Giudici e PM: separazione impossibile? Dibattito aperto

“Giudici e PM: separazione impossibile?” il rompicapo del mondo della giustizia ed è il tema della tavola rotonda organizzata dall’associazione ex allievi del Liceo classico e dall’Ordine degli avvoca...

A cura di Redazione Redazione
18 novembre 2023 20:01
Giudici e PM: separazione impossibile? Dibattito aperto -
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“Giudici e PM: separazione impossibile?” il rompicapo del mondo della giustizia ed è il tema della tavola rotonda organizzata dall’associazione ex allievi del Liceo classico e dall’Ordine degli avvocati di Gela che si è tenuta ieri nella raffinata cornice di Palazzo Mattina.

Un confronto colto fra un esponente del foro di Gela ,l’avv. Antonio Gagliano componente del Consiglio Nazionale Forense, un Pubblico Ministero ,il dr. Luigi Lo Valvo della Procura della Repubblica di Gela ed un Giudice del Tribunale, la dr.ssa Eva Nicastro, della sezione penale .

Dopo i saluti ed i ringraziamenti della prof.ssa Maria Grazia Falconeri, presidente dell’Associazione ex allievi, e dell’avv. Maria Giordano, Presidente dell’ordine degli avvocati di Gela, l’avv. Egidio Alma, decano del foro di Gela e dell’Associazione ex allievi, ha introdotto i lavori riassumendo gli aspetti salienti delle varie posizioni politiche sulla questione della separazione delle carriere e ricordando alcuni tristi episodi di cronaca giudiziaria in cui una scarsa autonomia dei Giudici rispetto alle posizioni delle Procure aveva determinato grave nocumento a persone ingiustamente accusate e tuttavia sottoposte ad una martellante persecuzione giudiziaria.

L’avv. Alma si è anche assunto l’onere di moderare un dibattito appassionato quanto rispettoso e ricco di argomenti a sostegno dell’una e dell’altra tesi. Il folto pubblico -tra cui tanti avvocati- ha seguito con grande attenzione i lavori che si sono protratti per alcune ore.

L’avv. Gagliano ha ricordato che gli ordinamenti giudiziari caratterizzati dalla unicità di carriera di Giudici e PM sono sempre stati espressione di una forma di Stato tendenzialmente autoritario in cui l’inserimento del PM nello stesso ordine giudiziario era innanzitutto finalizzato al controllo, da parte del governo, della funzione giudiziaria e dell’operato del singolo Giudice. La separazione serve quindi a garantire in modo completo ed effettivo l’indipendenza, l’imparzialità e la terzietà del Giudice ed ha quindi difeso il progetto di recente presentato in Senato di rivedere la Costituzione prevedendo un ordine distinto per i Pubblici Ministeri attraverso l’istituzione di un separato organo di autogoverno. Infatti l’attuale sistema, in cui i rappresentanti delle Procure partecipano al Consiglio Superiore della Magistratura e da qui decidono anche a quali giudici debba essere assegnata la direzione delle Corti e dei Tribunali, non garantisce la terzierà ed indipendenza del Giudice e finisce col penalizzare la carriera di quei magistrati che sono considerati più garantisti e rispettosi dei diritti e delle libertà della persona e, per tal ragione, poco in linea con le iniziative della pubblica accusa.

È stata poi la volta del dr. Lo Valvo che ha denunciato, in capo all’avvocatura italiana e ad una certa politica, una sorta di “ossessione” per la separazione delle carriere il cui principale effetto, tutt’altro che positivo, sarebbe quello di assoggettare l’ufficio del PM al potere esecutivo del governo, assimilandolo alle forze dell’ordine e così sottraendolo a quella cultura della giurisdizione di cui oggi è parte e che rappresenta una maggior tutela per le libertà dei cittadini. L’appartenenza all’unico organo giudiziario garantisce inoltre che l’attività di indagine e l’esercizio dell’azione penale non sia indulgente verso i potenti.

L’intervento della dr.ssa Eva Nicastro ha preso le mosse da un attento excursus del dibattito svolto nel corso dei lavori dell’assemblea costituente quando i suoi membri furono chiamati a decidere sullo status che bisognava dare all’ufficio ed alla funzione del pubblico ministero ed alla posizione in cui collocarlo rispetto al governo ed al ministro della Giustizia. Ha criticato la proposta di riforma perché non garantirebbe l’indipendenza e l’autonomia del PM. Questo rimarrebbe privo anche di quella fondamentale garanzia per il libero ed autonomo esercizio della funzione che è data dalla inamovibilità del PM al pari di quella del Giudice. Si è detta in netto disaccordo con l’analisi secondo cui oggi l’attività del Giudice sarebbe in qualche modo condizionata dalla unicità della carriera con il PM e dalla comune partecipazione all’organo di autogoverno della magistratura: non v’è alcun condizionamento, nemmeno indiretto, per come dimostra anche il dato statistico delle numerosissime assoluzioni.
È stato invitato ad intervenire anche l’avv. Giacomo Ventura, storico presidente della Camera penale di Gela e che alcuni giorni fa è stato chiamato a far parte dell’organismo nazionale di garanzia dell’Unione delle Camere Penali Italiane, il quale ha spiegato le ragioni per cui sostiene in modo convinto la proposta di separare le carriere di Giudici e PM evidenziando in particolar modo che il modello del processo accusatorio che è stato recepito nella Carta Costituzionale con la riforma dell’art. 111 è inconciliabile con l’appartenenza di una parte processuale, quale è il PM al pari della difesa, al medesimo ordine ed alla stessa organizzazione di cui fa parte il Giudice, così pregiudicandone la indispensabile terzietà.
Nel concludere i lavori si è sottolineato come la questione dibattuta vede la magistratura e l’avvocatura su fronti diametralmente contrapposti, sostenendo la prima la necessità di mantenere l’attuale sistema e ritenendo invece la seconda assolutamente indispensabile l’adozione in tempi brevi di una riforma in senso separativo che affranchi il Giudice da ogni possibile condizionamento da parte della pubblica accusa.

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