Battaglia a difesa della legge su Ivg impugnata da Roma
La Cgil nissena è indignata per l'offesa alle donne e invita alla mobilitazione

Per la segreteria Cgil di Caltanissetta la notizia è di quelle che lasciano l'amaro in bocca e che suscitano profonda indignazione. Il governo nazionale ha impugnato la legge regionale della Sicilia che mirava a garantire il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) in un contesto sempre più critico. Il testo, approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana (ARS), aveva l'intento di affrontare un problema annoso e drammatico: la crescente obiezione di coscienza da parte del personale medico, che rende di fatto quasi impossibile per le donne accedere a un diritto sancito dalla legge 194/78.
"L'iniziativa della Regione Sicilia- commenta la segretaria Cgil Rosanna Moncada- seppur parziale, rappresentava un tentativo di tamponare una falla nel sistema sanitario, proponendo l'assunzione di medici non obiettori. Una misura pragmatica e necessaria, volta a colmare un vuoto che si traduce in un'odissea per le donne che, in un momento di fragilità e difficoltà, si trovano costrette a viaggiare per decine o centinaia di chilometri, a volte anche in altre regioni, per poter esercitare un loro diritto fondamentale. Questo non è solo un disagio logistico, ma una vera e propria umiliazione, una violazione della dignità e della libertà di scelta.
L'impugnativa del governo nazionale è un segnale politico di una gravità inaudita. È un attacco diretto alla libertà di autodeterminazione delle donne, un'ennesima spallata al diritto alla salute e, in ultima analisi, un tradimento dello spirito della legge 194".
"L'opposizione a questa legge regionale, che cerca di rimediare a una situazione insostenibile- continua- è la dimostrazione di come si stia cercando di erodere progressivamente i diritti acquisiti. Non si tratta più solo di una questione di libertà di coscienza, ma di una palese discriminazione. Si sta negando alle donne il diritto di decidere sul proprio corpo, sulla propria vita, relegandole a un ruolo subalterno e a una cittadinanza di serie B.
È un attacco ,alla sanità pubblica e, in ultima analisi, al futuro di una società che non può e non deve permettersi di tornare indietro. Le donne siciliane, e con loro tutte le donne italiane, meritano risposte concrete, non ostacoli. Meritano un servizio sanitario che le tuteli, non che le abbandoni. Meritano rispetto, non la negazione dei loro diritti.
Questa impugnativa non deve passare in silenzio. È nostro dovere alzare la voce, esprimere la nostra indignazione e ribadire con forza che i diritti delle donne non sono negoziabili. È fondamentale che la società civile, i movimenti femministi, le associazioni e i singoli cittadini si mobilitino per difendere un principio di civiltà che rischia di essere calpestato"