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La parola della domenica

L’anno nuovo, quello vero, inizia con Cristo

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Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Toto’ Sauna

Domenica 01 Gennaio 2023

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. Lc 2,16-21


Sono ancora frastornato dalle cose che succedono nel Mondo e nella nostra città. Le guerre, i bilanci comunali non approvati. Non capisco niente di queste cose. Però, mi sento triste. Tanto. Mi pongo domande. Cerco risposte. Allora, solo una è la risposta che trovo. Manca Gesù nel nostro cuore. Manca Gesù nella nostra società. Ci costruiamo un mondo dove escludiamo Gesù Cristo. Da fastidio. Senza di Lui, possiamo fare tutto. Tutto è possibile. Per poi poterci trovare più confusi. Senza di Lui, perdiamo il senso delle cose. Il peso delle cose. Il loro valore. Senza di Lui, tutto è uguale, tutto è permesso, tutto è più facile. Inizia un altro anno. Inizia augurandoci che il nuovo sia migliore del vecchio. Un augurio. Ma cosa cambia tra il 31 dicembre e il 1 gennaio? Niente. Cosa cambia nella mia e nella tua vita in una sola notte o in un solo anno? Niente. Perché le cose ci vanno male ? Quale metro usiamo per decidere se l’anno è stato  buono o non è stato buono? Se vinciamo la schedina è stato un anno fortunato, se ci arriva un tumore, invece, è stato un anno negativo. Riflettiamo e capiamo che non siamo i protagonisti della nostra vita. Le cose succedono indipendenti dalla nostra volontà. Dipendiamo dagli eventi. Zombie. Banderuole al vento. E se le cose non vanno come diciamo noi, o meglio gli altri non fanno quello che noi vogliamo che facciano, succede una tragedia. In tutti i sensi. Non parliamo più. Litighiamo. Creiamo i muri. Poi, quando succedono le tragedie, iniziamo ad interrogarci. Vogliamo capire. Sapere. Comprendere. Non c’è nulla capire. Questi sono i risultati di una campagna contro Cristo. Questa incapacità di leggere gli eventi e come viverli. Lottiamo in tutti i modi per distruggere la famiglia, per distruggere Cristo dalla vita. Lottiamo per togliere il Crocefisso dalle aule scolastiche. Gridiamo all’amore, confondendolo con l’egoismo. Gridiamo alla libertà contro la Chiesa, scoprendoci schiavi di stereotipi che ci costringono ad essere sempre belli, magri, forti, palestrati , abbronzati. Chi non ci riesce è uno sfigato. Da evitare. Da isolare. Per scoprirci poi più soli, più vuoti e vaghiamo senza meta e pensiamo che noi, proprio noi, siamo il metro di tutto, noi siamo i protagonisti della nostra vita, a tal punto, che diventiamo capaci di togliere la vita ai figli, di toglierci la vita. Allora, il vero anno nuovo è Cristo.  Solo Lui. Vuoi avere un anno veramente nuovo? Abbraccia Cristo.  Ci prendiamo in giro come se fosse un cenone o i botti o le mutande rosse o le lenticchie che possono cambiarci, che possono portarci le novità, i soldi, il benessere, la ricchezza. La vita cambia se diciamo SI al Signore. La vita  cambia, se riusciamo ad aprire il cuore a Cristo. L’anno nuovo, quello vero, inizia con Cristo. Il vecchio anno, come l’uomo vecchio, va buttato dalla finestra. Per diventare nuovi bisogna avere il coraggio di Maria. Dobbiamo avere il coraggio del suo Magnificat.

Buon Anno

Totò Sauna

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La parola della domenica

La domenica delle palme Gesù entra a Gerusalemme

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Rubrica di ispirazione cattolica

Testo del Vangelo (Mc 14,1-15,47): 

“Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto”.

Oggi, nella Liturgia della Parola si legge la Passione del Signore secondo San Marco ed ascoltiamo una testimonianza che ci fa sussultare: «Davvero quest’uomo era figlio di Dio!» (Mc 15,39). L’evangelista è molto cauto nel mettere queste parole sulle labbra di un centurione romano, il quale stupito, aveva assistito ad un’altra delle tante esecuzioni in funzione della sua permanenza in un paese straniero e sottomesso.

Non deve essere facile chiedersi cosa visse su Quel volto –sfigurato- per emettere una simile espressione. In un modo o nell’altro dovette riconoscere un volto innocente, forse tradito e lasciato alla mercé di interessi privati; o forse di qualcuno oggetto di un’ingiustizia in mezzo a una società poco giusta; qualcuno che tace, sopporta e, anche misteriosamente, accetta tutto quello che gli viene addosso. Forse, addirittura, potrebbe sentirsi collaboratore di una ingiustizia, difronte alla quale non non reagisce per fermarla, come molti altri si lavano le mani davanti ai problemi altrui.

L’immagine di quel centurione romano è l’immagine dell’Umanità che contempla. E’, allo stesso tempo, la professione di fede di un pagano. Gesù muore solo, innocente, picchiato, abbandonato e fiducioso a sua volta, con un senso profondo della sua missione, con “tracce d’amore” che i colpi hanno lasciato sul suo corpo.

Ma prima –alle porte di Gerusalemme- lo hanno salutato come Colui che viene nel nome del Signore (cf. Mc 11,9). Il nostro entusiasmo quest’anno non è una aspettativa, eccitante e senza conoscenza, come quella degli abitanti di Gerusalemme. Il nostro entusiasmo si dirige a Colui che ha già superato l’avversità della donazione totale e dalla quale è uscito vittorioso. Infine, «noi dovremmo inchinarci ai piedi di Cristo, non mettendo sotto i suoi piedi i nostri vestiti o qualche ramo inerte, che ben presto perderebbero la loro freschezza, il loro frutto e il loro aspetto attraente, ma rivestendoci della sua grazia» (S. Andrea di Creta).

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La parola della domenica

“Se uno mi vuol servire, mi segua”

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Rubrica di ispirazione cattolica

Vangelo (Gv 12,20-33)

“In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

»Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”.

 Oggi ascoltiamo un brano evangelico le cui parole – dalla mano dell’amato discepolo – devono aver trasmesso un grande coraggio sulla via della fede durante le persecuzioni subite dai primi cristiani. In quei giorni delle festività ebraiche, alcuni greci venivano a Gerusalemme compiere con il colto e volevano vedere Gesù. Chiesero aiuto ai discepoli.

“Vedere Gesù” non significa semplicemente guardarlo, cosa che probabilmente intendevano quei greci. “Vedere Gesù” significa entrare pienamente nella sua mentalità; significa capire perché ha dovuto soffrire e morire per essere risorto. Come il chicco di grano, Gesù Cristo deve rinunciare a tutto, compresa la propria vita, per portare la vita per Egli e per molti altri.

Se non capiamo questo come il nucleo della vita di Cristo, allora non lo abbiamo davvero visto. Nelle parole di sant’Atanasio, possiamo vedere Gesù solo attraverso la morte in Croce, per la quale porta molti frutti per tutti i secoli. “Vedere Gesù” significa arrendersi a una morte immeritata che reca all’umanità i doni della fede e della salvezza (cfr Gv 12,25-26). Il Mahatma Gandhi riflette la stessa idea dicendo che “il modo migliore per trovare te stesso è perderti al servizio degli altri”.

Le parole di Gesù ricordano ai suoi discepoli che devono seguire le sue orme, fino alla morte. Il grano, ovviamente, non muore davvero ma si trasforma in qualcosa di completamente nuovo: radici, foglie e frutti (Pasqua). Allo stesso modo, il bruco cessa di essere un bruco per diventare qualcosa di diverso – e allo stesso tempo – spesso molto più bello (una farfalla).

E, se vogliamo “vedere Gesù”, dobbiamo camminare per la sua strada. ” Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore ” (Gv 12,26). Ciò significa viaggiare con Gesù Cristo e con Maria fino al Calvario, ovunque si trovi ciascuno di noi. Gesù, che ha lasciato ogni cosa per noi, ci chiama a stare con lui tutto il percorso, imitando la sua dedicazione e assicurando che la volontà del Padre suo si sia adempiuta. Fr. Vimal MSUSAI

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Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui

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Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Parola del Signore.

Padre. Ermes Ronchi

Si è appena spenta la scena irruente di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio, e a Gerusalemme capi e gente comune ancora parlano di quel giovane rabbi.
Ora, da quella scena clamorosa e sovversiva, si passa a un vangelo intimo e raccolto.
Nicodemo ha grande stima di Gesù e vuole capire di più, ma non osa compromettersi, così si reca da lui di notte.
La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre. Nicodemo non capisce.
Anch’io non capisco.
Da dove viene questo dramma del preferire le tenebre? Da dove il tremendo fascino del nulla?
So di poter dire, con l’eco che hanno le cose grandi: i tuoi figli, Signore, non sono cattivi, sono fragili, si ingannano facilmente. Preferiscono le tenebre perché l’angelo delle tenebre è menzogna, e si maschera da angelo della luce.
Promette felicità e libertà, e seduce, perché l’uomo va dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità.
E che sono inganni / lo so, e tutti e due sappiamo / che non potrò / non ingannarmi ancora (Turoldo).
v. 16. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, perché chiunque crede non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Siamo al versetto centrale del vangelo di Giovanni, il versetto dello stupore che rinasce ogni volta per parole buone come il miele, tonificanti come una camminata in riva al mare fra spruzzi d’onde e aria buona respirata a pieni polmoni: Dio ha tanto amato il mondo…
Versetto decisivo, centro del vangelo di Giovanni, parole da riassaporare ogni giorno e alle quali aggrapparci forte nell’ultimo passaggio: ha tanto amato da dare suo Figlio.
A queste parole la notte di Nicodemo si illumina. E le nostre notti.
Qui possiamo rinascere. Ogni giorno. Alla fiducia, alla speranza, alla serena pace, alla voglia di amare, di vivere, di custodire e coltivare persone e cose, e ogni più piccolo giardino di Dio.
La rivelazione di Gesù: Dio ha considerato il mondo, ogni uomo, più importante di se stesso.
Per acquistare me ha perduto se stesso. Follia d’amore.
Se Egli ha amato il mondo e non solo noi, il mondo con la sua bellezza fragile, allora anche tu amerai il creato come te stesso, lo amerai come il prossimo tuo: «mio prossimo è tutto ciò che vive» (Gandhi).
Perché il mondo sia salvato: salvare vuol dire conservare, e nulla andrà perduto, non un sospiro, non una lacrima, non un filo d’erba; non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza, nessun gesto di cura per quanto piccolo e nascosto: Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano.
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita, o aiutare un pettirosso caduto a rientrare nel suo nido non avrò vissuto invano. (Emily Dickinson).
Dio ha tanto amato, e noi con Lui siamo chiamati non a salvare il mondo, ma a salvarlo, non a convertire le persone, ma ad amarle.
Se non per sempre, almeno per oggi; se non tanto, almeno un po’. E fare così, perché così fa Dio.
Il vero ateo non è chi non crede, ma chi non ama.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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