Il decreto sicurezza del governo Meloni ha ottenuto il via libera definitiva del Senato con 109 voti favorevoli, 69 contrari e una astensione, diventando così legge della Repubblica. Il provvedimento-bandiera del centrodestra, già approvato dalla Camera il 29 maggio scorso con la fiducia, doveva essere convertito entro il 10 giugno per non decadere. Durante la votazione finale, tra le proteste dell’opposizione – con senatori seduti a terra davanti ai banchi del governo – la maggioranza ha blindato il testo ricorrendo nuovamente alla fiducia, impedendo l’esame di oltre 900 emendamenti.

Il decreto, voluto fortemente dalla Lega di Salvini e da Fratelli d’Italia, introduce quattordici nuovi reati e diverse aggravanti, rafforzando l’approccio italiano alla sicurezza pubblica nel segno di una linea più dura su ordine pubblico e immigrazione. Il provvedimento ha scatenato dure critiche dalle opposizioni italiane e da organizzazioni come Antigone, Human Rights Watch e un gruppo di esperti Onu per i diritti umani, secondo cui la nuova legge rappresenta “il più grave attacco alla libertà di protesta degli ultimi decenni” e rischia di colpire in modo sproporzionato minoranze razziali, migranti e rifugiati, sollevando timori per possibili discriminazioni e violazioni dei diritti fondamentali.
Con il disegno di legge “Sicurezza” il governo voleva introdurre una trentina tra nuovi reati, aggravanti, sanzioni e ampliamenti di pena, quasi tutti finiti nel decreto “Sicurezza”.
Per esempio, il decreto introduce il reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” e il reato di “rivolta all’interno di un istituto penitenziario”, che punisce anche i comportamenti di resistenza passiva. Il testo, poi, inasprisce le pene per chi blocca una strada con il proprio corpo, per chi fa accattonaggio o danneggia cose pubbliche durante le manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
Vengono rese più severe le regole per il cosiddetto “Daspo urbano”, cioè il divieto di accedere a luoghi pubblici che può essere disposto dai sindaci o dalle autorità di pubblica sicurezza nei confronti di singoli cittadini.In più, vengono inasprite le pene per chi commette violenze contro i pubblici ufficiali, con aggravanti specifiche se le vittime dei reati sono forze dell’ordine.
In proposito, il decreto prevede la possibilità per gli agenti di polizia di usare le bodycam, microtelecamere da apporre sulle divise mentre sono in servizio.
Il provvedimento riconosce anche un beneficio fino a 10 mila euro per assistere legalmente gli agenti coinvolti in vicende giudiziarie.
Il decreto “Sicurezza” stabilisce che le donne condannate incinte, o con figli sotto l’anno d’età, scontino la pena un Istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM), mentre per le madri con figli tra uno e tre anni potrà essere disposto il trattenimento in carcere.
Un’altra norma contestata è quella che vieta la vendita delle infiorescenze della canapa, anche lavorate, sebbene resti consentita la produzione agricola dei semi. Rispetto al disegno di legge “Sicurezza”, il decreto è meno rigido, ma punta comunque a impedire l’uso ricreativo della cannabis light, quella con una bassa percentuale di tetraidrocannabinolo (THC).Il decreto “Sicurezza” prevede inoltre restrizioni per i migranti che vogliono acquistare SIM telefoniche: dovranno mostrano al negoziante una copia del permesso di soggiorno o del passaporto o di un documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento che siano in corso di validità. In precedenza, il disegno di legge “Sicurezza” obbligava i migranti a mostrare una copia del permesso di soggiorno, impedendo così ai migranti irregolari di comprare una SIM.
Il provvedimento voluto dal governo Meloni amplia i reati che possono essere “scriminati” – cioè non punibili – se compiuti dagli agenti dei servizi segreti durante operazioni autorizzate. Questo intervento, criticato da diversi parlamentari all’opposizione e da alcuni familiari delle vittime di terrorismo, è stato giustificato dal governo con esigenze operative nella lotta al terrorismo.