Elogio della…rabbia
Rubrica di psicologia a cura dello psicologo Tonino Solarino e dell'esperta in religione Rosaria Perricone Elogiare la rabbia può sembrare strano. La nostra generazione sulla rabbia ha sentito parole...

Rubrica di psicologia a cura dello psicologo Tonino Solarino e dell'esperta in religione Rosaria Perricone
Elogiare la rabbia può sembrare strano. La nostra generazione sulla rabbia ha sentito parole di disapprovazione. La rabbia se espressa dalle donne subiva un biasimo maggiore. Oggi elogiare la rabbia può sembrare addirittura folle, considerato che viviamo un tempo di arroganza in cui usiamo le parole come pietre per far male. Viviamo un tempo di veleno che intossica le relazioni. Un tempo in cui schiacciamo il "pulsante" dei social per sganciare " post-bomba" senza preoccuparci degli effetti devastanti. Schiacciare un "pulsante" per maledire (dire- male) senza guardare il volto dell'altro è più facile, ma non per questo meno doloroso e meno miserabile.
La rabbia ha, sicuramente, tante tonalità e motivazioni sottostanti diverse.
C'è una rabbia necessaria e costruttiva e una rabbia controproducente e distruttiva. C'è la rabbia che è frutto di inconsapevoli e spesso ingiustificate paure. C'è la rabbia del narcisista che nasce dalla paura di essere criticato e umiliato. C'è quella di essere confuso e imbrogliato dei "borderline". C'è quella di subire delle personalità ribelli. C'è la rabbia degli arroganti che inseguono potere e dominio. C'è la rabbia dei paranoici che vedono nemici dappertutto. C'è la rabbia degli invidiosi che desiderano distruggere i talenti e i beni altrui per dare sollievo alle proprie carenze e ai propri vuoti.
Ma c'è una rabbia sana e necessaria. È quella che ci aiuta ad indignarci di fronte al sopruso e all'ingiustizia, che non ci fa rassegnare di fronte alla dignità e ai diritti calpestati. È la rabbia dei forti. E' la rabbia di chi sa custodire e difendere il rispetto di sé e degli altri.
E' la sana rabbia che si lascia salvare dalla mitezza. I miti non sono i rinunciatari, non sono quelli che lasciano proliferare soprusi e ingiustizie. Non sono coloro che sopportano. Sopportare e basta può significare che dentro di noi c'è una parte ostile e che siamo divisi dentro. Mitezza è saper riconoscere la rabbia dentro di noi collegandola al bisogno che la muove. È saperla accogliere per poi decidere cosa farne. È saperla portare nella relazione quando è necessario senza mai ricambiare l'ingiustizia con l'ingiustizia, l'offesa con l'offesa, il torto con il torto. La rabbia mite non attacca l'altro, ma si nutre di passione per la verità e la giustizia. La rabbia mite non rinuncia, a priori, alle proprie ragioni e fronteggia i torti per riparare e ripristinare i diritti, laddove sono stati calpestati. "Arrabbiatevi , ma non peccate" è la raccomandazione che troviamo in San Paolo.
"Se c'è rabbia dilla al fratello" è il suggerimento che troviamo nel libro del Levitico.
La soluzione allora non è negare, reprimere, sopportare, trattenere, attaccare o esplodere. La soluzione è chiedere al fratello, alla sorella di fermarsi per cercare un chiarimento, per offrire le proprie ragioni, per comprendere meglio le ragioni dell'altro, per chiedere i cambiamenti desiderati. Se il fratello, la sorella è indisponibile allora va coinvolta la comunità affinché aiuti a discernere i torti e le ragioni, a distinguere la giustizia dalle pretese narcisistiche.
Beati i miti allora. Non beati i deboli, i passivi, i rinunciatari, i remissivi o gli amanti del quieto vivere. Beati i miti che sanno arrabbiarsi senza peccare e conservano passione per la giustizia e la relazione.