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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Non si fermano le richieste di nuove adesioni al Partito Liberale Italiano

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del PLI a firma del coordinatore Gianni Incardona

<< Registriamo, con grande soddisfazione dell’intero gruppo locale dei Liberali Italiani, le continue richieste di adesione alla Sezione locale del Partito. Dimostriamo di essere presenti sul territorio e che la nostra idea di politica è quanta di più attrattiva possa oggi disporre l’area del centrodestra…>>, ha commentato il coordinatore cittadino, dr. Gianni Incardona.<<abbiamo sempre detto che il nostro non è e non vuole essere un partito preconfezionato, che non esistono posizioni imposte dall’alto e che le nostre porte sono sempre aperte a chi intende spendere il suo tempo per indicare soluzioni ai problemi del territorio, dibattere, insieme a tutti gli iscritti, sui temi centrali del governo del territorio, sulle sue potenzialità di nuovo sviluppo e sulla graduazione delle priorità da soddisfare. Il nostro costituisce il gruppo più organizzato di iscritti al partito nell’intera provincia di Caltanissetta, segno che il lavoro sin qui svolto sta cominciando a dare i suoi primi risultati, come del resto confermato dal numero dei nostri tesserati che giorno dopo giorno si arricchisce sempre di più di nuovi ingressi provenienti dalla società civile e da pregresse esperienze politiche>><< …Ad inizio di settimana, all’esito della riunione organizzata per dibattere sui quesiti referendari della imminente consultazione di domenica e lunedi 8 e 9 giugno, hanno chiesto di iscriversi il Dr. Salvatore Cauchi, medico mutualista, l’Avv. Anna Lorefice, noto professionista gelese e il Dr. Eder Di Mauro, esperto in finanza. Le loro adesioni arricchiscono il già variegato panorama del nostro gruppo, apportando nuovi spunti di riflessione su argomenti della vita quotidiana di estrema delicatezza, come la medicina di base e il ruolo dei medici di famiglia nella tutela della salute pubblica, la ricerca di nuovi equilibri all’interno della società civile imposti dalla perdita del potere di acquisto delle famiglie e dell’eccesiva loro indebitazione. Siamo certi che grazie al contributo di tutti riusciremo ad essere attivi propositori di una offerta politica che dia segnali di unità e di condivisione di idee e proposte da presentare agli elettori già nelle prossime consultazioni elettorali amministrative…>>.La sezione locale del partito liberale italiano, a proposito della consultazione referendaria, ha espresso infine la volontà di partecipare solo per il quesito n. 5, relativo al tema sulla cittadinanza italiana.Molto apprezzata tra i presenti, la relazione fatta in proposito dall’Avv. Giuseppe d’Aleo, presente al dibattito, che ha tenuto a precisare, anche alla presenza del Segretario Nazionale, Grazio Trufolo, i dubbi e i limiti insiti nei primi quattro quesiti referendari.<<…in un sistema economico, come il nostro, estremamente polarizzato sulle iniziative di imprese di ridotte dimensioni, cui è molte volte impossibile avere libertà di accedere al credito, l’abolizione della Jobs Act è destinata a far crollare gli attuali livelli di occupazione che appena ieri sono stati descritti aver raggiunto il loro massimo storico. Il mercato del lavoro, in una economia resa di gran lunga molto più complessa di quanto non lo sia già stata, rimane indubbiamente condizionato dalle enormi difficoltà incontrate dalle rete dei piccoli imprenditori italiani nel competere all’interno di un mercato globale in cui è sempre aperta la corsa all’ammodernamento tecnologico dei singoli sistemi di produzione, con la necessità di una sempre costante riserva di capitale privato da impiegare come risorsa per il mantenimento della produzione e dell’impresa.In tali condizioni, è necessario disporre di strumenti flessibili di impiego, capaci di adattarsi alle sempre mutevoli condizioni legate alla stessa sopravvivenza dell’impresa e dell’imprenditore. In tale prospettiva, il raggiunto livello storico di occupazione, dopo la generale crisi di inizio secolo e dopola stessa legge Fornero, è segnale che la stessa Job Act abbia saputo funzionare nel dare possibilità di nuova occupazione, superando per la prima volta persino gli storici indici di disoccupazione di fine secolo scorso.Oggi peraltro stiamo andando incontro alle incognite legate all’introduzione dell’intelligenza artificiale negli stessi processi produttivi e alla sempre viva preoccupazione sul futuro della nostra industria meccanica e della intera filiera dell’automotive legate alle non ancora chiare politiche europee legate agli obiettivi della decarbonizzazione delle aree industriali e della transizione verso la mobilità elettrica e, più recentemente anche all’incertezza mondiale legata alla guerra commerciale sui dazidoganali che già limita gli stessi volumi di produzione industriale, con la conseguente contrazione dell’offerta dei prodotti da porre sul mercato. In queste condizioni, la reintroduzione dell’obbligo di reintegrazione del lavoratore ingiustamente licenziato, disincentiva le piccole impresa ad assumere nuovi lavoratori anche nelle forme flessibili attualmente garantite dal Jobs Act che, ricordiamo, è nata per una idea della stessa sinistra di governo (il PD per intenderci) solo per dare una soluzione concreta al mercato del lavoro dopo lo statuto dei lavoratori nato, negli anni settanta, in una completamente diversa condizione di piena occupazione lavorativa generata dagli effetti del boom economico degli anni sessanta e imposta dalla stessa crescita economica di quegli anni, prima della crisi petrolifera e sicuramente in scenari mondiali di economia che non sono quelli cui stiamo andando incontro.Dal punto di vista giuridico, infine, non è affatto detto, ha tenuto a precisare l’Avv. d’Aleo, che, nel caso in cui dovesse essere raggiunto il quorum necessario, una positiva risposta al quesito referendario possa davvero garantire il ritorno all’obbligo della reintegrazione del lavoratore ingiustamente licenziato, soccorrendo in proposito la stessa Legge Fornero che tale obbligo aveva invece ritenuto di sostituire, prima di essere sul punto abrogata dal Jobs Act, con l’indennità risarcitoria in misura peraltro inferiore a quella garantita dallo stesso Jobs Act che si chiede adesso di abrogare per via referendariaQuanto poi al quesito relativo alla responsabilità del committente, è stato precisato che << l’argomento relativo all’introduzione di un obbligo di diretta responsabilità della parte committente per i danni da infortunio dei lavoratori dipendenti dell’impresa appaltatrice e suoi eventuali subappaltatori, contrasta in modo significativo con i principi di autonomia nell’organizzazione dell’impresa e degli obblighi di legge cui essa è sicuramente esposta anche a tutela dei rischi da infortunio dei suoi dipendenti. Altra cosa è sicuramente la vigilanza e il controllo degli organi dello Stato (ed in parte anche e soprattutto alle stesse rappresentanze sindacali aziendali) sull’effettivo rispetto di tali obblighi legati in ogni caso alla assunzione di ogni dipendente e alla sua stessa assicurazione presso l’INAIL e l’INPS tenuti a risarcire i danni derivati dagli infortuni sul lavoro e della malattia contratta a motivo delle stesse mansioni cui è adibito ogni singolo lavoratore dipendente.Non è immaginabile, in uno Stato liberale, addossare l’assenza dei controlli alla sola parte privata committente come invece propongono i sostenitori del Referendum ed altrettanto deve dirsi a proposito del ricorso al subappalto, le cui limitazioni volute dai proponenti i relativi quesiti risultano contrarie alle stesse indicazioni della Corte di Giustizia Europea a proposito della libertà di concorrenza come generale principio di diritto eurocomunitario e della obbligatoria apertura dellecommesse pubbliche anche alle stesse piccole imprese, altrimenti tagliate fuori dal mercato dei grossi appalti, a vantaggio dei soli grossi gruppi di imprese<< Ben diversa, invece, la questione relativa all’abbassamento dagli attuali dieci anni a cinque anni del termine a partite dal quale potrà essere richiesta dallo straniero la cittadinanza italiana, pur sempre nel rispetto dei prescritti requisiti, tra cui – è utile ricordare – il regolare ingresso nel territorio nazionale di un cittadino extra comunitario nel precedente quinquennio e la compiuta dimostrazione (da parte degli stessi organi di polizia) nell’aver serbato una esemplare condotta estranea a precedenti reati>><<In un Paese come il nostro ormai a “bassa crescita demografica” e destinato, da qui a vent’anni come recitano le più accreditare fonti ISTAT, ad essere soltanto una nazione di vecchi e anziani, l’ingresso a pieno titolo nella stessa comunità nazionale di nuovi soggetti potrà anche servire a correggere, nel breve periodo e in attesa di vedere partorite dai governi adeguate politiche demografiche, la stessa inclemente curva demografica discendente, a garanzia se non altro anche della salvaguardia degli stessi conti pubblici dello Stato contro il pericolo di un eccessivo indebitamento pubblico altrimenti destinato a rimanere “spalmato” su una popolazione di età media oltre i 50 anni già nel prossimo ventennio>>

Credo che un partito come il PLI che si proponga di essere, sia pure mantenendosi all’interno dell’area politica di centrodestra, come una forza politica retta dagli ideali di libertà, solidarietà e tutela delle minoranze, senza mai perdere di vista gli stessi interessi nazionali, non possa rimanere insensibile al tema legato alla quinta scheda referendaria, avendo l’obbligo di far sentire comunque la sua voce nel difendere una sua idea politica, anche nella costruzione, in divenire, di uno Stato multiculturale e multietnico retto dal rispetto delle sue leggi e dall’accettazione e piena condivisione dei suoi valori e principi, un po’ anche come retaggio dei vecchi principi di fratellanza e solidarietà di mazziniana memoria, da cui pure è derivato lo stesso pensiero liberale>>Il documento contenente la relazione è stata fatta propria dall’organo direttivo della Sezione cittadina che ha poi deliberato di invitare gli iscritti a votare SI solo per la quinta scheda referendaria sulla cittadinanza, rifiutando le prime 4 schede.

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Terlati:”per il centro soldi per fiori, feste ed esperto,per le periferie nulla.Solo buche e degrado”

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Dalla periferia della città ed in particolare da Settefarine arriva la richiesta all’amministrazione comunale di non attenzionare solo il centro abitato ma creare eventi e spettacoli anche i quei quartieri che si sentono abbandonati. In centro fiori, eventi ed anche un direttore artistico che li cura. In periferia nulla. Ecco cosa scrive da Settefarine Totò Terlati:


“Oggi girando per le vie del centro storico di Gela, ci accorgiamo come sia stato abbellito, veramente molto decoroso e degno di una Città turistica. Bellissime fioriere attorno ai pochi alberi sul marciapiedi danno una certa bellezza. Sappiamo che a presto la via Pisa e via Filippo Morello saranno abbellite con decorazioni ( mandale ) appese nelle strade e daranno un ulteriore fascino festoso al centro storico mentre sul piano delle manifestazioni turistiche si è dato incarico ad un Esperto per realizzare serate d’intrattenimento, per cui le serate estive saranno allietate sicuramente.
Ma ci chiediamo:esiste solo il centro storico o le periferie non fanno parte della nostra città?.Le uniche manifestazioni che si tengono nel nostro quartiere sono:
1) incendi alle sterpaglie dei lotti incolti, perché qualcuno pensa che questo sia il modo scellerato di provvedere alla pulizia e a scacciare via gli insetti e zanzare non curandosi delle macchine o abitazioni presenti nelle vicinanze
2) le imprecazioni che mandano i cittadini ogni qualvolta prendono una buca e fanno danni alla propria macchina, se si tratta di macchina mentre se per caso la buca la prende un motociclista o ciclista bene che gli vada cade a terra facendosi male. Dato che le nostre strade sono state bombardate, cioè sembrano uscite dal bombardamento per le troppe buche che vi sono.


Cambiano le Amministrazioni ma l’unica musica che sentiamo è sempre la stessa: non ci sono soldi, non abbiamo bilancio, siamo in dissesto. Questo è valido solo ed esclusivamente per le periferie mentre per il resto della Citta si deve dare incarico pagando ad un Esperto per allietare le serate estive.


Per il Comitato di quartiere di Settefarine
Terlati Salvatore

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Il ruolo dei docenti

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

Che la docenza oggi sia scaduta di Status oltre che di livello economico lo sapevamo già.
La scuola non serve alle Multinazionali.
A parte una base costituita da inglese e informatica spicciola, il resto delle materie agli occhi delle multinazionali è cosa inutile.
Da cui crisi del docente. Una crisi di ruolo, di mansione, di livello economico, di status.
Frustrazione, delusione, rabbia sono sentimenti oggi assai diffusi fra i docenti.
Molti dei quali aspirano solo a lasciare l’insegnamento al più presto possibile e andare in pensione. Soldi si, lavoro no.
In questo quadro disilluso, frustrato e rabbioso bisogna inserire la vicenda di questo insegnante. Il quale non sapendo e/o non potendo indirizzare la sua rabbia verso il responsabile(chi è il responsabile?) attraverso un meccanismo di difesa incoscio che si chiama spostamento trova un altro “oggetto”, più debole, su cui scaricare la rabbia:
una bambina innocente che ha la colpa di avere una mamma che sta in politica e fa il primo ministro. Morte alla bambina!
È la misura della confusione e dello smarrimento dell’Occidente in decadenza.

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Cinquantanovesima giornata mondiale per le Comunicazioni sociali

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Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma segretario nazionale dell’uccisione Salvatore Di Salvo

Oggi la chiesa celebra la 59 giornata mondiale per le Comunicazioni sociali. In questo tempo di cambiamento, di avvenimenti, di fatti di cronaca che svolgono le nostre famiglie,  bisogna essere attivi e riflessivi nel nostro lavoro. Raccontare con verità e per la verità.  Rileggendo il messaggio di Papa Francesco per la 59.ma giornata mondiale per le comunicazioni sociali “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” si coglie un segnale profeticamente attuale: è necessario “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività, di riscoprire il valore dell’essere operatori della comunicazione che credono ancora nella loro missione e non accettano di divenire strumenti di un sistema che invita a mettere da parte (per calcoli di potere) la verità e la cura gli uni degli altri.

“Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire”.In altre parole, siamo in presenza di altrettanti atteggiamenti che non costruiscono sentimenti di pace, ma al contrario segnano il “male” del nostro presente, l’esatto contrario dell’invito di Papa Francesco che ci dice: “sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare”. 

Per fare ciò – leggiamo ancora nel documento – dobbiamo guarire dalle “malattie” del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso: il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate. Comunicare così aiuta a diventare “pellegrini di speranza”, come recita il motto del Giubileo, pellegrini per costruire la Pace. Noi siamo stati protagonisti nel Giubileo per il mondo della comunicazione, primo momento giubilare, con papa Francesco e l’ultimo dove il pontefice venuto dalla fine del mondo ci invitata ad essere “veri”.

La domanda posta ai 10mila giornalisti e comunicatori arrivati da tutto il mondo “Tu sei vero?”, risuona dentro ogni giorno.  Un cammino del Giubileo che non ci deve lasciare indifferenti e ci deve ricordare, con travolgente attualità, che quanti si fanno operatori di pace «saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Un invito alla pace che ci deve coinvolgere per “porre mano” ad una comunicazione attenta, mite, riflessiva, capace di indicare vie di dialogo. Messaggio ripreso da Papa Leone XIV in sintonia perfetta con Papa Francesco quando ricorda a tutti gli operatori della comunicazione di disarmare la comunicazione e di optare per una comunicazione di pace. “No alla guerra delle parole e delle immagini” – ha detto il Santo Padre nella prima udienza pubblica concessa ai giornalisti – “oggi è necessario scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace”. “Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività” è il segnale di continuità di Papa Leone con Papa Francesco, “non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, una comunicazione per dare voce ai deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”.

Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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