Livatino: era davvero un santo…
Cos' è la santita'? Vivere secondo il messaggio evangelico compiendo il proprio dovere. Sembrerebbe semplice e invece è quasi impossible ai più. Eppure basterebbe solo osservare il dovere per dare fa...

Cos' è la santita'? Vivere secondo il messaggio evangelico compiendo il proprio dovere. Sembrerebbe semplice e invece è quasi impossible ai più. Eppure basterebbe solo osservare il dovere per dare fastidio a chi di dovere non vuol sentire parlare. In ogni tipo di ufficio . Tanto piu' in quello magistratuale. Rosario Livatino era davvero santo. Perche' compiva il dovere secondo i dettami di Dio ed ha pagato con la vita la sua onesta'. E santo lo era davvero. Umile, preciso, testimone di fede. Questo è emerso stasera nel corso del convegno che si è tenuto nell' aula Moscato del Tribunale di Gela. Oggi è iniziata la Peregrinatio della reliquia di Rosario Livatino: la camicia che indossava il magistrato quel giorno della sua morte, intrisa del suo sangue,

scortata dalla Polizia Penitenziaria di Gela fino al Comune di Gela accompagnata dal Vicario foraneo Don Lino Di Dio che l' ha voluta a Gela, per essere riaccompagnata per la celebrazione eucaristica preso la parrocchia di San Francesco di Assisi.


Nell’ambito della ‘peregrinatio reliquiae’ organizzata dall’arcidiocesi di Agrigento, la camicia insanguinata del giudice vittima di mafia ha toccato anche le carceri di Caltanissetta e San Cataldo e l’istituto di pena minorile e domani il Carcere di Gela.
'Fede e diritto. La Magna Carta della Magistratura credente' e' stato il tema di cui si è parlato stasera nel corso del Convegno organizzato dal vice parroco della Chiesa Maria Ss delle Grazie, fra' Emanuele Artale, dall' Ordine degli avvocati di Gela, dalla Diocesi di Piazza Armerina, dall' Unione giuristi cattolici di Gela ed dall'associazione nazionale magistrati. Dopo I saluti del Presidente del Tribunale Roberto Riggio, del presidente dell' Ordine degli avvocati Matia Giordano, del Vescovo Gisana, del Procuratore Fernando Asaro, del magistrato Lo Valvo , della presidente dell' Unione giuristi cattolici Emanuela d' Arma, del vice parroco della Chiesa dei padri Cappuccini Emanuele Artale, il moderatore Andrea Cassisi ha passato la parola a don Giuseppe Livatino che ha conosciuto personalmente il beato ed ha lavorato per il processo di beatificazione.
"Gli assassini, senza saperlo, anziché spegnere quella luce hanno acceso un candelabro - ha detto.
Don Giuseppe, che conosce a fondo la vita del magistrato ucciso, ha ricordato molti episodi che gli sono stati raccontati e in particolare uno, che attesta l’incorruttibilità del magistrato, il primo nella storia della Chiesa ad ottenere questo importante riconoscimento. “Si tratta di un episodio che raccontò l’insegnante di religione di Rosario, che una volta chiese a Livatino una piccola raccomandazione. Lui,a quella richiesta rispose, sorridendo ma in maniera determinata: “Ma lei, quando confessa, accetta raccomandazioni?"

Vibrante la testimonianza dell' ex Presidente della Corte d' Appello di Caltanissetta Salvatore Cardinale che ne ha tratteggiato il profilo di umilta': quando si è diffusa la notizia dell' assassinio il giornalaio dispiaciuto si chiedeva chi fosse quel giovane magistrato morto di cui erano pieni i giornali. Era il giovane che ogni giorno passava a prendere il giornale da lui come un semplice lettore! E tante , tante testimonianze della sua reale santita'. I lavori sono stati chiusi dal presidente della Corte d' Appello Maria Grazia Vaglisindi.

Rosario Livatino è nato a Canicattì il 3 ottobre 1952. Conseguita la maturità presso il Liceo classico Ugo Foscolo di Canicattì, si iscrive all’Università di Palermo frequentando la facoltà Giurisprudenza, dove si laurea nel 1975.
Dopo una prima esperienza lavorativa presso l’Ufficio del Registro di Agrigento, nel 1978, supera il concorso per l’accesso in magistratura divenendo – giovanissimo – uditore giudiziario presso il Tribunale di Caltanissetta.
Nel 1979, Livatino diviene sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento dove opererà, ininterrottamente, fino al 1989, portando avanti, con rigore ed equilibrio, indagini complesse sulle organizzazioni criminali di stampo mafioso nonché su eclatanti episodi di corruzione, noti allora come “Tangentopoli siciliana”.
Dal 1989 diviene giudice a latere presso il Tribunale di Agrigento e si occupo' principalmente di misure di prevenzione e distinguendosi per l’apprezzata professionalità e il comportamento integerrimo.
L’organizzazione criminale di tipo mafioso dell’agrigentino nota come “Stidda”, in aperto contrasto con “Cosa nostra” per il dominio sulle attività illecite in Sicilia, ne decise l’assassinio come la mafia “palermitana” aveva fatto solo qualche anno prima, lungo la stessa strada statale, ai danni del magistrato Antonio Saetta e di suo figlio.
La mattina del 21 settembre 1990, lungo la statale SS640 AgrigentoCaltanissetta, l’automobile del giudice Livatino – diretto in Tribunale per celebrare un processo a carico di alcuni mafiosi di Palma di Montechiaro – fu speronata dal commando omicida. Il giudice Livatino, che per sua decisione preferiva viaggiare senza scorta, pur ferito cercò allora di allontanarsi a piedi dai criminali che lo raggiunsero, freddandolo brutalmente ai piedi del viadotto della statale 640. Sul luogo dell’assassinio sopraggiunsero i migliori investigatori siciliani, tra i quali il giudice Falcone che rimase fortemente scosso dall’accaduto.
Gli autori dell’omicidio sono stati assicurati alla giustizia e condannati all’ergastolo dalla Corte di Assise di Appello di Caltanissetta nel 1999.
Il 21 settembre 2011, a favore della straordinaria figura di Rosario Livatino, dichiarato “servo di Dio” dalla Chiesa Cattolica, si è aperto il processo di beatificazione.
Già Papa Giovanni Paolo II, in occasione di un incontro con i genitori del giudice, definì Rosario Livatino quale “martire della giustizia ed indirettamente della fede”; adesso, la storia di giustizia, compassione e sacrificio di un giovane magistrato come Rosario Livatino si intreccia, grazie alla beatificazione, a quella di Pino Puglisi, enfatizzando la dura presa di posizione della Chiesa Cattolica verso la criminalità mafiosa e lo stringente legame tra fede religiosa ed impegno sociale al servizio della giustizia e della legalità.
Lo Stato ha onorato il sacrificio di Rosario Livatino, con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso.
