‘La mia casa è un’ isola’: viaggio nel mondo di Rosa Balistreri
'La mia casa è un' isola' è il titolo del libro di Stefania Aphel Barzini che viene presentato stasera, alle Mura Federiciane. I lavori sono stati introdotti dalla prof Angela Rinzivilo che ha tracci...


'La mia casa è un' isola' è il titolo del libro di Stefania Aphel Barzini che viene presentato stasera, alle Mura Federiciane. I lavori sono stati introdotti dalla prof Angela Rinzivilo che ha tracciato la figura di Rosa, migrante esule per necessità, per sofferenza, come i tanti migranti attuali.
Commossa visibilmente, la prof Orlando ha salutato l' autrice ricordando che questo appuntamento era stato concordato con il compianto fratello Michele.
La scrittrice compie un viaggio letterario nella musica di Rosa Balistreri: un compendio di ascolto, riflessioni, dialoghi e interventi. Le
letture di testi a cura di Maria Grazia Fasciana che dialoga con l'autrice. Il tutto accompagnato dalle musiche di Arianna Trainito. Ai dialoghi e musiche si alternano le videoproiezioni ambientazioni a cura di Fabio Minardi. Il progetto è ideato da Arianna Trainito in collaborazione con la prof.ssa Orlando.

L' autrice entra nel cuore e nell'arte di Rosa che nasce in una famiglia poverissima. La sua è una storia intessuta di dolore, estro e risalite. A sedici anni viene data in sposa a Gioacchino Torregrossa, un uomo che, molti anni dopo, in un concerto, Rosa avrebbe definito “latru, jucaturi e ‘mbriacuni”.
Il matrimonio, da cui nasce l’unica figlia oggi vivente, Angela Torregrossa, finisce in tragedia il giorno in cui Rosa, avendo scoperto che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, lo aggredisce con una lima e, credendo di averlo ucciso, va a costituirsi dai carabinieri: sconterà sei mesi di galera.
Per mantenere la figlia e aiutare la sua famiglia di origine Rosa fa molti lavori: dapprima in una vetreria, poi come raccoglitrice e venditrice di lumache, capperi, fichi d’india, sarde e infine a servizio in una famiglia nobile di Palermo, dove mette la figlia in collegio. In questo periodo impara a leggere e scrivere.
Si innamora del figlio del padrone e rimane incinta; Rosa si vede costretta a fuggire e poi a scontare altri sei mesi di carcere, perché accusata di furto. Uscita dal carcere trova lavoro come sagrestana e custode della chiesa degli Agonizzanti a Palermo; vive in un sottoscala insieme a suo fratello Vincenzo, invalido, che impara a fare il calzolaio. Non avendo ceduto alle molestie del prete viene mandata via e lei, rubati i soldi delle cassette dell’elemosina, parte col fratello Vincenzo per Firenze: lui lavorerà in una bottega di calzolaio e lei a servizio in case signorili.
Richiamata a Firenze anche la madre e una delle due sorelle, Rosa apre con loro un banchetto di frutta e verdura al mercato di San Lorenzo. La sorella Maria li avrebbe raggiunti in seguito, scappando coi figli alle prepotenze del marito. Ma, poco dopo la fuga, l’ex marito la uccide. In seguito alla tragedia il padre di Rosa si toglie la vita impiccandosi.
Nei primi anni Sessanta Rosa incontra il pittore fiorentino Manfredi Lombardi, e con lui vivrà per dodici anni. Durante questo periodo allarga la cerchia delle sue amicizie e viene a contatto con il mondo degli intellettuali del suo tempo. Nel 1966 partecipa allo spettacolo di canzoni popolari portato sulle scene da Dario Fo, dal titolo Ci ragiono e canto. Ha quarant’anni, il volto segnato da una vita tanto intensa e faticosa, gli occhi limpidi e sicuri di chi porta fino in fondo le proprie battaglie; la sua voce ha un timbro arcaico e diretto: la sua presenza drammatica rimane ben impressa negli spettatori, come le canzoni popolari siciliane che interpreta, nelle quali si racconta non solo la miseria ma anche l’orgoglio e lo sdegno del popolo.