatri di tutto il mondo. Il violino con cui suonava era un violino prestigioso, uno Stradivari, costruito dal grande maestro liutaio nel 1713, del valore di quasi 4 milioni di dollari. Un talento completamente ignorato perché non era sotto i riflettori, ma suonava semplicemente tra la gente, senza farsi pagare, donando a tutti il suo genio e la sua arte, ma nessuno lo ha riconosciuto come tale. Gesù viene tra noi, uomo come noi, perché solo così può aiutarci a capire come possiamo essere uomini e donne secondo il progetto di Dio. Lui è il vero progetto del Padre. È l’uomo nuovo che ci insegna ad essere uomini secondo il sogno di Dio. E qual è questo sogno? E’ che gli uomini vivano in comunione tra di loro, e in comunione con Dio.

Buona Domenica

Totò Sauna

BUON ANNO

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La parola della domenica

Gesù domanda ai suoi discepoli cosa la gente dice di Lui

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Dal Vangelo secondo Matteo Mt 16,13-19


 In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

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Il famoso testo matteano, che viene letto nella festa di Pietro e Paolo, ha alimentato (e continua ad alimentare) non pochi pareri contrapposti tra le confessioni cristiane. È stato visto anche come un passo polemico nei confronti del ruolo di Paolo nella Chiesa delle origini, ma non è di questo che si tratta e, in fondo, neanche fondamentalmente del «primato di Pietro» nella chiesa. Si parla della fede e dell’unico primato degno di essere considerato: quello di Cristo, la vera roccia su cui è fondata la Chiesa. In questa linea, molti anni fa (nel 2001) si muoveva anche l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, J. Ratzinger, quando in una lezione sull’ecclesiologia affermava: «… la prima parola della Chiesa è Cristo e non se stessa; essa è sana nella misura in cui tutta la sua attenzione è rivolta a Lui… […] Infatti una Chiesa, che esiste solo per se stessa, sarebbe superflua…La crisi della Chiesa, come essa si rispecchia nel concetto di popolo di Dio, è «crisi di Dio»; essa risulta dall’abbandono dell’essenziale. Ciò che resta, è ormai solo una lotta per il potere. Di questa ve ne è abbastanza altrove nel mondo, per questa non c’è bisogno della Chiesa».

Con «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» Pietro professa a Cesarea questa fede, che non è però frutto della sua carne e del suo sangue, ma del Dio fedele, a cui la fede della Chiesa deve sempre far riferimento. È una fede sempre da rinnovare e da incentivare, perché sempre esposta al rischio e alla tentazione di cadere. Una fede fragile, come quella di Pietro e degli altri discepoli. Matteo parla spesso nel suo Vangelo di oligo-pistia / fede piccola, debole e Pietro – come tutti gli altri – viene rimproverato da Gesù proprio a motivo di ciò quando, trovandosi in pericolo grida «Signore salvami!» (14,30), e Gesù di rimando: «perché hai dubitato uomo di poca fede?» (Mt 14,31). Abbiamo continuamente bisogno di riconciliarci con la fragilità della nostra fede, nutrendola non con riconoscimenti e meriti propri, ma con il convincimento che essa vive piccola come un granello di senape, come un ramoscello. È una manciata di lievito nella pasta della storia, ma è proprio questa la fede evangelica che feconda.

La fede in Cristo non si ciba di grandi strutture, prestigio e competizione, ma della Parola di Dio, affidandone gli esiti alla logica di Dio e non alla nostra. Ritrovare la logica di Dio, ritornare alla fiducia nel lievito e nel chicco di grano che muore per dare frutto, è la strada maestra per ritrovare oggi la fede che vivifica. Dietrich Bonhoeffer, il martire della chiesa confessante, ha scritto una testimonianza capace di fecondare anche il nostro tempo: «È mai possibile che il cristianesimo iniziato in modo così rivoluzionario, ora sia sempre più conservatore? Che ogni nuovo movimento debba aprirsi la strada senza la chiesa e che la chiesa intuisca sempre con un minimo di venti anni di ritardo ciò che effettivamente accaduto? Se davvero è così, non dobbiamo meravigliarci che anche per la nostra chiesa torni il tempo in cui sarà richiesto il sangue dei martiri. Ma questo sangue, ammesso che abbiamo ancora veramente il coraggio e la fedeltà di versarlo, non sarà così innocente e luminoso come quello dei primi testimoni…». Sulla scia di Pietro e di Paolo, la nostra Chiesa troverà nuova linfa se avrà il coraggio di riportare al centro Dio e non sé stessa.

Don Massimo Grilli,
Professore emerito della Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano

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La parola della domenica

Corpus Domini: la gioia del dono stupendo del Signore che è l’Eucarestia

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Dal Vangelo secondo Luca Lc 9,11b-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste

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Questo miracolo – molto importante, tant’è vero che viene raccontato da tutti gli Evangelisti – manifesta la potenza del Messia e, nello stesso tempo, la sua compassione: Gesù ha compassione della gente. Quel gesto prodigioso non solo rimane come uno dei grandi segni della vita pubblica di Gesù, ma anticipa quello che sarà poi, alla fine, il memoriale del suo sacrificio, cioè l’Eucaristia, sacramento del suo Corpo e del suo Sangue donati per salvezza del mondo.

L’Eucaristia è la sintesi di tutta l’esistenza di Gesù, che è stata un unico atto di amore al Padre e ai fratelli. Anche lì, come nel miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù prese il pane nelle sue mani, elevò al Padre la preghiera di benedizione, spezzò il pane e lo diede ai discepoli; e lo stesso fece con il calice del vino. Ma in quel momento, alla vigilia della sua Passione, Egli volle lasciare in quel gesto il Testamento della nuova ed eterna Alleanza, memoriale perpetuo della sua Pasqua di morte e risurrezione. La festa del Corpus Domini ci invita ogni anno a rinnovare lo stupore e la gioia per questo dono stupendo del Signore, che è l’Eucaristia. Accogliamolo con gratitudine, non in modo passivo, abitudinario. Non dobbiamo abituarci all’Eucaristia e andare a comunicarci come per abitudine: no! Ogni volta che noi ci accostiamo all’altare per ricevere l’Eucaristia, dobbiamo rinnovare davvero il nostro “amen” al Corpo di Cristo. Quando il sacerdote ci dice “il Corpo di Cristo”, noi diciamo “amen”: ma che sia un “amen” che viene dal cuore, convinto. È Gesù, è Gesù che mi ha salvato, è Gesù che viene a darmi la forza per vivere. È Gesù, Gesù vivo. Ma non dobbiamo abituarci: ogni volta come se fosse la prima comunione. (Papa Francesco – Angelus, 23 giugno 2019)

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La parola della domenica

“Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 16,12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.

Dio, chi è? E com’è? Ci sono molte persone buone, che non si pongono più queste domande, preoccupate piuttosto di costruire una società giusta, “in cui un uomo non sputi sangue”.

Ma molte altre persone credono che anche questa profonda esigenza di solidarietà sia stata posta da Dio nel cuore dell’uomo. Da qui le domande iniziali.

Una risposta che ci dà il vangelo è quella di un Dio comunità, un Dio Trinità. La parola “Trinità” non si trova nel Nuovo Testamento, e difficilmente possiamo riconoscere alcuni indizi al mistero della Trinità nell’Antico Testamento. Ma, al di là della parola, troviamo, ad esempio, una formulazione molto chiara del suo contenuto nel saluto di san Paolo alla comunità di Corinto: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. Il Dio invisibile, riconosciuto come Padre pieno di amore e di misericordia, si è fatto visibile in Gesù, il Figlio, che ha condiviso pienamente la nostra condizione umana, insegnandoci un cammino di giustizia e di fraternità. Egli, dopo la sua morte, continua ad accompagnarci attraverso il suo Spirito che vive nel cuore di ogni essere umano.

Leggiamo nel vangelo di Giovanni 16, 12-15:

Durante l’Ultima Cena, Gesù disse ai suoi discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.

Queste parole di Gesù fanno parte del dialogo con i discepoli durante l’ultima cena della sua vita, poche ore prima della sua crocifissione. Ha voluto rafforzarli, insistendo sulla necessità della comunione con lui, dell’unione della comunità e della resistenza di fronte all’opposizione che incontreranno nel mondo.

Egli ha trasmesso loro i segreti del regno di Dio, che solo “i piccoli e i semplici” possono comprendere, ma ha ancora “molte cose” da dire loro. Questo non è il momento di condividerle, perché per ora non sono capaci di “portarne il peso”. La loro mente è piena di angoscia, paura e tristezza, forse anche di delusione. Non sono ancora entrati nell’orizzonte di Gesù, in cui l’unica cosa che conta è l’amore, fino a dare la vita.

Sarà lo Spirito della verità che li libererà dalla paura e li “guiderà a tutta la verità”. Lo Spirito li illuminerà, affinché possano comprendere l’insegnamento e la morte stessa di Gesù, e possano interpretare la realtà e gli avvenimenti alla luce di ciò che hanno imparato da lui. Lo Spirito non offrirà loro una dottrina nuova, ma darà loro la capacità di giudicare la storia e di riconoscere ciò che coincide con la vita di Gesù, con il suo amore fedele, e ciò che invece si oppone al suo insegnamento. Saranno suoi testimoni di fronte al mondo. Avranno la saggezza e la forza di riconoscere, al di là delle apparenze, i sistemi di ingiustizia e di potere che impediscono la vita piena dell’uomo e di denunciarli. e sapranno dare nuove risposte ai nuovi bisogni della società.

Con la luce dello Spirito, i discepoli di Gesù potranno comprendere che la sua morte in croce è stata la sua piena vittoria e la sua vera gloria (“mi glorificherà”), perché ha rivelato fino a che punto può arrivare l’amore. Lo Spirito comunica loro quell’amore per guidare il loro cammino, e perché possano offrirlo all’umanità.

Gesù ha realizzato il progetto del Padre e ha rivelato il suo amore. I discepoli di Gesù lo continueranno nella storia, per la potenza dello Spirito che sarà loro dato, anche se i poteri che hanno ucciso Gesù continueranno a perseguitare anche coloro che veramente lo seguono.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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