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San Giuseppe a Gela: una tradizione (rinnegata?)

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Il lungo periodo di pandemia ha precipitato il nostro mondo in una dimensione a-storica, che ha finito per confermarci quanto il concetto di tempo sia soggettivo. Per chi ha letto un manuale di antropologia e le teorie (in parte ormai superate) di quello che è stato il maggior teorico dello strutturalismo, Claude Lévi-Strauss, è noto che i riti servano a scandire le stagioni degli uomini per conferire alle idee una forma e concretizzarle in una cultura.
A Gela uno dei rituali maggiori è quello che, in era pre-Covid, si organizzava collettivamente per celebrare la memoria di San Giuseppe. Il guaio è che fischiando il fuoritempo alla vita sociale siamo finiti tutti in fuorigioco.
E, nonostante le nostre giornate siano incoraggiate da una retorica di “ritorno alla normalità”, la giornata del 18 marzo non è stata di certo “normale”. Niente gente per strada, niente rami di palme a segnalare che in quella abitazione è stata imbastita una tavolata, niente processioni, evocazioni, mimesi delle Sacra Famiglia per le strade di una Gela dimentica del suo passato.
Molte città della Sicilia, terra in cui il culto di San Giuseppe ha grande parte, sono tornate a essere animate dalla simbologia dei riti propri della festa. Persino molte amministrazioni comunali hanno sponsorizzato passeggiate collettive al fine di incoraggiare la visita delle tavolate del Santo, organizzate da privati cittadini, con lo scopo dichiarato di rendere le tradizioni di metà marzo una risorsa culturale per il territorio.
Nella città del Golfo, nessuna ripresa, nessuna millantata “normalità”. Solo la mirabile iniziativa di alcuni parroci che nelle loro singole Parrocchie hanno rivestito di bianco le tipiche strutture a scala e rievocato il pasto rituale dei tre Santi a mezzogiorno di oggi.
Mancare agli appuntamenti della storia è sempre rischioso: il rischio è quello di perdere la memoria e, quindi, la bussola. La pandemia ha calato l’asso. La nostra coscienza storica reagirà? O quella carta, tra breve, muterà in una dama di picche? Claude Lévi-Strauss, per ora, tace.

Prof. GIANBATTISTA CAUCHI

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