Il lockdown volontario di una Gela in agonia

Gela si è svuotata. Si è svuotata di gente; di entusiasmo; di economia. Non serve disporre il lockdown. Il lockdown è nella testa delle persone e viene realizzato in maniera spontanea. Lo ordina la pa...

A cura di Liliana Blanco Redazione
21 gennaio 2022 13:22
Il lockdown volontario di una Gela in agonia -
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Gela si è svuotata. Si è svuotata di gente; di entusiasmo; di economia. Non serve disporre il lockdown. Il lockdown è nella testa delle persone e viene realizzato in maniera spontanea. Lo ordina la paura dell’uomo che teme la morte. Lo praticano le persone che vedono salire l’asticella dei contagi ed evitano.... Evitano di uscire, evitano di incontrarsi, evitano di toccarsi, evitano di parlare, evitano di vivere. Non serve più il coprifuoco alle 22 che l’anno scorso ha fatto vivere agli italiani una esperienza di cui udiva l’eco dai libri di storia. Il coprifuoco i gelesi, i siciliani, se lo impongono naturalmente orami. Vanno a casa alle 20 al massimo, quelli che sono usciti per commissioni indifferibili. Gli altri non escono affatto. E poi c’è la schiera dei contagiati o i contatti dei contagiati che non escono per la situazione contingente. E sono tanti. Basta fare un conteggio spicciolo: su 4000 contagi ruotano intorno in media famiglie di almeno tre componenti, e siamo a 12.000 contatti e insegnanti, colleghi, amici e il numero quadruplica. E la città si svuota. E si svuotano le tasche dei commercianti, dei ristoratori, degli imprenditori, dei piccoli negozianti. Chi compra i vestiti se non ci sono feste? Chi va dal parrucchiere se non deve uscire in ghingheri; chi consuma trucchi, paillettes per stare in casa. “Andiamo in pizzeria?  Risposta: “ Facciamo pizza in casa?” e poi al momento dell’appuntamento: “Mi spiace, non posso venire”.  Tutto tremendamente fermo e la rabbia dei commercianti sale alle stelle.  “Siamo tornati al 2020 – dicono alcuni ristoratori del viale Federico II – qui non si lavora più. Non c’è nessuno in giro. E poi si permette il mercato per i commercianti di altri comuni. E noi, chi ci tutela? L'amministrazione che fa?”

Basta fare una passeggiata al lungomare alle 20 per rendersi conto della desertificazione; o anche in corso Vittorio Emanuele o in via Palazzi; per non parlare di Macchitella. Le foto che vedete sono state scattate ieri alle 17.45 al Lungomare e questa è la situazione delle ultime settimane; da notare il contrasto fra i colori del tramonto e lo squallore della desertificazione.  “I supermercati sono vuoti – dicono due titolari  - la gente non compra più come prima. La mazzata delle tasse ha impaurito chiunque; conseguenza diretta dell’evento pandemico”. A parte le domenica di sole al lungomare, la città si è trasformata in un luogo spettrale. E non aiutano i messaggi televisivi, gli sglogan sul tutto esaurito in ospedale, quando si parla poi di otto posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti del circondario. Oggi è chiuso anche quel reparto, in linea con il trend della città.  Un altro, l’ennesimo colpo, l’economia che deve fare i conti con i rincari pesanti. Il lockdown è diventato endemico quando fuori c’è il virus.  

E poi ci sono la sofferenza ed il disagio che derivano dalla ‘solitudine’ che colpiscono in modo indiscriminato tutti i ceti sociali e tutte le età, non solo gli anziani ma anche giovani che per diversi motivi si trovano in uno stato personale di isolamento, accentuato dagli effetti della pandemia. C’è pronto un disegno di Legge alla Regione.

Il mito della caverna è servito.  Platone lo ha spiegato oltre due millenni fa  come si diventa filosofi, cioè come si acquisisce il sapere necessario per ben governare la città, liberandosi dalle opinioni e accedendo alla conoscenza della realtà. 

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