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Cucina

Polpo arrosto, gambero rosso, crema di cavolfiore, datterini confit e olio alla vaniglia

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Nel mio menù il polpo arrosto non può mancare, mi diverto a declinarlo in modo diverso ad ogni stagione, oggi vi propongo una versione davvero sublime. Partiamo scegliendo un polpo di pezzatura di almeno 1 kg, è importante per avere dei tentacoli belli carnosi. Per un polpo morbido, se compriamo un polpo fresco, è necessario un abbattimento di temperatura. Acqua bollente, caliamo il polpo e lasciamo cuocere per 50 minuti. Una volta cotto lo scoliamo, lo tagliamo e lo asciughiamo per bene, operazione quest’ ultima necessaria per poterlo grigliare.

Lo condiamo leggermente con sale, pepe nero, timo-limone ed olio e lo passiamo per qualche minuto sul barbecue. Lo serviremo accompagnato da un gambero rosso crudo (anche questo precedentemente abbattuto per una questione di salubrità), una crema di cavolfiore, dei datterini confit ed un olio alla vaniglia. Per la crema di cavolfiore preparate un soffritto di olio evo e cipolla, quando la cipolla sarà leggermente dorata unite il cavolfiore ben nettato, aggiungete un filo d’acqua e portate a cottura.

Sale, pepe nero e frullatina propiziatoria. L’olio alla vaniglia invece non è una preparazione estemporanea, ma va fatta in largo anticipo in un altro momento. Lo potete realizzare semplicemente mettendo in infusione un baccello di vaniglia aperto con un coltellino e lasciato infondere il suo aroma in olio evo per almeno una settimana. Più sta più buono diventa. Io per accelerare il processo lo metto sottovuoto e lo faccio andare nel roner a 40 gradi per un’oretta. Ma anche l’infusione a freddo fatta a casa va benissimo. La vaniglia gli darà una fragranza davvero particolare.

Per quanto riguarda i datterini confit, tagliate i pomodorini a metà conditeli con olio evo, sale, zucchero, origano, timo, aglio, scorza di limone e arancia e passateli in forno a 140 gradi, ventilazione al massimo, per circa un’oretta. Non vi resta che assemblare tutte le componenti per godervi questa meraviglia. È vero, è una ricetta un po’ articolata, ma il risultato è straordinario. E poi se non avete la pazienza di prepararlo a casa potete sempre venirci a trovare da Sabìa.

Chef Totò Catania

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Gnocchetti sardi, crema di asparagi, calamaro cbt e guanciale croccante. Un perfetto connubio tra terra e mare

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Un altro dei miei piatti più iconici inseriti nel menù degustazione “Commistioni” dove mi piace sperimentare il legame tra carne e pesce. Partiamo dagli asparagi: li nettiamo eliminando la parte del gambo più coriacea, la parte buona del gambo la tagliamo a rondelle invece le punte le tagliamo a metà per il senso della lunghezza. Con i gambi faremo una crema, con un garbato soffritto di olio evo e cipolla, allungando con un filo di brodo vegetale o acqua e frullando il tutto a cottura ultimata, aggiustando di sale e pepe.

Le punte scottate in padella per pochi istanti, devono rimanere mezze crude. Il calamaro io lo cuocio sottovuoto a bassa temperatura, dopo averlo pulito e tagliato a cerchietti, a 55 gradi per 45 minuti, condito con un pizzico di sale bianco ed un filo di olio evo. Se voi non avete il roner potete semplicemente scottarlo a fiamma viva per non più di un minuto. Il guanciale lo renderemo croccante lasciandolo soffriggere nel suo stesso grasso fino a quando non diventerà ben dorato. Raccogliete il grasso del guanciale e il succo di cottura dei calamari nella crema di asparagi per completare la commistione.

Calate gli gnocchetti sardi, una volta cotti mantecateli con la crema di asparagi e ultimate il piatto con il calamaro, le punte degli asparagi e il guanciale croccante. Un filo d’olio evo di quello buono ancora e l’opera d’arte è completa. Un perfetto connubio tra terra e mare.

Chef Totò Catania

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Sgombro all’Archestrato, la proposta dello chef Totò Catania

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Oggi vi presento uno dei miei piatti più iconici, legato al territorio ed alla sua storia: lo sgombro all’Archestrato. Archestrato visse a Gela nell’antichità, secoli prima della nascita di Cristo. Egli fu il primo gastronomo della storia e della sua opera letteraria, tradotta col titolo “il poema del buongustaio”, una sorta di guida Michelin dell’antichità, ci sono pervenuti solo dei frammenti. In uno di essi Archestrato racconta il modo migliore, a parere suo, di preparare lo sgombro.

Bisogna condirlo con erbe mediterranee e olio d’oliva, avvolgerlo in foglie di fico e cuocerlo sotto la cenere. Dunque dopo aver preso un bello sgombro lo sfilettiamo lasciando le due estremità della coda attaccate (per un vezzo puramente estetico) e lo spiniamo per bene. Lo mariniamo con dell’olio evo affumicato, del sale, del pepe nero ed un mix di erbe fresche tritate: rosmarino, salvia, timo, alloro, maggiorana. Le erbe le metteremo all’interno dei due filetti che poi chiuderemo a libro, in modo che il calore non andrà a bruciarle. Cuoceremo lo sgombro per sette minuti a 220 gradi con forno ventilato, fin quando non sarà ben arrostito. Andremo a creare l’effetto visivo della cenere con un crumble al nero di seppia.

Mescoleremo della farina, del burro, un pizzico di sale, poco parmigiano reggiano grattugiato ed il nero di seppia, realizzando delle briciole che andranno in forno a 170 gradi per circa 20 minuti. Una volta raffreddato lo sbricioliamo a mano per avere una finta cenere saporita. Accompagneremo il pesce con una cipolla rossa in agrodolce ed una salsa vellutata al limone e senape selvatica che avremo realizzato con gli scarti nobili del pesce. La salsa vellutata è una preparazione un po’ elaborata, ne approfondiremo la ricetta in un articolo a parte. Il risultato è davvero eccezionale. Il sapore deciso dello sgombro viene bilanciato dalla dolcezza della cipolla e dalla piacevole acidità della salsa, il crumble dà la parte croccante e raccoglie la salsa, noi suggeriamo di prendere un boccone con tutte e quattro le componenti del piatto. Questo piatto è al momento inserito nella carta del menù di Sabìa, dunque se siete curiosi di provarlo lo troverete per tutta la durata della primavera. Chissà cosa ne penserebbe Archestrato di questa rivisitazione.

Chef Totò Catania

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Lo chef Totò Catania propone: pasta mista, macco di piselli al finocchietto selvatico, fave e bottarga di muggine

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Ogni Chef ha il suo piatto preferito. Il mio cambia di volta in volta assecondando le mie voglie del momento, neanche fossi una donna incinta, e la mia creatività. Il mio piatto preferito del momento è questa splendida pasta mista che vedete in foto. Mettiamoci ai fornelli. Per prima cosa, da bravi cuochi, iniziamo a sbaccellare fave e piselli. In un pentolino avviamo un garbato soffritto di olio evo e cipolla affettata. Quando la cipolla inizia a dorare aggiungiamo i piselli, copriamo a filo con dell’acqua e portiamo a bollore. Saliamo, pepiamo e aggiungiamo il finocchietto selvatico tritato.

Pochi minuti basteranno ad ammorbidire i piselli, a questo punto frulliamo il tutto. In un altro pentolino avremo portato a bollore dell’acqua, tuffiamo per due minuti le fave e blocchiamo la cottura in acqua fredda. Adesso sarà più facile sbucciarle. Condiamo le fave con un filo di olio all’aglio e le mettiamo da parte. Mi piacciono mezze così, ancora mezze crude. Nella stessa acqua delle fave adesso potete aggiungere i baccelli di fave e piselli, e nell’arco di una mezz’oretta avrete un brodo super saporito.

Cuoceremo in questo brodo la nostra pasta mista. Ancora al dente la amalgheremo col macco di piselli al finocchietto e la verseremo in un piatto piano, in modo che potremo condire abbondantemente la superficie. Mettiamo le favette, dei pizzichi corposi di bottarga di muggine grattugiata, dei germogli freschi di pisello ed un giro di olio evo di quello buono. Credo che sia uno dei piatti primaverili più buoni in assoluto. Provare per credere!

Chef Totò Catania

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