Il culto dei morti che consegna la storia

Una passeggiate virtuale nel cimitero monumentale di Gela, per osservare ciò che ogni cittadino ha visto distrattamente, per comprenderne la storia, gli elementi architettonici, gli usi di un tempo ch...

A cura di Redazione Redazione
24 luglio 2024 12:53
Il culto dei morti che consegna la storia -
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Una passeggiate virtuale nel cimitero monumentale di Gela, per osservare ciò che ogni cittadino ha visto distrattamente, per comprenderne la storia, gli elementi architettonici, gli usi di un tempo che fu e che resta se compresi opportunamente. A questo mira l’opuscolo edito dal club service Soptimist diretto da Laura Cannilla e dall’associazione Ex Allievi di cui è responsabile Maria Grazia Falconeri e redatto da Nuccio Mulè.

Un compendio di storia profusa nel luogo santo dei morti dove ogni sepoltura narra un pezzo di civiltà antica per le foto che ritraggono costumi, pettinature, ambienti; per i fregi istoriati, per gli epitaffi che rivelano i segreti della lingua in evoluzione perenne. Per queste motivazioni i due organismi sociali hanno voluto pubblicare il compendio di storia che in originale avrebbe potuto estendersi in duecento pagine e che, invece è stato pubblicato in quasi 40 pagine, condensato di uno studio ben più importante.  Ieri sera, nell’adeguata cornice dell’area in cui giganteggiano le Mura Federiciane, si è parlato del culto dei morti con Salvina Fiorilla e della pubblicazione introdotta dalla riflessione di don Giuseppe Siracusa. L'evento ha avuto come tema 'L'arte negli spazi della memoria'.

“Da sempre l’uomo si è confrontato con il dilemma della morte – sostiene Siracusa – affermando la signorìa della vita e dell’eternità del tempo. Il cimitero monumentale con il suo patrimonio di foto, architetture, ci incoraggia a sostenere ogni sforzo educativo rivolto alle nuove generazioni”.

La celebrazione e la cura dei defunti risale già al periodo del Paleolitico medio intorno al 100000 a.C., periodo a cui fanno riferimento le tombe ritrovate a Qafzeh vicino a Nazareth e  quella di Neanderthal in prossimità di Dusseldorf. I ritrovamenti di Shanidar in Iraq nella tomba n. 6, ci raccontano come Cinquantamila anni fa il culto dei morti avesse un peso identico ad oggi, con lo scheletro  posto al centro di un cerchio costituito da blocchi e deposto su un giaciglio di steli di efedra guarnito di fiori.

Più in là nel tempo nel Paleolitico superiore (35000 a.C.) iniziano a comparire anche gli oggetti che fanno parte del corredo del defunto, borse da viaggio, oggetti ornamentali inoltre inizia a fare la sua comparsa l’ocra rossa. Per poi fare un salto ed andare nel tempo degli Egizi, in cui il culto dei morti è diventata un’arte.  

Attraverso l’ausilio di immagini esplicative Salvina Fiorilla ha ripercorso le tappe del concetto del culto dei morti che nasce con l’uomo e si perpetua nel tempo per poi approdare al tempo di oggi in cui ogni valore è messo in discussione e si portano avanti nuove idee in cui la memoria viene annullata.

“I giovani, oggi, forse non sanno neppure chi sono i loro antenati – ha detto la Fiorilla – eppure i cimiteri sono la testimonianza del passato che andrebbe recuperate e consegnata alle nuove generazioni”.

Poi la presentazione del volumetto pregna di storia. La ricerca di Mulè è stata concentrata sull’archivio storico del Comune di Gela, salvato in extremis dal macero, dove si raccontano le fasi della progettazione e della realizzazione secondo il disegno originario che conserva tuttora. Il cimitero monumentale risale agli anno ’40 del XIX secolo e la sua sede era lontana dal centro storico. Un tempo le famiglie facoltose facevano di tutto per ottenere una sepoltura nelle chiese, ma l’incremento demografico e l’Editto di Saint Cloud di Napoleone che ebbe eco al di là dei confini della Francia, rese necessaria la realizzazione del Camposanto. Lapidi preziosamente realizzate da artigiani dello scalpello, adornate di balconcini in ferro ancora conservati in angoli della prima sezione. Personaggi della storia come l’ultimo garibaldino d’Italia, gelese e sepolto nella sua terra, un epitaffio di Mario Rapisardi celebre poeta catanese, la maestosità architettonica delle cappelle gentilizie, danno l’idea di uno spaccato di storia da custodire gelosamente. Eppure, in varie occasione questa memoria è stata messa in forse con ordinanze di estumulazioni dei morti antichi per fare spazio e cancellare le generazioni che hanno dato vita a quelle attuali: per cancellare la storia!

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