Cogito ergo sum

Giovedì il Giorno della Memoria. Un’occasione per riflettere sulla lezione più dura della Storia

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I cancelli di Auschwitz furono varcati dall’Armata Rossa il 27 gennaio 1945. Ci sarebbero stati ancora quattro mesi di guerra in Europa, ma quel giorno rimane ancora oggi l’iconico momento in cui l’orrore dei campi di concentramento venne scoperto dagli avversari della Germana nazista. Cosa è stata la Shoah forse la nostra generazione non lo comprenderà mai fino in fondo. Possono aiutarci, tanto, le fonti, le testimonianze, i contributi dell’arte. “Se questo è un uomo” di Primo Levi, ad esempio, è un libro che non si può non leggere: quelle parole ti entrano dentro come una coltellata sferrata con una lama di ghiaccio.

E non si possono non ascoltare le dirette parole dei sopravvissuti, penso in primo luogo a Liliana Segre che soprattutto negli ultimi anni ha davvero dedicato tutti i suoi sforzi al racconto di ciò che è stato. Non si può dimenticare, o peggio ignorare, la lezione più dura della Storia: nell’orrore già insostenibile della seconda guerra mondiale, anche il più turpe e orrendo crimine contro l’umanità in quei campi di concentramento, nella morsa del filo spinato, nelle docce di morte delle camere a gas. E guai, sì, guai, a ritenerla la vicenda “degli altri”: furono migliaia anche gli italiani che trovarono la morte per le deportazioni, la repressione, la violenza inaudita condotta nel nostro Paese dai fascisti. Perché anche gli italiani si macchiarono di quella imperdonabile colpa.

Le date commemorative hanno valore simbolico, vero, ma la forza di quel valore dipende da noi: viviamo questo tempo per leggere, vedere, ascoltare, ricercare, approfondire quanto più possibile sulla Shoah. Il Giorno della Memoria ha senso, grandissimo e necessario senso, se noi gli diamo il senso che merita. Perché, come diceva proprio Primo Levi, «se comprendere è impossibile, conoscere è necessario».

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