Negli ultimi due anni il web ha consolidato il proprio ruolo di finestra sul mondo. La pandemia, soprattutto nella sua prima fase, ha costretto miliardi di persone dentro casa, siamo stati privati di quasi tutti i nostri contatti con l’esterno. La rete è diventata così quello spazio in cui continuare a tessere relazioni, conoscere, informarsi, tenerci stretta quella naturale propensione alla socialità che le quarantene, le restrizioni e la paura del contagio hanno messo a dura, durissima prova. Come scrisse in tempi non sospetti Andrea Boscaro, fondatore della società di formazione sul marketing digitale The Vortex, «i social media servono a stringere mani, non ad alzare pollici». Chi più e chi meno, l’abbiamo sperimentato tutti.
Ma passare ore e ore delle nostre giornate online, ha aumentato esponenzialmente i rischi di una eccessiva esposizione alle insidie del web. Fake news, clickbait, haters: sono solo alcuni dei problemi più complessi con i quali ci scontriamo ogni giorno. Quello dell’odio riversato sui social è uno dei tratti più spinosi della questione. Cosa possiamo fare per difenderci? Ieri abbiamo celebrato la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, oggi invece è il Safer internet day ossia la Giornata mondiale per la sicurezza in rete: due momenti che suggeriscono una riflessione, personale, individuale, sul senso del nostro utilizzo del web e della stessa nostra presenza sui social.
La via virtuosa, e virtuale, ci viene indicata da più voci autorevoli e degne di fiducia: Maura Gancitano e Andrea Colamedici con la scuola di filosofia Tlon, il decalogo della Comunicazione non ostile di Parole O_Stili, la ricerca degli incentivi giusti di un grande esperto di linguaggi digitali come Marco Montemagno. Ma poi dipende da noi: curiamo il nostro “orticello” online come fosse un giardino, un vero e proprio giardino digitale da difendere, coltivare, potando le erbacce cattive dell’odio seriale, verificando le notizie prima di condividerle, prendendoci del tempo per leggere e approfondire ciò che merita di essere letto e approfondito. Ognuno di noi può – e deve – rendere la rete un posto un po’ più sicuro. Ne va anche della nostra salute mentale.