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Giudiziaria

Il Tar bacchetta la Regione dopo il concorsone flop

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La Regione Siciliana dopo numerosi anni ha bandito un importante concorso per il potenziamento dei centri per l’impiego dell’isola, prevedendo l’assunzione di ben 537 unità di personale a tempo pieno e indeterminato.

Il bando di concorso, in particolare, ha previsto una prima preselezione dei candidati sulla base dei titoli posseduti, così come previsto dal legislatore nazionale all’art. 10 del D.L. n. 44/2021. ​ ​ ​ ​

In esito a tale preselezione, sono stati ammessi alla prova concorsuale un numero abbastanza esiguo di candidati. Successivamente, numerosi candidati ammessi alla prova scritta non l’hanno superata, ottenendo un punteggio inferiore al minimo previsto (pari a 21 punti).

Addirittura, sono rimasti non assegnati ben 267 posti.

La dott.ssa G. I., residente ad Agrigento e di 48 anni – esclusa a seguito dalla procedura preselettiva in ragione del punteggio conseguito per i titoli di studio – ha proposto, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia un ricorso innanzi al T.A.R. Palermo.

Il collegio difensivo ha sostenuto come la clausola del bando di concorso, che inibisce la valutazione di tutti i titoli legalmente riconosciuti dai candidati – quali abilitazioni professionali – si ponga in palese violazione con la disposizione prevista dal predetto art. 10, D.L. 44/2021, che proprio in un’ottica del favor partecipationis prevede per l’appunto la “valutazione dei titoli legalmente riconosciuti”, includendo così anche le abilitazioni professionali.

Gli avvocati Girolamo Rubino ed Giuseppe Impiduglia, pertanto, hanno censurato l’illegittimità della scheda di valutazione (e del conseguente provvedimento di esclusione) della loro assistita per non avere – l’amministrazione – valutato tutti i titoli presentati della candidata (e in particolare l’abilitazione professionale), che le avrebbero consentito di ottenere un punteggio utile per l’ammissione alla successiva fase concorsuale.

​ Il Presidente del T.A.R. Sicilia – Palermo sez. II, accogliendo la richiesta di sospensione presentata degli Avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha ammesso con riserva la candidata a sostenere le prove scritte del concorso pubblico per il potenziamento dei centri per l’impiego.

La concorrente ha, pertanto, partecipato con riserva alla suddetta prova.

Il TAR Palermo, in sede collegiale ha condiviso il summenzionato Decreto Presidenziale e, con apposita ordinanza del 27.06.22, ha confermato l’ammissione della ricorrente alla prova scritta.

La candidata, peraltro, ha contestato, con appositi motivi aggiunti in corso di notifica, anche il punteggio assegnato alla prova scritta, rilevando come numerosi quesiti fossero ambigui o, comunque, non correttamente formulati.

Il TAR, pertanto, nei prossimi giorni, si pronuncerà sulle nuove richieste della ricorrente volte alla rideterminazione del punteggio ottenuto in esito alla prova scritta, cui (come detto) era stata ammessa con riserva.

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Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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