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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

La Chiesa, il valore della Messa valida e lecita

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Dall’architetto Roberto Loggia, riceviamo e pubblichiamo

La Messa è l’attualizzazione sacramentale del Sacrificio di Gesù che si realizza in maniera incruenta sugli altari di tutto il mondo. Essa è il culmine ed il centro della vita cristiana per il cui tramite la Grazia sacramentale raggiunge con efficacia il popolo Santo di Dio. Per celebrare una messa validamente occorre che siano rispettate quattro condizioni: la materia, la forma, l’Ordine Sacro e l’intenzione: occorre cioè che il pane sia di frumento e il vino di uva di vite, che siano proferite le parole previste per la consacrazione, che il Ministro che la celebra sia stato regolarmente ordinato ed, infine, che egli voglia effettivamente celebrare Messa. 

Rispettando queste condizioni avviene la Transustanziazione e cioé le due specie (il pane ed il vino) divengono veramente, realmente e sostanzialmente, il Corpo ed il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa verità di fede è affermata nel Codice di Diritto canonico, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nel Concilio di Trento e persino negli scritti di San Tommaso. In una parola la Messa è valida ed apporta al fedele che vi partecipa tutta una serie di benefici fra i quali il perdono dei peccati veniali, la consolazione per le anime del Purgatorio, la liberazione dai pericoli e dalle disgrazie più gravi, particolari benedizioni nel lavoro, nella salute ed in genere in tutte le questioni temporali, la protezione di Dio e soprattutto l’Amore di Gesù. Partecipando alle messe nelle feste di precetto, noi fedeli assolviamo, tra l’altro, al terzo comandamento e ci assicuriamo anche una speciale consolazione al momento del trapasso, quando ci presenteremo presso il Tribunale di Dio per il giudizio particolare. 

Si tratta in sostanza dei frutti del sacrificio di Gesù, di cui il numero e la cui grandezza dipendono comunque da un’altra caratteristica della Messa: la sua liceità. La Messa, oltre che valida deve risultare infatti anche lecita, cioè celebrata nell’osservanza di altre norme canoniche o liturgiche e nel rispetto sia formale che sostanziale del rito. Si richiede, ad esempio, che il pane, oltre ad essere di frumento sia anche azzimo (non lievitato, proprio come quello utilizzato dal Signore Gesù all’istituzione dell’Eucarestia) Qualora si celebrasse con pane lievitato la celebrazione risulterebbe valida ma nel contempo anche illecita perché, appunto, celebrata non in perfetta conformità rispetto a quanto previsto dalla Chiesa. 

Similmente per il celebrante, ai fini della validità si richiede che sia soltanto ordinato, per la liceità invece anche che non sia in stato di peccato mortale. Ed eccoci così giunti al punto della questione. Qualche settimana addietro si è posto l’accento sul problema della mancanza di un riconoscimento universale della Chiesa in ordine al papato di Papa Francesco. Si è visto difatti come una frangia sempre più nutrita di fedeli, sacerdoti, vescovi e personalità del mondo cattolico, lo ritiene invalido, sia in relazione ai contenuti dei documenti magisteriali emanati da Bergoglio (talvolta in aperto contrasto con la Dottrina della Chiesa e col Vangelo) che anche agli argomentati profili di inesistenza/invalidità dell’atto canonico con cui Benedetto XVI ha abdicato nel 2013 (la Declaratio), che avrebbe reso nulla ed invalida la consequenziale elezione di Francesco.

Il punto è proprio questo: se Francesco non fosse stato validamente eletto Papa ne risulterebbe inficiata la Messa celebrata in unione con lui? E se si in che modo? Al riguardo si sono espressi diversi uomini di Chiesa e teologi fra cui Padre Giorgio Maria Farè, Padre Fernando Maria Cornet, Padre Franco Brogi, Don Alessandro Minutella, tutti e nove i sacerdoti aderenti al Sodalizio Sacerdotale Mariano ed il giornalista d’inchiesta Dott. Andrea Cionci che, pur non essendo un teologo, può autorevolmente esprimersi sul punto, in forza e sulla base della conoscenza complessiva della questione maturata in quattro anni di indagine e del pool di studiosi che a tal fine lo supporta. 

Si tratta di Ministri di Dio ed insigni personalità che condividono, tutte, l’assunto per il quale il papato di Bergoglio non sarebbe valido ma che pervengono a conclusioni diverse riguardo alla rifluenza che ciò avrebbe sulla Santa Messa. Più nello specifico si sono formate tre, diverse, correnti di pensiero. La prima ha a capo i sacerdoti Farè e Cornet, per i quali la Messa  in unione da Francesco risulterebbe valida ma illecita proprio in ragione del fatto che questi non essendo stato validamente eletto sarebbe, di fatto, un antipapa.

Entrambi affermano che sarebbe quindi preferibile partecipare alle messe non in unione con Papa Francesco, celebrate da essi stessi, nonché dai quegli altri sacerdoti che non riconoscono il papato di Bergoglio (come, ad esempio, quelli del Sodalizio Sacerdotale Mariano). Sia Padre Farè che Padre Cornet però ritengono  che nell’impossibilità di partecipare a tali messe, si può comunque partecipare anche alle messe una cum, in quanto, seppur illecite, risulterebbero comunque valide e l’illiceità nella celebrazione comporterebbe soltanto una minore fruttuosità del Sacramento. 

La seconda scuola di pensiero è rappresentata invece dal Dott. Andrea Cionci e da Don Franco Brogi i quali, come Padre Farè e Padre Cornet, affermano anch’essi che le Messe in unione con Papa Francesco sarebbero illecite ma arrivano, però, ad una diversa conclusione: vanno evitate. La loro illiceità sarebbe già un vizio tale da suggerire una prudente astensione. Don Brogi, già diversi mesi fa, aveva pubblicamente espresso la sua approvazione verso quei fedeli che si rifiutano di partecipare alle messe in unione con Bergoglio affermando “… che essi non compiono un atto di scisma né un gesto di sfida in quanto il corpo mistico di Cristo, nella sua compagine visibile, non ha a capo alcun sommo pontefice..”.

Quello di tali fedeli- sempre a dire di Don Brogi- sarebbe, al contrario “…un atto di prudenza poiché intendono fuggire il pericolo di assumere ogni corresponsabilità nell’approvare, anche solo implicitamente gli abusi liturgici, gli orientamenti pastorali stravaganti, le norme morali deviati, gli errori dottrinali, ovvero una serie di proposte apertamente contrarie al Vangelo e ai Comandamenti di Dio, purtroppo oramai largamente diffuse in quella che potremmo chiamare la Chiesa sinodale.”. 

Il Dott. Cionci, dal canto suo, non si esprime sulla validità delle messe una cum (anche per lui comunque di certo illecite) e rimette tale giudizio a quello che sarà il pronunciamento del prossimo Papa. Tra l’altro fa appello ad un principio di militanza cristiana per il quale partecipare alle messe in unione con colui che occuperebbe, senza averne diritto, il soglio pontificio, equivarrebbe, nei fatti, ad una sorta di complicità con lo stesso, operata contro il Signore Gesù, il Suo Vangelo e la Sua Chiesa. La terza scuola di pensiero, a cui fanno capo Don Minutella e tutti i sacerdoti del Sodalizio Mariano, si rifà invece al principio, più estremo, per cui la celebrazione dell’Eucarestia in unione con Papa Francesco invaliderebbe certamente ed in toto la Messa, con la conseguenza che in essa non avverrebbe nemmeno la Transustanziazione. A sostegno di tale tesi invocano l’art. n. 39 c. 2 della lettera enciclica Ecclesia De Eucharistia interpretandola nel senso che la Comunione col Sommo Pontefice sarebbe condicio sine qua non ai fini della validità della Messa stessa e quindi, in mancanza, la Messa risulterebbe invalida (in esso si legge che “La Comunione ecclesiale dell’assemblea eucaristica è comunione col proprio Vescovo e col Romano Pontefice.”).

Padre Farè ha dato invece una chiave di lettura diversa di tale norma, in cui –a parere di chi scrive più correttamente- risulta invertito l’ordine dei fattori. Egli cioè afferma che ogni valida Messa esprime la Comunione col Papa, la quale, pur tuttavia non è condizione essenziale per la sua validità. Un altro punto controverso scaturisce dal principio, enunciato da San Tommaso nella sua Summa Teologica, per cui andare a Messa con gli eretici (quale sarebbe Papa Francesco nella visione di alcuni) risulterebbe un atto peccaminoso; atto che pur tuttavia –ha precisato sempre Padre Farè- sarebbe tale solo nel caso in cui l’eresia fosse stata accertata con un pronunciamento ufficiale della Chiesa.

 Al netto di tutte le superiori considerazioni rimane il fatto che secondo il parere di tutte le menzionate personalità, la Messa in unione con Papa Francesco, risulterebbe, nella migliore delle ipotesi illecita, ma –va precisato- soltanto per coloro i quali hanno maturato le consapevolezze del caso: unanime è difatti il parere per cui tutti gli altri godrebbero del Supplet Ecclesia e cioè di quel principio, previsto dai documenti magisteriali della Chiesa, per il quale, in considerazione della buona fede e dell’inconsapevolezza dei fedeli, Dio rende comunque validi e leciti i sacramenti. Su tutto ciò si impone comunque un dato e cioè il consolidamento della tesi per cui Francesco non sarebbe stato eletto validamente Papa; tesi che man mano, tra l’altro, si arricchisce sempre di nuovi elementi come, ad esempio, le ultime risultanze dell’indagine del Dott. Cionci, il quale, su impulso dell’Avv. Costanza Settesoldi e col supporto dei massimi esperti (il Prof. Gian Matteo Corrias ed il Prof. Rodolfo Funari), avrebbe scoperto un fatto a dir poco sconvolgente e cioè che la corretta traduzione, dal latino all’italiano, della Declaratio di Papa Benedetto, qualificherebbe tale atto più come un velato annuncio di sede impedita che come dichiarazione di effettiva volontà di abdicare. Il discrimine lo determinerebbe il termine “commissum”, chiaramente pronunciato da Papa Benedetto durante la lettura della sua Declaratio (si può facilmente verificare in rete ascoltandola), ma erroneamente tradotto negli scritti come “commisso”.

Emendando la traduzione sulla base di tale correttivo il passaggio in esame verrebbe ad essere il seguente: “Per cui ben consapevole di quest’atto dichiaro in piena libertà di rinunciare a mio danno al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, a causa del misfatto (commissum) di un manipolo di cardinali nel giorno 19 aprile 2005…”. In sostanza Papa Benedetto sarebbe stato vittima di un complotto con il quale, nel 2005, sarebbe stato designato per mezzo di alcune “manovre” del conclave come figura di transizione che però ad un certo punto si sarebbe dovuto dimettere per lasciare il posto ad un altro candidato. Ciò è quanto sarebbe emerso da una disamina incrociata della biografia del Card. Dannels del 2015, delle dichiarazioni rilasciate a Limes nel 2009 da un ignoto Cardinale che avrebbe partecipato al Conclave nel 2005, nonché dai contenuti del libro-intervista di Papa Francesco El Sucesor dell’aprile scorso.

 Rilevanti in tal senso, benché divergenti in alcuni dettagli, risulterebbero anche le dichiarazioni del 27 marzo 2015 di Padre Silvano Fausti (anch’esse rinvenibili in rete), morto il 24 giugno dello stesso anno. Nei giorni scorsi Padre Giorgio Maria Farè, parlando dei tanti commentatori, dei vescovi e delle personalità del mondo cattolico che, pur ritenendo valido il papato di Bergoglio ne criticano apertamente, e talvolta anche aspramente, le “innovazioni”, ha evidenziato come tale condotta implichi la violazione del Canone n. 752 (per il quale “…un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che sia il Sommo Pontefice sia il Collegio dei Vescovi enunciano circa la fede e i costumi…”). Egli ha inoltre messo in luce la gravità dell’operato di quei sacerdoti che, pur riconoscendo Francesco come Papa, si rifiutano di applicare Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans e quindi di benedire le coppie gay e dare la Santa Comunione ai divorziati e risposati. Il Padre ha sottolineato che queste condotte si traducono, entrambe, nei fatti, stanti le norme di diritto canonico vigenti, in un disconoscimento sostanziale della validità del papato. Insomma il dramma insito nel dubbio che alla guida della Chiesa non vi sia un Papa validamente eletto si fa sempre più fitto ed atroce, ed in questo scenario va prendendo corpo un’altra suggestiva ipotesi formulata dal Dott. Cionci: la possibilità che tutto si stia svolgendo sotto il controllo di una parte di Chiesa legittima che, posta al vertice, abbia consapevolezza della questione e quindi stia in qualche modo “regolando” l’operato di Francesco, forse nella prospettiva di un prossimo intervento. 

Intanto Padre Giorgio Maria Farè, ogni sera, dal suo canale youtube, avendo avuto annunciata una possibile scomunica, continua a proclamare la sua fedeltà e la sua obbedienza alla Santa Chiesa di Dio ed implora la Autorità Ecclesiastiche di avere spiegato dove avrebbe errato nell’analisi che lo ha condotto, dopo quattro anni di studi, a ritenere che Francesco non è stato validamente eletto Papa. Sarà esaudito?

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L’avv. Marina Di Dio ricorda il suo maestro, Enzo Trantino 

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Dall’avv. Marina Di Dio, in occasione della scomparsa dell’on. Enzo Trantino, riceviamo e pubblichiamo questo commosso ed emozionante ricordo:

-Buongiorno maestro, sono la nuova praticante. Posso sedermi accanto a Lei?

-Come ti chiami? -Marina. 

-Ma tutti Marina ti chiamano? 

-No, maestro, veramente mio papà mi chiama “Mina”.

-Allora d’ora in poi sarai Mina.

Di tempo dalla nostra prima chiacchierata in Via Crispi ne è passato. Da quel colpo di fulmine che per me è stato generatore di amore eterno verso la Sua aura di grandezza, la Sua inimitabile dialettica, la luce che emanava e della quale noi tutti – Suoi imperterriti seguaci – ci pregiavamo di godere, illudendoci di contare qualcosa in Sua presenza. Quanti ricordi, mio adorato maestro. Quanti aneddoti, quante trasferte concluse con le “cozze in crosta”, e quante riunioni in quel magico salotto di Viale XX Settembre. Quanti insegnamenti, di diritto e di etica. Di quante confidenze l’ho caricata e quanta saggezza mi ha donato.

Ho il cuore spezzato, maestro. Come quando finisce una grande storia d’amore. Ma col desiderio che, in qualche modo, la nostra storia non avrà fine, che continuerà ad essere il mio faro nel mare aperto della giustizia, che il pensiero della Sua voce scioglierà i miei dubbi sulla professione quando le carte saranno sfavorevoli ed emergerà la mia paura di non essere abbastanza brava. “Ti poteva capitare il furto di biciclette, e invece t’è capitato questo” mi ha detto, rigido, quando la mia prima nomina fiduciaria mi vedeva impegnata in un processo per associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti.

“Questo racconto così non lo possiamo pubblicare, devi continuare a scrivere perché ho davanti a me un’esordiente scrittrice”, quando ha creduto che potessi scrivere un romanzo. Maestro, io di tanto supporto non mi sono mai sentita degna, devo confessarglielo. Ma so che quella email – sfacciatamente “romantica” – inviata ad Enrico, ormai parecchi anni fa, chiedendogli di poter fare pratica con Voi è stata la fortuna più grande della mia vita. ArrivederLa, mio adorato maestro. Per sempre immensamente grata, Mina.

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Ibleacque: cittadini in rivolta, Mauro accusa i sindaci di ambiguità

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Ragusa – La guerra dell’acqua anche a Ragusa. Riceviamo e pubblichiamo una nota del consigliere comunale di Ragusa, Gaetano Mauro .

“Le proteste contro Ibleacque si moltiplicano in tutti i comuni, spinte dalle bollette esorbitanti recapitate ai cittadini. Associazioni e comitati si mobilitano chiedendo trasparenza e giustizia, ma il comportamento dei sindaci soci dell’ente idrico solleva dubbi e alimenta polemiche.

A denunciare la situazione è Gaetano Mauro, consigliere comunale di Ragusa, che punta il dito contro i sindaci accusandoli di “doppia faccia”. “Sono fanfaroni, in pubblico ascoltano le proteste dei cittadini, ma poi in assemblea dei sindaci davanti all’Amministratore Unico, gli manifestano piena fiducia , che nel frattempo continua a gongolare”, dichiara con amarezza Mauro.

La questione non si ferma solo agli importi spropositati delle bollette. “A Ragusa ci sono quartieri che implorano il servizio di autobotte, levano proteste per contatori mai letti. I cittadini chiedono trasparenza. L’atteggiamento del sindaco di Ragusa Peppe Cassì, Presidente del Comitato di controllo, però, è come il re nudo.

Difende gli interessi della società Ibleacque con tutte le contraddizioni che ho denunciato, facendo finta di nulla. Spiegherà ai cittadini ragusani e alla Corte dei Conti le questioni sollevate “.”Abbiamo fatto emergere piu di un sospetto sulla gestione economica e amministrativa dell’ente guidato dall’ing. Franco Poidomani- prosegue Mauro. I sindaci, inizialmente complici nell’approvare una retribuzione all’amministratore che risultava non conforme alla legge, hanno successivamente fatto marcia indietro, diffidandolo dal trattenere le somme percepite. Ricevendo picche per risposta hanno incredibilmente scelto il silenzio e, paradossalmente, rinnovato la fiducia al vertice dell’ente assumendosi gravi responsabilità erariali.

Questo atteggiamento, paragonato da molti al celebre dualismo di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ha esasperato ulteriormente i cittadini. Da una parte, i sindaci sostengono le proteste nei loro territori, dall’altra, si dimostrano remissivi e allineati con la gestione di Ibleacque durante le riunioni istituzionali.Il risultato è un quadro di incertezza e disillusione- aggiunge Gaetano Mauro- I cittadini si sentono abbandonati, vittime di un “balletto in maschera” in cui chi dovrebbe rappresentarli sembra più interessato a proteggere i propri interessi.

Mentre il malcontento cresce e le richieste di equità restano inascoltate, il futuro della gestione idrica resta incerto. In questa spirale di polemiche, l’unica certezza è che a pagare il prezzo più alto sono i cittadini, ormai privi di tutele e punti di riferimento”.

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L.A.T.E. “Maurizio Nicosia”: in ospedale niente nuovi anestesisti

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L’associazione L.A.T.E. “Maurizio Nicosia” punta il dito sulla politica e sulle istituzioni.

Ecco la nota sul tema dell’assegnazione degli anestesisti.

“Rappresentiamo alla città ed a quella parte di politica che si è vantata attribuendosi il merito di avere contribuito all’assegnazione di cinque anestesisti presso l’ospedale di Gela dal 1 dicembre, che, ad oggi 05/12/2024, nessun anestesista è apparso all’orizzonte o forse solo uno solo dei cinque.

L’associazione pone una semplice domanda a tutta la politica sia a livello locale che a livello regionale e nazionale: “la salute dei cittadini di che colore politico è?” L’articolo 32 della nostra Costituzione recita che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti….”.La politica cosa ha da dire in merito? Dove è la tutela del diritto dell’individuo quando per fare una visita, anche in urgenza, si deve aspettare mesi se non anni?

La collettività gelese aspetta dal 2010 l’apertura dell’U.T.I.N e dall’otto giugno 2021 l’apertura del pronto soccorso infettivologico nonché l’apertura della nuova rianimazione che ENI ha donato alla città.

Sarebbe più giusto e più corretto che la politica piuttosto che attribuirsi i meriti per i medici che arrivano (forse) unisca le forze per raggiungere obiettivi concreti e quello che è dovuto alla città di Gela. Una politica da molto tempo assente o impegnata a vantare meriti inesistenti.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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