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Giudiziaria

L’Organismo di Composizione della Crisi da Sovraindebitamento “I diritti del debitore” un aiuto al debitore incolpevole

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Agrigento – Liquidando ai propri creditori poco più di 128.000 euro, potranno liberarsi definitivamente di debiti per oltre 508.000 euro ed evitare la vendita all’asta della loro abitazione, tornando, dopo sette anni e mezzo, ad una vita normale.

Protagonisti di questa vicenda una coppia di coniugi agrigentini su cui il destino si è accanito, a tratti anche crudelmente, a cui il Tribunale di Agrigento, giudice la dott.ssa Silvia Capitano, ha omologato il “Piano del Consumatore” (Legge n.3/2012 ora confluito nel Codice della Crisi) riconoscendo alla coppia lo stato di sovra-indebitamento incolpevole.

Il “Piano del consumatore” (ora denominato Ristrutturazione dei debiti del consumatore) è una domanda procedura presentata al Tribunale di residenza che permette a un debitore in difficoltà, per il quale non ricorrano le condizioni di inammissibilità, di vedersi ridurre l’ammontare dei debiti a quanto può veramente pagare. Ciò che il debitore non può pagare verrà cancellato a fine della procedura (esdebitazione).

I coniugi agrigentini, rappresentanti dagli avvocati Carmelo Bruno e Giuseppe Sciascia Cannizzaro, si sono rivolti all’Organismo di Composizione della Crisi da Sovra indebitamento (OCC) “I diritti del debitore”, autorizzato dal Ministero di Giustizia ad operare per i Tribunali di Agrigento, Sciacca, Enna e Caltanissetta, ed è stato nominato quale Gestore designato il dottor Giuseppe Antonio Lentini.

«Nel caso dei due coniugi agrigentini – spiega Stella Vella, referente dell’OCC “I diritti del debitore” – il sovraindebitamento è un fatto naturale, o meglio una evoluzione razionale di una serie di eventi che hanno caratterizzato, da un tempo troppo lungo, i due coniugi, prima come singoli e poi come coppia. Nella loro storia si ravvede, innanzitutto, la volontà di risolvere i problemi di salute via via sopraggiunti, ma quello che ha sconvolto la famiglia, con un tracollo finanziario, è stato il verificarsi di una tragedia. La causa dell’indebitamento dei coniugi non è attribuibile ad uno stile di vita al di sopra delle loro possibilità ma ad un accanimento di eventi severi che hanno interessato la coppia».

A determinate condizioni i “sovraindebitati”, prima che i singoli creditori, possano svolgere azioni di recupero quali decreti ingiuntivi e/o pignoramenti dello stipendio, possono accedere ad una delle procedure previste dal Codice della Crisi, rivolgendosi ad un OCC, per una soluzione definitiva della propria posizione debitoria, senza ricorrere a usurai o a gesti estremi. «La casistica delle procedure gestite – spiega ancora Stella Vella – mette in evidenza una presa di coscienza del problema da parte dei debitori, soprattutto, in presenza di procedure esecutive immobiliari e pignoramenti vari, anche in questi casi “la legge sul sovra indebitamento” è una soluzione riuscendo anche a salvare le case all’asta, se sono presenti, infatti, i requisiti si può ritornare a vivere senza il peso dei debiti e avere un ruolo attivo nella società,  nel rispetto della legalità».

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Giudiziaria

Assolto dall’accusa di danno erariale per 3 mln

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Il Dott. L.N. è un dirigente di terza fascia della Regione Siciliana che, a partire dal 2018 sino alla cessazione dell’incarico, ha svolto le funzioni di responsabile dell’unità operativa “Potenziamento delle attività produttive” dell’IPA di Palermo.

Nell’ambito dell’incarico, il Dott. L.N. si è occupato di finanziamenti comunitari in favore delle imprese siciliane  (c.d. misura 121). Con atto di citazione, la Procura Regionale della Corte dei Conti gli ha contestato in solido con altri funzionari e dirigenti della Regione Siciliana, un danno di oltre 3 milioni di euro.

E’ stato contestato al dott. N. di aver consentito, pur in presenza di gravi irregolarità progettuali, alla società dei fratelli D.L. di conseguire un contributo pubblico pari ad euro 3.133.015,98  che era stato stanziato ai fini dell’ammodernamento tecnologico di un mattatoio esistente per bovini, ovini e suini, ubicato in Monreale (PA).

La Procura Regionale ha contestato al Dott. N. di aver ritardato i controlli volti ad accertare l’effettiva realizzazione delle opere di ammodernamento del mattatoio consentendo, per questa via, ai titolari dell’impresa di installare – prima delle verifiche previste – taluni macchinari che avrebbero costituito dei “meri simulacri”, ovvero riproduzioni non funzionanti di alcune attrezzature oggetto del finanziamento.

Il Dott. L.N., pur consapevole delle irregolarità in questione, avrebbe attestato, secondo la Procura Regionale, la regolare attuazione dell’iniziativa progettuale una volta effettuato personalmente i controlli sopra citati.Il Dott. L.N. ha dunque conferito mandato difensivo agli Avv.ti Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi.I legali del Dott. N. hanno evidenziato come il lieve ritardo nella effettuazione delle verifiche previste era stato determinato dall’enorme carico di lavoro che gravava sull’Unità Operativa che seguiva, a quel tempo, ben 30 progetti riconducibili alla misura 121 (cui corrispondevano ben 30 verifiche in loco) e che risultava, altresì, impegnata in relazione alla attuazione di altri finanziamenti comunitari.

Non vi era, quindi, alcuna volontà di favorire indebitamente la Società che aveva fatto richiesta di sovvenzioni. I legali del dott. N. hanno sottolineato come non potessero ravvisarsi profili di dolo o di grave colpevolezza dalle risultanze del controllo effettuato presso il mattatoio.

I controlli, infatti,  sono stati concentrati sull’impianto di macellazione che costituiva l’elemento centrale del progetto sottoposto a finanziamento; impianto perfettamente funzionante.

I difensori hanno evidenziato come le attrezzature indicate dalla Procura come non  funzionanti costituissero dei macchinari secondari, che nulla avevano a che vedere con le linee di macellazione e, dunque, con le opere principali del progetto ammesso a finanziamento.I medesimi legali hanno, inoltre, evidenziato che non era possibile pretendere che i verificatori regionali accertassero il funzionamento di ogni singolo macchinario, data la considerevole estensione dell’iniziativa progettuale.In ogni caso, hanno osservato gli stessi difensori,  il dott. N. e gli altri funzionari si sarebbero trovati in “una situazione di errore scusabile”, in ragione dei sofisticati artifici e raggiri che sarebbero stati perpetrati dai titolari dell’impresa destinataria del finanziamento pubblico.In totale adesione ai rilievi difensivi degli Avv.ti Rubino e De Marco Capizzi, la Corte dei Conti ha pronunciato sentenza di assoluzione nei riguardi nel Sig. L.N., non ravvisando alcuna condotta colpevole.

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Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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