Cogito ergo sum

“Buon Natale”, sì o no? L’Ue, i diritti e il “rispetto”

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La magia del Natale potrebbe essere “pericolosa”. Anzi, la magia del “Buon Natale”. Una delle frasi più belle e magiche, appunto, che si possa pronunciare, uno degli auguri più dolci e importanti per una festa che è per tutti – credenti o meno – sarebbe irrispettosa, minaccerebbe all’inclusione e all’accoglienza. E secondo la commissione europea alla Parità sarebbe meglio dire “Buone feste” anziché “Buon Natale”, perché i non cristiani potrebbero “offendersi”. Alla decisione di un paio di giorni fa, è subentrato oggi il dietrofront: le “regole sulla comunicazione inclusiva” non sono ancora definite, ha dichiarato la commissaria Helena Dalli. E quindi, al netto del passo indietro, potremmo dirci “Buon Natale” senza attentare al galateo della commissione europea. Beh, menomale.

Il rispetto, l’accoglienza, l’inclusione, sono valori fondamentali nella società civile, a prescindere dal proprio credo, a prescindere dal credere o meno. Ma sono soprattutto valori universali che, altrettanto universalmente, sono riconosciuti anche nel messaggio d’amore e di speranza che appartiene da sempre al Natale. E poi. Perché “suggerire” di non dire “Buon Natale” pensando che l’augurio possa ledere la sensibilità di chi non è cristiano e non pensare, invece, che far cadere questo velo di presunta inopportunità (per voler essere teneri) sull’augurio del Natale possa ledere la sensibilità del cristiano?

E soprattutto, ad augurarsi “Buon Natale” sono solo i cristiani o anche chi non crede e ritiene comunque di trovare nel Natale elementi di gioia, bellezza, unione, speranza? Perché, se così fosse (e così è), forse quelli della commissione Parità dell’Ue avrebbero dovuto pensarci un attimo prima di fare la loro proposta. O impiegare le loro energie lavorative in qualcosa che davvero lavori per la parità e l’inclusione.  

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