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Privatizzare e accentrare: il punto di vista dello psichiatra dott. Franco Lauria

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Sanità privata, scuola privata, poste private, acqua privata, trasporti privati.
Il neoliberismo capitalista e postcapitalista ci sta portando verso una società dove alcune famiglie detengono il possesso di tutto, beni e servizi. Privatizzare e accentrare. Così la forbice fra ricchi e poveri si allarga. Scompare la classe media tradizionale fatta di artigiani, commercianti, professionisti, imprenditori piccoli e medi e si forma una nuova classe media fatta di politici, giornalisti, gente dello spettacolo e dei media, lgbtq. La proletarizzazione dei ceti medi tradizionali è ormai un fatto certo che si aggiunge ai poveri tradizionali. Fra i nuovi poveri troviamo anche molti padri separati e divorziati.
E così la società del controllo totale va speditamente verso un’organizzazione disciplinare, ordinata, regolamentata, asettica, apatica. Procedure e regolamenti pensati da ristrette commissioni di esperti vengono calate dall’alto in tutti i settori. Sanità e scuola in primis, ma anche sicurezza(carceri e ospedali). E a noi sta di applicare questi regolamenti e queste procedure standardizzate.
L’uomo si deve adeguare agli standard, deve rinunciare ad ogni specificità individuale e affettiva per diventare un simil-robot apatico, costruito in serie come le macchine. A latere di questa organizzazione disciplinata, vige un continuo, esplicito, ma anche subdolo bombardamento di stili di vita edonistici, di consumo acritico continuo dove il sesso ridotto a comportamento apatico sta al centro di ogni occupazione umana. Il controllo totale si avvale di disciplina, ma anche di caos e droghe per il fine settimana. I cellulari ci spiano, i satelliti ci guardano, sanno dove siamo e cosa facciamo in qualsiasi momento. Tutti gli uomini del mondo occidentale, singolarmente presi, etichettati e microcippati. Simile alle pecore. Il nuovo ordine mondiale, già anticipato da Orwell(1984) e poi da Huxley ne il Mondo Nuovo, focalizzato più di recente da Foucoult(vedi sorvegliare e punire) si avvicina a gradi passi. Il ruolo della politica in questo scenario è secondario e subalterno. Le differenze fa sinistra e destra insignificanti. Chiunque voglia sottrarsi, almeno in parte, a questo destino di reificazione mortifera può contare solo su se stesso. Si organizzi, magari in piccoli gruppi di amici fidati, e promuova iniziative tese a sviluppare e valorizzare le emozioni e le sensazioni, mediante la poesia, la letteratura, la musica, il teatro, il canto, la danza, la pittura

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Cronaca

La promozione dei valori della democrazia

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Dal prof.Nuccio Mulè riceviamo e pubblichiamo:

La constatazione negli ultimi decenni di vedere manifestazioni pubbliche commemorative non sentite e sempre più disertate, appannaggio solo delle Forze dell’Ordine e delle Associazioni d’Arma, sembra dimostrare che la nostra città è di fronte ad un’arretratezza culturale in cui la storia nazionale e, peggio ancora, quella locale pagano lo scotto di un disinteresse atavico delle istituzioni con la Scuola in primo piano che, soprattutto come sistema formativo, ha fatto e fa poco e niente per divulgare e far conoscere ai giovani la storia locale ma anche quella nazionale riferita in particolare alla Seconda Guerra Mondiale. 

Scuola che, al di là di rari casi nell’ambito delle direttive ministeriali, secondo il parere dello scrivente, ha fatto poco per promuovere i valori della democrazia, della giustizia, dell’uguaglianza e dell’educazione ambientale. E la recente reintroduzione dell’Educazione Civica nelle scuole ne è una dimostrazione, si spera solo che non faccia la stessa fine di quella che c’era prima, considerata spesso opzionale.


La scuola, oltre alla famiglia, nella sua azione formativa dovrebbe considerare primario il compito di formare il cittadino secondo i fondamenti di una civile convivenza e secondo i dettami della Costituzione i cui valori purtroppo oggi risultano sconosciuti e dimenticati dai più, docenti compresi.



La Costituzione, nata dalla Resistenza, al di là della contiguità temporale, ha avuto un sedimento culturale che è maturato grazie alle diverse esperienze di tre generazioni, oltre al fatto che essa deve la sua struttura e il suo spirito alle diverse matrici ideologiche dell’antifascismo. Antifascismo che, visti i rigurgiti fascisti di oggi, sarebbe opportuno rafforzare e rivivificare in tutte le sue componenti.


Una situazione poco studiata se non trascurata dalla storiografia ufficiale, è quella relativa all’attività dei Comitati di Liberazione Nazionale nel territorio siciliano, alla pari degli altri operanti nella Penisola, che ebbero una proficua operosità sia a Palermo che in tutti i centri dell’Isola, Gela compresa, con un notevole contributo alla rinascita della democrazia. 
Quindi, sarebbe opportuno ed efficace che quanto accaduto a Gela in quel periodo diventasse oggetto di studio e di ricerca, non fosse altro per avere un quadro storico più ampio sul contributo della città alla causa nazionale della Liberazione.
Negli archivi degli istituti storici presenti in molte regioni d’Italia si riscontrano centinaia di migliaia di nominativi che parteciparono alla Resistenza a partire dagli anni Quaranta, in particolare in quello dell’Istituto Storico della Resistenza di Torino si trovano gli elenchi dei partigiani che operarono in Piemonte con una lista di quasi centomila nominativi.  

Nell’archivio del DGA (Direzione Generale Archivi) del Ministero della Cultura, alla voce “I Partigiani d’Italia - Lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza”, si trovano gli elenchi dei partigiani che operarono in tutte le regioni italiane a partire dagli anni Quaranta. Per quanto riguarda la Sicilia tali elenchi contengono 6.554 nominativi di partigiani ripartiti nelle nove province: Palermo con 1.619, Catania con 1.101, Messina con 1.082, Agrigento con 613, Caltanissetta con 419, Trapani con 542, Enna con 364, Siracusa con 466 e Ragusa con 348. Per il Comune di Gela compaiono 60 nominativi a cui se ne aggiungono altri 20 della ricerca dello scrivente, portando il numero totale, certamente non definitivo, a 80 partigiani gelesi di cui tre donne: Angela Crapanzano, Rosaria Felici e Angela Puzzo.

Infine, un capitolo a parte è rappresentato dai gelesi antifascisti che in diverso modo durante il regime operarono a Gela e in collegamento con diversi esponenti in altre città; il loro numero fino ad oggi arriva a 57, tra essi si citano oltre all’On. Salvatore Aldisio, il Prof. Vincenzo Giunta, l’anarchico Gaetano Di Bartolo Milana e gli insegnanti Giovanni Mangione, Rocco Tignino e Gina Pane.

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Lotto, vinti a Gela più di 50 mila euro

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