Nel ricordo di don Franco Cavallo, guardiamo ai nostri bravi sacerdoti
Da credente e da cattolico sono profondamente addolorato dagli attacchi spesso strumentali cui viene sottoposta continuamente la Chiesa di Roma, attraverso virulente campagne mediatiche che giungono d...

Da credente e da cattolico sono profondamente addolorato dagli attacchi spesso strumentali cui viene sottoposta continuamente la Chiesa di Roma, attraverso virulente campagne mediatiche che giungono da ogni angolo dell'Europa “pagana”, dai burocrati e dai finanzieri in giacca e cravatta. Questi attacchi hanno ormai raggiunto dimensioni preoccupanti, direi di istigazione all'odio, aggressioni mosse sovente da ideologie estreme che vanno spesso ad edulcorare la verità. Fatta questa premessa, non si possono non riconoscere gli errori e anche gli orrori, le incongruenze e le contraddizioni che nel corso dei secoli hanno accompagnato il cammino della Chiesa, fatta da santi ma anche da uomini in carne ed ossa con tutti i loro difetti e le loro debolezze.
Sono altresì cosciente di quanto sarebbe necessaria una rigorosa riforma dei seminari, e di come molti sacerdoti non siano stati all'altezza del loro ministero macchiandosi di gravi colpe, tanto da determinare sfiducia e smarrimento fra i fedeli. Ma la Chiesa non la si può giudicare solo dalle “pecore nere” che la abitano. D'altronde c'è una famiglia che non ha in casa una “pecora nera”? E allora? Per una mela marcia non si può buttare tutto il cesto delle mele buone. Perchè allora non si parla mai di una chiesa coraggiosa e militante, fatta di preti coraggiosi, preti di strada, che hanno servito il popolo di Dio sino ad offrirsi come “olocausto”? Diciotto anni anni fa proprio in questo giorno, 16 gennaio, veniva a a mancare a Gela uno di questi preti. Si chiamava don Franco Cavallo, uno dei pochi sacerdoti che non si vergognava di indossare ancora la talare della quale andava orgoglioso. E la sua memoria è rimasta viva e palpabile nel ricordo della gente. Don Franco è stato veramente il prete del popolo, disponibile con tutti, morto perché nonostante la malattia che lo rendeva vulnerabile ad uno spiffero di vento, volle fare una veglia di preghiera notturna nel freddo dicembre di quel 2006, che le causò la broncopolmonite poi rivelatasi fatale. Padre Cavallo era quindi figlio di quella Chiesa militante che affonda le sue radici nel Vangelo di Cristo. E' stato “missionario” a Gela ed è morto nella città che gli diede i natali, ma la nostra città ha avuto anche altri missionari che decisero di andare lontano a servire gli ultimi. Come non ricordare a questo proposito la grande missione di don Giovanni Salerno in Perù? E i tanti frati cappuccini che andarono in Brasile e altre terre lontane nella prima metà del '900? Ed ancora oggi la Chiesa di Gela produce missionari. Ricordiamo a questo proposito don Giorgio Cilindrello, che ha lasciato il parrocato di San Sebastiano (proprio dove don Franco ridiede vita e luce al quartiere di Settefarine) per andare missionario in Argentina.

Don Giorgio ha così accolto nel suo cuore quell'idea di “chiesa in uscita” che Papa Francesco ha predicato sin dal suo primo giorno di insediamento sul soglio di Pietro. Allora, in questo Anno Santo, torniamo a guardare alla Chiesa come Madre e non come matrigna, e contribuiamo da buoni cristiani a difenderla, non dimenticando di esserne le membra vive. Rimaniamo allora vigili e severi contro gli abusi e le prepotenze di chi si macchia di intollerabili colpe, ma aiutiamo pure i tanti buoni sacerdoti che quotidianamente lavorano per la Vigna del Signore senza calcoli e senza risparmio. Con amore, con fatica, sempre aperti alla speranza, e con mani laboriose, sempre pronte alla buona semina.
