Cogito ergo sum

L’università in Sicilia, quel mondo lasciato da solo. A Catania l’impegno della ministra Messa

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Tanto si è parlato di Dad, giustamente, in questi due anni. Le scuole, da quelle dell’infanzia alle superiori, hanno sofferto tantissimo gli effetti della pandemia subendo anche le conseguenze di anni e anni di cattive – o inesistenti – politiche di programmazione. Ma se le scuole hanno pianto, le università di certo non hanno riso. A maggior ragione al Sud, a maggior ragione in Sicilia dove il comparto universitario ha sempre sofferto il confronto con le consorelle del Nord. Il problema è sempre stato principalmente organizzativo, logistico, tecnico, perché le eccellenze nel campo docente ci sono in Sicilia e al Sud come nel resto d’Italia.

Ma accanto alle infinite problematiche che ha sempre vissuto chi studia nelle università dell’isola, c’è stata la presenza asfissiante della grande condanna: la mancanza di lavoro, di veri sbocchi occupazionali, di opportunità di crescita professionale, la saturazione dei posti pubblici, l’inesistenza di bandi e concorsi rivolti ai giovani per premiare il merito e il talento. Ed ecco arrivare la pandemia, pensante come un macigno anzi più macigni, ad aggravare una situazione già per molti versi insostenibile. I dati dell’ultimo report Istat sulle migrazioni sono impietosi: la Sicilia è la seconda regionale d’Italia per perdita di popolazione, preceduta solo dalla Campania. Nemmeno la crisi socioeconomica generata dal Covid-19 ha bloccato il flusso dei più giovani – ma non solo – verso altri e più speranzosi lidi.

Le prospettive di sviluppo, dunque, continuano a latitare. In Sicilia sembra che nulla cambi e tutto resti com’è. Quindi, che fare? Ieri a Catania, all’inaugurazione dell’anno accademico, la ministra per l’Università e la ricerca Maria Cristina Messa ha parlato delle nuove prospettive per l’intero settore e della pioggia di investimenti prevista grazie ai fondi del Pnrr. Dove, quando e in che modo le parole incontreranno i fatti? La certezza è solo una: i giovani che vanno via dalla Sicilia sono stati e sono tanti, ma molti di loro se avessero potuto scegliere forse sarebbero rimasti. Sogniamo una politica che li metta nelle possibilità di farlo. Sì, (ad oggi) è solo un sogno.

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