Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela
Sempre connessi: uso ed abuso dei social network negli adolescenti pandemici
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3 anni fail
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redazione
Sempre connessi.
Durante questo periodo di Pandemia da COVID-19, le abitudini degli adolescenti sono cambiati in termini di relazioni reali e relazioni virtuali,
L’accesso alla rete Internet è diventata un’abitudine ben consolidata tra il pubblico giovanile, la cui straordinaria partecipazione al fenomeno dei social network e la dimestichezza con la quale gestiscono le nuove tecnologie digitali ne sono una semplice testimonianza. In Italia, l’indagine Istat «Cittadini e nuove tecnologie» del 2013 ha rilevato che i maggiori utilizzatori del personal computer e di Internet restano i giovani tra i 15 – 19 anni, mentre il report su Mobile internet access and use among European Children (www.netchildrengomobile.eu, 2013) che analizza dove, da quali piattaforme, a che età i ragazzi usano internet e cosa fanno online, ha rimarcato come il 42% dei ragazzi che usano Internet accede alla rete quotidianamente dallo smartphone o da un cellulare abilitato.
Questi dispositivi sono considerati gli strumenti prediletti dal pubblico giovanile in questo periodo pandemico, e, secondo alcune previsioni, in tempi brevi, diventeranno i protagonisti del mercato vendite a danno dei personal computer. La diffusione dei dispositivi mobili ha determinato conseguentemente una crescita dell’utilizzo dei social media, i quali, sono diventati un’estensione della vita quotidiana per moltissime persone. La diffusione dei social media è in continuo aumento, sia a livello di accesso alle piattaforme, sia a livello di tempo speso.
L’espressione “sempre connessi”, descrive in maniera sintetica uno dei tratti distintivi della società globalizzata in cui siamo inseriti (Regalia et al., 2013). Le tecnologie digitali, assieme ad internet, sembrano dominare in maniera incontrastata il budget time dei ragazzi, i cui comportamenti comunicativi hanno cominciato a caratterizzarsi per una prevalenza di interattività e mobilità, tipici della “generazione 2.0” (Cavagnero et al., 2011).
Sulla base della mia esperienza di docente e di psicologo durante lo sportello di ascolto presso il Liceo G, D, Cassini in Sanremo, e di fronte allo scenario pervasivo della tecnologia nella nostra società, ho deciso di rivolgere la mia attenzione verso gli adolescenti, in modo da comprendere il loro rapporto con le tecnologie comunicative, in particolare le modalità di accesso alla rete Internet e ai siti di social network.2. L’intervista semi-strutturata
L’adolescenza rappresenta una fase dell’età particolarmente complessa e intensa, ma soprattutto quella maggiormente attiva ed esposta ai rischi e pericoli che si celano in rete. A tale scopo, ho compiuto un’indagine di ricerca, somministrando delle interviste semi-strutturate, a dodici adolescenti di età compresa tra i 13-18 anni, tra cui 180 femmine e 196 maschi. Le interviste sono state interamente registrate e fedelmente trascritte. La traccia di intervista era incentrata sugli argomenti che ritengo particolarmente significativi per la comprensione dell’uso che gli adolescenti intervistati fanno dei social network. In particolare l’intervista si proponeva:
– osservare e stabilire il grado di familiarità degli adolescenti con i dispositivi tecnologici;
– verificare la frequenza d’uso e le principali modalità di accesso a Internet;
– analizzare l’uso quotidiano dei dispositivi tecnologici; le motivazioni che spingono gli adolescenti a svolgere attività in rete (soprattutto con riferimento ai siti di social network).
La scelta degli adolescenti intervistati è avvenuta tramite una selezione, non eccessivamente scrupolosa, basata sulla mia rete amicale di Facebook. Quale posto migliore per avviare una ricerca relativa gli adolescenti e l’utilizzo dei social network? Poiché i siti di social network rappresentano uno spazio molto frequentato dagli adolescenti, ho ritenuto potesse essere un buon punto di partenza per cercare potenziali intervistati. Per selezionare il gruppo intervistato mi sono basato sull’osservazione di molti profili, sulla valutazione delle attività, quali la pubblicazione di contenuti, lo stringere nuove amicizie e gli aggiornamenti di stato, in modo da scegliere i profili di mio interesse. Più specificatamente, mi sono basato sulla gestione del profilo personale, osservando i contenuti pubblicati (foto, video, post, ecc.) e le azioni svolte in questo spazio.
La selezione ed il contatto con gli adolescenti non è avvenuto in un unico momento, bensì ad interviste già avviate, in modo da non accavallare gli impegni e per varie esigenze. Ho provveduto a contattare personalmente i ragazzi tramite il servizio chat di Facebook, spiegando loro l’oggetto dell’intervista e mostrando disponibilità ad intervistarli secondo i loro impegni. In un paio d’occasioni mi è stato chiesto dai giovani contattati di svolgere l’intervista in coppia, accompagnati dal fidanzato e dalla fidanzata. Sebbene l’unità di analisi della ricerca fosse l’individuo, ho deciso di assecondare ugualmente tale richiesta pur sapendo che l’intervista avrebbe subito un’impostazione diversa.
I ragazzi e le ragazze si sono mostrati molto incuriositi e molto disponibili nell’offrirmi il loro contributo, finanche quando, in un paio di occasioni, si è presentata la necessità di interrompere le interviste per poi riprenderle in un secondo momento. Tutto questo, probabilmente, è stato facilitato dal fatto che agli occhi dei ragazzi non rappresentavo un estraneo, ma bensì, un volto conosciuto che faceva parte della loro rete di “amici” su Facebook.
Prima di cominciare ogni intervista ho comunicato nuovamente ai ragazzi gli obiettivi che intendevo perseguire, domandando il permesso di registrare la conversazione garantendone, in ogni caso, l’anonimato. Durante lo svolgimento del lavoro, ho cercato di seguire uno schema preimpostato in precedenza, prestando attenzione agli elementi che emergevano durante la conversazione, pronto ad approfondire ogni tipo di questione che poteva rivelarsi utile al perseguimento degli obiettivi.
Una volta concluse le interviste ho provveduto ad una loro trascrizione puntuale, procedendo successivamente all’analisi cercando di individuare i concetti chiave, stabilendo eventuali elementi comuni, cercando di offrire un quadro esaustivo dell’argomento.
3. Lo smartphone sul gradino più alto del podio
Al fine di inquadrare i dispositivi tecnologici maggiormente utilizzati dai ragazzi, ho avviato ogni intervista chiedendo loro una lista di quelli di cui disponessero e quale fosse quello da loro preferito.
Strumenti come il Computer, il tablet Pc, l’i-Pod, le console per videogiochi e la televisione sono tutti dispositivi comuni nella quotidianità degli adolescenti intervistati, ma il cellulare smartphone risulta essere all’unanimità l’oggetto preferito e maggiormente utilizzato.
Va precisato che tutti i ragazzi intervistati hanno ricevuto il primo telefono cellulare ad un’età molto giovane (10-12 anni), cambiando fino ad oggi almeno cinque modelli, quindi, circa uno all’anno. La spesa è ricaduta sempre sui genitori. Un importante fattore che spinge i ragazzi a volere un nuovo telefono cellulare è dato dalla considerazione che il modello in loro possesso non sia più di moda. La possibilità di connettersi alla rete internet e di usufruire delle applicazioni e tecnologie più avanzate sono importanti caratteristiche che motivano il loro desiderio di cambiare. Inoltre, la spinta all’omologazione, ad avere ciò che hanno gli altri gioca un ruolo non indifferente:
Il primo cellulare l’ho ricevuto in prima media (…) Secondo me si dovrebbe cambiare quando è troppo vecchio rispetto ai nuovi modelli [Mirco, 18 anni].
Per me andrebbero cambiati se si rompono o se diventano obsoleti [Luca, 17 anni].
Se il cellulare non ha internet mi sento indietro (…) se manca internet non vale il cellulare” [Luisa, 16 anni].
Se tutti hanno un altro telefono, più moderno, piacerebbe anche a me avercelo [Andrea,15].
Il dispositivo smartphone è ormai parte integrante delle attività quotidiane dei ragazzi, in quanto lo portano con sé ovunque vadano e lo utilizzano, o possono utilizzare, in qualsiasi momento durante la giornata: al momento del risveglio, mentre si fa colazione, sull’autobus, a scuola, dopo pranzo, all’allenamento, mentre si studia, prima di addormentarsi, quando si è fuori in compagnia. Lo smartphone è costantemente utilizzato e rimane a portata di vista, tatto e udito. Solo la notte questo strumento trova riposo, lasciato sotto carica sul comodino di fianco al letto, in modo da essere operativo la giornata successiva.
Tale dispositivo viene utilizzato come forma di intrattenimento ludico e musicale, ma soprattutto è lo strumento preferito per restare in contatto con gli amici. Lo spazio domestico mantiene ancora la sua importanza e il suo peso nella fruizione dei contenuti mediali attraverso questo dispositivo, dove anche televisione e computer, seppur in maniera ridotta rispetto a qualche anno fa, mantengono tutt’ora un certo potere sull’attenzione dei ragazzi.
Le dichiarazioni degli adolescenti intervistati confermano quanto lo smartphone faccia saldamente parte della loro routine quotidiana, tant’è che il separarsi per qualche ora o, addirittura, un giorno può essere vissuto con molto disagio, quasi come subire una sorta di “trauma”:
Se si rompe il cellulare non so cosa fare [Luciano, 16 anni].
Un giorno o due riuscirei a stare, ma al terzo piuttosto vado a prenderlo a 20 euro, mi va bene anche uno scaccione, anche uno con i tastoni va bene, basta messaggiare (…) anche se mi sento un po’ indietro e mi viene voglia di cambiarlo [Liam,16 anni].
Un giorno senza sarebbe già critico [Mirco, 18 anni].
Se il cellulare si rompe chiedo subito a mia mamma e mi faccio dare il suo [Sofia, 14].
Sebbene gli intervistati non riescano ad immaginarsi privi di questo strumento, i ragazzi hanno confessato di poter resistere anche per lunghe ore senza telefono. Per esempio, in alcuni momenti come le lezioni a scuola, lo studio a casa o mentre stanno praticando sport, riescono a concentrarsi e a dedicarsi alle attività senza problemi, senza dover interagire assiduamente col proprio dispositivo mobile.
L’essere a stretto contatto col proprio dispositivo smartphone viene, in qualche modo, favorito anche dalle esigenze di alcuni genitori che vogliono avere la possibilità di contattare e monitorare gli spostamenti dei propri figli quando non sono a casa, motivo per cui, ai ragazzi viene sollecitato di portare sempre con sé il proprio cellulare. Esso rappresenta, soprattutto, lo strumento ideale per restare in contatto con la propria rete amicale e questo motivo spiega la pervasività e lo stretto legame tra ragazzo e cellulare. Sia in ambiente domestico da una stanza all’altra, sia all’esterno quando si esce per andare a scuola, all’allenamento o tra amici lo smartphone è sempre presente. Si genera, quindi, un ambiente di interazione continua, in cui la rete di relazioni è attivabile in ogni istante e in ogni luogo, motivo per cui i giovani percepiscono come una buona norma tenere il cellulare acceso in ogni momento e sempre a portata di mano (Mascheroni, 2010).
4. WhatsApp e il bisogno di “messaggiare”
L’importanza e le attenzioni che i ragazzi attribuiscono e dedicano agli smartphone di ultima generazione derivano da alcune caratteristiche tecniche insite a questi dispositivi e dalle opportunità che essi offrono: prima fra tutte la possibilità di connettersi alla rete, soprattutto in mobilità, permettendo così di usufruire di certi servizi che aiutano a mantenere il contatto con la propria rete di amici. Difatti, la connessione internet favorisce e stimola le attività comunicative dei ragazzi, permettendo loro di sfruttare le applicazioni di messaggistica istantanea e d’accesso diretto ai social network.
WhatsApp Messenger risulta essere l’applicazione di messaggistica istantanea, per smartphone, maggiormente utilizzata dai ragazzi intervistati, in quanto, una volta scaricata e installata sul proprio dispositivo, permette tramite il supporto della rete Internet di inviare in maniera immediata messaggi di testo e audio, rimanere in collegamento con la propria rete di contatti. Inoltre, questa applicazione di messaggistica mobile multi-piattaforma consente di scambiarsi messaggi coi propri contatti senza dover pagare SMS (www.whatsapp.com). Gli utenti possono, così, creare gruppi chiusi, scambiarsi messaggi illimitati, video, e messaggi audio multimediali. WhatsApp ha praticamente spodestato l’uso di chiamate e dei classici sms (short message service), rilegati oramai, solo a particolari situazioni:
Utilizzo gli sms solo con chi non ha WahtsApp [Luca, 17 anni].
Utilizzo lo smartphone principalmente per messaggiare con gli amici con i nuovi social network come WhatsApp, di chiamate ne faccio poche, solo con mio papà [Jari, 14 anni].
Le chiamate solo con mia mamma e il mio ragazzo [Denise, 17 anni].
WhatsApp mi è utile anche per la scuola, dato che è gratis, se mi serve qualcosa, chiedo a un amico, senza star lì a telefonare [Giulia, 16 anni]
Lo scavalcamento delle funzioni “classiche” del cellulare lo dimostra anche il fatto che quotidianamente i ragazzi inviano, in media tramite WhatsApp Messenger, circa un centinaio di messaggi (tramite Sms richiederebbe un costo troppo elevato) anche se in certi casi la quantità di messaggi inviati in una sola giornata ha raggiunto le mille unità.
Questa modalità di comunicazione è sostenuta soprattutto dal carattere immediato del servizio, dalla comodità di non dover attendere a lungo per una risposta e dalla consapevolezza di esser connesso/a con i propri contatti, perciò, sempre reperibile:
Se si blocca WhatsApp sono finita, mi sento fuori dal mondo [Emily, 16 anni].
Ben insediata nella quotidianità dei ragazzi, la pratica di inviare messaggi senza limiti, tramite WhatsApp, ha reso gli adolescenti sempre reattivi alla risposta. Non è un caso, a parer mio, che i ragazzi intervistati proprio durante lo svolgimento dell’intervista avessero sempre a portata di mano il proprio dispositivo mobile: gli smartphone venivano appoggiati sul tavolo in modo da avere sotto controllo il display o addirittura venivano tenuti in mano per tutta la durata dell’intervista, incuranti della mia presenza nel caso ci fosse bisogno di rispondere ad una chiamata o di inviare un messaggio testuale.
Questa applicazione si è diffusa ormai a macchia d’olio contando ormai circa cinquecento milioni di utenti attivi nel mondo (blog.whatsapp.com). Essa caratterizza un altro “spazio abitato della rete” in cui gli adolescenti trascorrono molto del loro tempo quotidiano.
5. Dimensione espressiva e popolarità
L’utilizzo dello smartphone avviene prevalentemente attraverso delle applicazioni che vengono scaricate e abilitate grazie alla connessione internet. Se WhatsApp risulta essere una delle applicazioni di messaggistica istantanea più usufruite dal pubblico giovanile, la meta internet privilegiata è quella dei siti di social network. La totalità degli adolescenti intervistati ha affermato che la modalità d’accesso ai siti di social network avviene tramite smartphone, anche se vi sono alcuni che accedono anche tramite il personal computer, considerato la prima alternativa in caso di mancanza o impossibilità d’utilizzo del telefono cellulare. Tramite smartphone l’accessibilità ai siti di social network può essere immediata, grazie alle applicazioni di riferimento, le quali, risparmiano all’utente la noia di dover inserire le credenziali e la password ogni qual volta si desidera accedere al sito. Questa operazione permette di risultare sempre connessi col proprio profilo, alimentando così il legame tra lo spazio reale e quello in rete. Tramite Facebook, per esempio, attivando le notifiche push (www.facebook.com) è possibile ricevere un avviso sul display dello smartphone, ogni qualvolta ci sia una notifica da visualizzare sul sito, così da rimanere sempre aggiornati.
Tutti i soggetti intervistati dispongono di un profilo personale su almeno tre siti di social network (Facebook, Instagram, Twitter, Ask.fm sono quelli più comuni), ma Facebook si distingue, essendo il social network più visitato e vissuto:
Facebook è sicuramente il migliore per comunicare, comprende un po’ tutto, c’è un chat, sulla home compaiono delle notizie e i tieni in contatto con gli amici. Facebook è diciamo quello più completo [Luca, 17 anni].
Tra le motivazioni che hanno spinto i ragazzi a creare un profilo su un social network vi sono la gratuità del servizio e, prevalentemente, perché già utilizzato da amici.
La maggioranza dei ragazzi ha ammesso che sarebbe molto difficile resistere un giorno senza cellulare e per molti di loro significherebbe, di conseguenza, non riuscire a comunicare con amici, conoscenti e non riuscire ad accedere ai siti di social network, rinunciando a svolgere quell’operazione di controllo visivo che svolgono abitudinariamente. Approfondendo questo discorso, ho cercato di comprendere come i ragazzi adolescenti gestiscono il proprio profilo personale sui siti di social network, ponendo molta attenzione alle attività che svolgono e al materiale che condividono online (informazioni private, fotografie e pensieri personali, ecc.).
Tutti gli adolescenti intervistati hanno dichiarato che una delle prime operazioni che hanno svolto quando hanno creato il profilo Facebook, per esempio, è stato quello di scegliere la propria foto profilo in modo da essere riconoscibili alla propria rete sociale online. Il mostrarsi agli altri è un aspetto fondamentale nella creazione e gestione di un profilo personale sui siti di social network, in cui la pratica del condividere contenuti risulta avere un forte significato.
Data la quantità del materiale fotografico pubblicato sui siti di social network dai candidati intervistati, potremmo supporre che l’arte della fotografia rappresenti la modalità espressiva maggiormente utilizzata e condivisa. Per esempio, in media gli adolescenti intervistati dispongono sul proprio profilo di circa duecentocinquanta fotografie in cui sono ritratti da singolarmente o in compagnia. La fotografia rappresenta il messaggio stesso che si vuole comunicare alla propria rete sociale.
La pratica del selfie (autoscatto), alimentata dai dispositivi smartphone, è molto diffusa tra i ragazzi intervistati, soprattutto in compagnia, anche se non mancano gli autoscatti individuali in cui, per esempio, si esibisce il nuovo abito da sera, i nuovi occhiali da sole, il nuovo taglio di capelli o un evento particolare, senza troppa distinzione tra maschi e femmine. Questa moda, lanciata da figure dello spettacolo, è presto diventata oggetto di emulazione per tantissime persone, soprattutto adolescenti, i quali, esibiscono sul proprio profilo molte immagini personali in primo piano o a figura intera. Vorrei far presente, nonostante non interessi direttamente i candidati dell’intervista, come sia molto attuale il rischio per gli adolescenti di eccedere nella pubblicazione di fotografie provocanti che lambiscono lo sfondo sessuale, allo scopo di ottenere apprezzamenti ed aumentare la propria popolarità, imitando gli scatti “proibiti” che modelle e figure dello spettacolo esibiscono sui propri profili Instagram o Facebook (www.socialmedialife.it).
Un aspetto molto interessante, molto comune tra gli adolescenti intervistati, riguarda la selezione del materiale fotografico prima di condividerlo sul proprio profilo social, in quanto, data la consapevolezza di essere visibili alla propria rete di amici, la fotografia deve dare un immagine di sé accettabile, ideale:
Magari se sono venuta male, con le occhiaie, cerco di evitare…magari metto quelle in cui sono più truccata (…) perché non mi piace [Deborah, 14 anni].
Scelgo le foto in cui sono venuta meglio, non è che ti vergogni però in un certo senso mi dà fastidio [Sofia, 14 anni].
Non ne faccio solo una di foto, ne faccio due o tre e scelgo quella più bella [Emily, 16 anni].
Si, tra quelle che ho caricato sul mio profilo ho scelto quelle più belle, quelle che più mi piacevano [Liam, 16 anni].
La consapevolezza di essere visibili su un sito di social network, implica anche la consapevolezza che, inevitabilmente, il contenuto pubblicato sul proprio profilo sarà oggetto di giudizio da parte degli utenti che compongono la rete: il cliccare sul pulsante “mi piace” rappresenta la più semplice espressione di gradimento, accompagnata dal commento positivo e dall’ulteriore condivisione del contenuto. Sebbene i ragazzi, durante le interviste, non abbiano espresso troppa importanza ai commenti o al numero di “mi piace” (like) ricevuti ai contenuti condivisi, hanno comunque confessato che faccia molto piacere ricevere giudizi positivi o vedere che il contenuto pubblicato abbia ottenuto molti “mi piace”:
Per alcuni è fondamentale il mi piace (…) se non lo ricevono ci rimangono male [Mirco, 18 anni].
Fa sempre piacere se a qualcuno piace quello che hai pubblicato perché significa che c’è qualcuno che segue e guarda ciò che metti [Jari, 14 anni].
Guarda, mi è successo una volta che per una foto sono arrivata a cento mi piace, tipo in un’ora…boh…mi sentivo più bella…e basta [Debora, 14 anni].
Nonostante la condivisione di contenuti sul proprio profilo non avvenga in maniera ossessiva da parte degli adolescenti intervistati, il cliccare il pulsante “mi piace” ai contenuti degli amici in rete è una pratica assolutamente consuetudinaria, tant’è che alcuni ragazzi utilizzano il pulsante like anche più di venti volte al giorno. Si potrebbe suppore che questo circolo vizioso tra condivisione del contenuto e relativo gradimento vada ad alimentare l’attività dei ragazzi sui social network. Il legame tra la condivisione di contenuti ed il numero di “mi piace” è un aspetto da non sottovalutare, soprattutto nel periodo adolescenziale, dove conta molto il giudizio altrui. Un aspetto curioso, in questa prospettiva è dato dal fatto che alcuni ragazzi ritengono il numero di “mi piace” ricevuti indice di popolarità. Ciò spiegherebbe o, quantomeno, potrebbe esser considerato il motivo per cui molti adolescenti siano molto attivi nella pubblicazione di contenuti sui siti di social network:
Se ottieni tanti mi piace, puoi magari avere anche la sensazione di essere popolare (…) però ce n’è di gente che ha tanti mi piace e poi in giro non la conosce nessuno” [Luciano, 16 anni].
Se la foto riceve tanti mi piace significa che è piaciuta, conosco una ragazza che continua a pubblicare foto e riceve tantissimi mi piace e questo la rende popolare” [Liam, 16 anni].
Inoltre, alcuni ragazzi sostengono che se si voglia condividere pensieri personali profondi o citazioni di qualche personaggio famoso, bisogna prestare molta attenzione, senza cadere nel banale, in quanto, c’è il rischio che non venga considerato dalla rete di amici e, quindi, si otterrebbero pochi mi piace, generando magari un senso di delusione temporanea.
Un altro aspetto emerso dalle interviste è la credenza più o meno diffusa, tra gli adolescenti, che ci siano delle fasce orarie idonee per ricevere maggior visibilità e, quindi, più probabilità di ricevere “mi piace” ai contenuti condivisi. Questo aspetto è supportato anche dalla presenza di molti blog e siti in rete che alimentano queste credenze, consigliando, sulla base di dati, l’orario perfetto per pubblicare contenuti sui social network. Nonostante ciò, l’essere popolari è considerata una condizione difficile da raggiungere, in quanto, non si basa solamente sui “mi piace” ricevuti, ma, soprattutto, sul numero di amicizie che si hanno. Per questo motivo, alcuni intervistati sono spinti ad accettare o a richiedere molte amicizie, anche da sconosciuti:
Su Facebook ho mille e passa amici, ma io non li aggiungo per comunicarci o parlarci, ma per avere tanti amici che comunque è un modo per essere popolari su Facebook l’avere tanti amici (…) aggiungo spesso anche chi non conosco (…) se non mi fido li blocco [Emily, 16 anni].
Sui siti di social network, specialmente Instagram e Facebook, più sono le persone con cui si stringe amicizia e maggiore sarà il numero delle persone che potranno visualizzare il profilo. La consapevolezza di avere la visibilità del proprio profilo verso un vasto pubblico può motivare coloro che sono alla ricerca della popolarità ad ampliare le amicizie, anche verso sconosciuti, col fine di ottenere molti mi pace ai contenuti condivisi.
I ragazzi intervistati hanno in media, circa, mille e trecento amici, un numero esageratamente elevato che non rispecchia ovviamente le amicizie nella vita reale, ma che sui siti di social network per alcuni significa popolarità.
6. La pratica del controllo
L’avere il cellulare smartphone sempre con sé, in qualsiasi luogo può comportarne un maggior utilizzo, a volte anche eccessivo, che si realizza in molti casi in una costante operazione di controllo. Si tratta di semplici atti che si traducono in guardare frequentemente il display in attesa di messaggi, nell’accesso continuo ai siti di social network allo scopo di leggere nuove notizie e i continui aggiornamenti di stato degli altri profili che compaiono sulla bacheca principale. A tal proposito ho cercato di valutare la frequenza e l’eventuale livello di dipendenza domandando in quali occasioni e con che costanza svolgono tale pratica:
Continuo a guardare il cellulare per whatsapp [Giulia, 16 anni].
Controllo Facebook ogni mezz’ora [Jari, 14 anni].
Se ho il cellulare in tasca non riesco a non controllare il cellulare [Luciano, 16 anni].
Ogni giorno salgo su Facebook o Instagram, ma anche per poco…leggo un po’ di cose” [Denise, 17].
Durante le interviste, gli adolescenti abbiano ammesso la difficoltà di rimanere senza cellulare o senza accedere a Facebook o alla rete in generale, tant’è che queste pratiche di controllo e di attenzione verso se stessi e quello che compiono gli altri online, sono diventate molto frequenti e comuni per tantissimi ragazzi. Questa pratica viene effettuata fino al momento di andare a dormire, in cui il cellulare, assieme alla televisione, ha preso il posto dei libri per stimolare il sonno dei ragazzi.
Questo utilizzo, quasi compulsivo, può esser paragonato a quello che è stato definito Crackberr ossia quell’ossessiva necessità di controllare lo smartphone per vedere se sono arrivati messaggi, una forma di dipendenza paragonabile allo shopping compulsivo o al gioco d’azzardo.
Oltre alle attività di controllo messe in pratica dagli adolescenti verso i dispositivi smartphone, vi è anche quello esercitato dai genitori sui propri figli, soprattutto per quanto riguarda i contenuti condivisi in rete. La quasi totalità degli adolescenti intervistati ha almeno un genitore iscritto a Facebook con il quale ha un legame d’amicizia, così che le attività ed il profilo possano essere monitorati. Sebbene l’attività di controllo non avvenga in maniera assidua, questa ha una certa influenza su alcuni ragazzi:
Prima di pubblicare una foto chiedo sempre il permesso a mio papà [Jari, 14 anni].
Per creare il profilo Facebook e Instagram ho chiesto il permesso a mia mamma (…) mi controlla ogni tanto il profilo, magari qualche volta mi dice di cambiare foto, ma niente di più [Sofia, 14 anni].
Tuttavia, la presenza dei genitori sui social network non sembra provocare disagio nei ragazzi e non crea troppe preoccupazioni, in quanto, alcuni sono riusciti ad eludere l’attività di supervisione del genitore bloccando la visualizzazione del profilo o del contenuto.
Oltre a queste considerazioni, molti genitori non mostrano particolare interesse all’utilizzo che i figli fanno del proprio cellulare smartphone, adottando una politica della fiducia, lasciando ai ragazzi, quindi, piena libertà di agire.
7. Osservazioni conclusive sull’analisi delle interviste
Sulla base dei dati raccolti è possibile notare la grande naturalezza con cui gli adolescenti utilizzano determinati dispositivi tecnologici. La dimestichezza con cui si muovono tra gli spazi online e offline è il risultato di un’abitudine e di un allenamento che inizia fin dalla giovane età, da quando si comincia a utilizzare il computer di casa per motivi scolastici o ludici, a quando si prende confidenza col cellulare di un genitore fino ad averne uno proprio, all’età di dieci anni. Accanto a strumenti quali la televisione, il lettore musicale i-Pod o le console game come la PlayStation4, si erge il cellulare smartphone che domina le modalità comunicative e d’intrattenimento quotidiane degli adolescenti. Infatti, tramite questo strumento i ragazzi vedono aumentare e allo stesso tempo soddisfare la propria sete di comunicazione, il bisogno di “messaggiare”, alimentato dalla rete Internet che rende la trasmissione di messaggi veloce e immediata. L’avere sempre con sé lo smartphone in ogni luogo, persino a scuola e soprattutto nel tempo libero, è caratteristica comune, favorita, come già affermato, dalla connessione Internet. Questo canale (il cellulare) permette di abitare la rete, di essere connessi, di mantenere i contatti, tanto da motivare e stimolare costantemente l’attività dei ragazzi. L’attenzione si sposta sui siti di social network, in cui i ragazzi sono molto attivi, in quanto, accedono ogni giorno per più volte al giorno ed affermano di avere un profilo su più piattaforme social, ma Facebook risulta essere la preferita.
I ragazzi intervistati vivono e gestiscono il profilo sui social network in funzione espressiva, un luogo per la presentazione del sé, una “ribalta” in senso goffmaniano (Goffman, 1997), un luogo che possono adattare ai propri stati d’animo o alle mode del momento. Il modello d’uso prevalente dei profili personali sembra esser rappresentato dal mantenimento e rafforzamento di legami già esistenti. Vero è però che accanto ai legami forti, i contatti online comprendono una varietà di legami deboli che sono i ponti che permettono di uscire dal perimetro dei legami forti, permettendo quindi di ampliare la propria rete, agendo da collegamento verso nuovi soggetti e nuove esperienze (Riva, 2010).
Il vincolo dell’amicizia permette di aumentare il numero dei membri della propria rete sociale, consentendo al proprio profilo di essere visibile a molte persone, ma soprattutto, è un modo per essere e per sentirsi popolari. Questo concetto, emerso durante le interviste, sembra essere uno status a cui molti ragazzi ambiscono, ma che gli adolescenti intervistati non rincorrono. Un altro modo per raggiungere e alimentare la propria popolarità è la pubblicazione/condivisione di contenuti, soprattutto materiale fotografico, una delle attività più praticate dagli adolescenti, incoraggiata dal gradimento che i membri della rete possono esprimere. L’espressione “mi piace” rappresenta la caratteristica più comune e rappresentante di Facebook, attraverso il quale le persone, senza commentare, esprimono il loro apprezzamento ad un contenuto condiviso. Se un contenuto totalizza molti “mi piace” può dare una sensazione positiva, di popolarità; l’opposto, cioè non ottenere gradimento rende l’effetto opposto. Il rischio è attribuire troppo valore a questo apprezzamento, sopravalutare il gradimento, tant’è che la scelta delle fotografie da condividere avviene dopo una selezione da parte dei ragazzi, i quali sono attenti a dare una certa immagine di sé. Questo aspetto può dare alcune indicazioni riguardo all’investimento identitario ed emotivo che gli adolescenti effettuano sui siti di social network.
Infine, la pervasività del controllo sul proprio dispositivo è una caratteristica molto comune tra gli adolescenti, la cui attenzione, sebbene possa essere gestita e distribuita su più strumenti o più compiti contemporaneamente (abilità del multitasking), rappresenta una costante sullo smartphone. L’utilizzo dello smartphone, spesso, è associato ad operazioni di controllo visivo del proprio profilo online, dei messaggi ricevuti, o dell’orario, in quanto, la quasi totalità degli adolescenti intervistati non disponeva di un orologio al polso, ma faceva riferimento a quello del cellulare.
La supervisione dei genitori sui figli, nella maggioranza dei casi, è limitata alla gestione del profilo sui siti di social network con particolare attenzione al materiale condiviso. Inoltre, in famiglia, viene fatta rispettare la regola di non utilizzare dispositivi tecnologici durante i pasti, soprattutto durante la cena, in modo da non ostacolare la comunicazione faccia a faccia. Tuttavia, la mobilità dei dispositivi smartphone consente ai ragazzi di utilizzare e accedere ai contenuti mediali in qualsiasi luogo della casa, indebolendo così, la capacità di sorveglianza dei genitori, anche in riferimento ai contenuti vietati ai minori e ai rischi che si potrebbero incorrere in rete.
Conclusioni
Il rapporto tra gli adolescenti e le tecnologie comunicative riflette abbastanza nitidamente uno dei tratti distintivi della società globalizzata: l’essere “sempre connessi” (Scabini, Rossi, 2013).
La potenza e la facilità di connessione dei dispositivi mobili hanno trasferito il consumo tecnologico all’esterno delle pareti domestiche e verso un utilizzo sempre più individualizzato. L’onnipresenza dei cellulari smartphone e l’importanza che gli adolescenti attribuiscono a questi strumenti può essere spiegata dalle attività, dagli interessi e finalità di carattere comunicativo che caratterizzano la loro quotidianità, come sostenuto dalla teoria della domestiction. Il bisogno di “messaggiare” e di restare in contatto con la propria rete amicale è ciò che stimola e incoraggia maggiormente il forte utilizzo dei dispositivi smartphone, alimentando quell’ambiente di interazione continua che, si suppone, ostacoli o azzeri qualsiasi sensazione di esclusione. La creazione di un profilo personale su un sito di social network è diventata una norma. I siti di social network rappresentano gli spazi abitati della rete, in cui gli adolescenti trovano un’altra opportunità per soddisfare il bisogno di relazione, con l’aggiunta di poter mettere in “vetrina” se stessi. Potremmo supporre che la condivisione di gusti ed informazioni personali, soprattutto di fotografie, qualifichi il loro modo di stare al mondo ed è una pratica a cui viene attribuita molta importanza. Il bisogno di dare un immagine di sé accettabile, ideale, rispecchia la persistente centralità della cultura visuale in cui viviamo.
La fase dell’adolescenza risente molto del confronto con gli altri, tant’è che la dimensione sociale e comunicativa dei social network può aiutare ad interpretare e a vivere il giudizio degli altri in un duplice modo: come rinforzo dell’idea che il soggetto ha di se stesso e/o come dipendenza che rischia di non dare autonomia emotiva.
All’interno di questo lavoro i siti di social network sono stati rappresentati, secondo la definizione offerta da Riva (2013), cioè come dei luoghi digitali che consentono agli utenti di gestire sia la propria rete sociale, sia la propria identità sociale. Sono degli spazi sociali ibridi, in quanto formati contemporaneamente da legami virtuali e da legami reali. Accanto alle opportunità già descritte in precedenza, va tenuto conto che questi spazi abitati della rete non son privi di pericoli che sono resi espliciti dai seguenti tre paradossi che caratterizzano le relazioni al suo interno (Riva, 2013):
In primo luogo nei social network il soggetto diventa per i propri interlocutori quello che comunica, in quanto il soggetto può organizzare in maniera strategica la propria presentazione in modo da trasmettere un’immagine di sé ben precisa (impression management). Questo aspetto, oltre alle opportunità già descritte, implica problemi di instabilità e mancanza di sicurezza. Infatti, sui siti di social network se facilmente possiamo cambiare la nostra identità è altrettanto facile per gli utenti che compongono la nostra rete intervenire sulla nostra identità sociale. Nonostante i nostri sforzi per decidere come presentarci, infatti l’intervento esterno può improvvisamente modificare tale immagine, provocando una mancanza di sicurezza. Un esempio a questo proposito è l’uso del tagging (etichettare) con cui nei social network è possibile associare a un amico, senza che lui lo voglia, un’immagine in cui lui è presente o una nota di testo a lui riferita. Il risultato è un’identità fluida (Riva, 2010) che è allo stesso tempo flessibile ma precaria, mutevole e incerta, che può diventare un problema per un adolescente che sta cercando di costruire la propria identità.
In secondo luogo bisogna considerare che tantissime persone non si limitano ad avere un profilo su un’unica piattaforma, ma in molti casi la stessa persona si trova ad esser presente su più siti di social network. La partecipazione e la scelta di cosa pubblicare su ciascuno di essi rappresenta quello che è stato definito come personal branding, ovvero una forma avanzata di gestione della propria identità sociale. Sebbene questa promozione di se stessi possa avere risultati efficaci sia a livello relazionale che professionale, la facilità di creazione e condivisione di contenuti sui social network allo stesso tempo, rende disponibili una grande quantità di dati e informazioni personali (dati anagrafici, gusti personali, relazioni, attività preferite, posti visitati, ecc.). La scia di informazioni rilasciate dalle diverse identità virtuali che abbiamo creato può essere facilmente ripercorsa da altri per ricostruire la nostra identità reale, col rischio di essere utilizzate a scopi professionali (ad esempio, per valutare un candidato in un colloquio di lavoro) o fraudolenti, attraverso il furto d’identità (identity theft). La tutela della privacy è messa a rischio dal fatto che l’inserimento dei propri dati, dei propri commenti, delle proprie fotografie in un social network costruisce una memoria storica della propria attività e personalità che rimane disponibile online anche dopo diversi anni. Inoltre, l’eccessivo esibizionismo e la condivisione universale non aiutano a proteggere i dati personali.
Il terzo aspetto da considerare è di tipo relazionale. Nei social network non vi è distinzione tra i legami sociali, un amico è uguale agli altri amici. Questa mancata distinzione tra legami deboli (conoscenti) e legami forti (amici intimi, familiari, parenti) rappresenta un potenziale problema, in quanto non sono possibili differenze di ruoli con i membri della rete di riferimento e questo non permette al soggetto di separare chiaramente i diversi contesti di frequentazione e i ruoli che assume, rischiando di mettere a repentaglio la propria reputazione. Più precisamente, se nella vita reale la relazione con i legami deboli è regolata da ruoli (per esempio, sono professore con i miei studenti, sono allenatore con i miei giocatori, sono educatore con i bambini del gruppo estivo) che implicano una descrizione e determinati comportamenti, nei siti di social network queste relazioni tendono a confondersi. Perciò, la mancata distinzione tra gli “amici” che compongo la rete richiederebbe, da parte degli utenti, una maggiore attenzione alle informazioni condivise ed ai comportamenti che si attuano online.
Oltre ai paradossi individuati da Riva (2010), va rammentato che il successo dei social network può nascondere altre insidie. Tra queste possiamo considerare un eccessivo uso che può portare ad una dipendenza dai social network, associabile ad un vero e proprio disturbo di dipendenza da Internet, con pesanti ripercussioni sulla dimensione relazionale.
Di fronte a queste problematiche è necessario pendere in considerazione il ruolo dei genitori che possano supportare e promuovere forme di fruizione mediale consapevoli e sicure. «L’esperienza della rete deve essere mediata e tale mediazione spetta in larga misura ai genitori, ritenuti uno snodo cruciale che deve essere in grado di esercitare, a seconda dell’età del ragazzo, una funzione decisamente normativa e di controllo, o una funzione emancipativa e di orientamento» (Regalia et al., 2013). La centralità della famiglia come intreccio di relazioni e sistema culturale viene evidenziato anche nella teoria della domestication, precedentemente descritta, in cui è dato risalto ai valori, alle pratiche e allo stile di vita, che orientano gli atteggiamenti dei membri della famiglia nei confronti dei media. Inoltre, la consapevolezza riguardo ai rischi di internet da parte dei genitori può positivamente modellare un’esperienza online più sicura e positiva (Mascheroni, 2013).
I dati della ricerca Eu Kids Online II (Masceroni, 2013) hanno fornito un quadro della situazione italiana relativa alla qualità dell’esperienza online, mettendo a confronto genitori e figli. Sebbene la grande maggioranza dei genitori italiani sia impegnata in pratiche di mediazione attiva riguardo l’uso e la sicurezza online, sfortunatamente si tende ancora a sottostimare i rischi della rete Internet. Esempi di questo tipo di rischi sono il facile accesso a siti pornografici e il sexting (Mascheroni, 2013).
Una maggiore e migliore informazione sugli effetti legati alle attività che si svolgono in rete, tra cui anche una semplice condivisione di dati e contenuti personali, potrebbe generare maggiore consapevolezza dei rischi connessi e determinarne un uso più responsabile.
Vincenzo Cascino
Psicologo, PhD. In Scienze pedagogiche presso Università G. Marconi-Roma, Docente, Formatore. Sipsarivista.org
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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela
Conclave 2025: rischio cortocircuito ed elezioni invalide
Pubblicato
11 ore fail
5 Maggio 2025di
redazione
Dal nostro lettore Roberto Loggia, riceviamo e pubblichiamo

“Papa Francesco ci ha lasciati e riteniamo di poter affermare che anche coloro i quali avevano sollevato delle possibili criticità riguardo alla sua elezione e al suo operato si siano alla fine commossi davanti alla patente sofferenza di un uomo al quale va comunque riconosciuta una coerenza, negli anni, davvero eccezionale rispetto alla linea assunta sin da subito nell’esercizio del ministero petrino.Ma oramai questa è storia che forse nei mesi e negli anni a venire meglio comprenderemo.
Oggi invece occorre procedere all’elezione di un nuovo Papa. Oramai ci siamo, è davvero questione di ore!Dovrà quindi tenersi un conclave, cioè un’adunanza di tutti i cardinali aventi diritto al voto (quelli di età inferiore agli ottanta anni), in seno a cui ciascuno esprimerà la sua preferenza ed al termine del quale sarà eletto, appunto, il Papa.Il conclave – com’è noto – è regolato da una serie di norme di diritto canonico e di documenti magisteriali della Chiesa che ne stabiliscono tempistiche e modalità e l’osservanza di tali norme è fondamentale al fine di conferire validità all’elezione stessa e quindi legittimità al Pontefice eletto.Si badi, non si tratta di mere formalità o di tecnicismi di sorta giacché la violazione di tali norme non comporterebbe effetti soltanto giuridici ma –per chi ha fede- altresì una mancanza nei confronti di Dio stesso e della Sua Volontà.
Il diritto canonico è ampiamente considerato, infatti, come un’espressione della volontà di Dio rivelata attraverso le Sacre Scritture e la tradizione della Chiesa e, pertanto, la consapevole e deliberata violazione delle norme che lo costituiscono va senz’altro interpretata come un allontanamento dalla Divina Volontà, oltre che una trasgressione dei principi morali e religiosi che da Essa derivano.Detto più semplicemente qualora nello svolgimento del Conclave non venissero rispettate tutte le norme che lo regolano, quello che verrebbe eletto sarebbe, non soltanto un Papa non validamente eletto sul piano giuridico (cioè un antipapa), ma anche un soggetto scelto per volontà umana ma non divina.Se poi quelle violazioni fossero commesse con inganno e con l’intento deliberato di realizzare un disegno proprio, in opposizione a quello di Dio, potremmo allora affermare che quella volontà –e l’elezione che ne deriverebbe- sarebbe da attribuire, non soltanto all’uomo, ma persino a colui che di Dio è l’oppositore per eccellenza: il diavolo.
Ecco allora che è fondamentale che tutto si svolga nel massimo rispetto delle norme della Chiesa e sotto questo aspetto risulta preoccupante che a poche ore dal conclave, forse non siano state (adeguatamente) affrontate due questioni essenziali sollevate da più parti nei giorni scorsi da autorevoli personalità.La prima (più nota ed importante) afferisce alla validità del precedente conclave del 2013, messa in dubbio da diverse, insigni, personalità -teologi, sacerdoti, giuristi, giornalisti d’inchiesta, etc.- in ragione del fatto che Benedetto XVI avrebbe rinunciato soltanto al munus e non anche al ministerium ed alla conseguente, ritenuta, invalidità del papato di Francesco che avrebbe reso nulle le nomine dei cardinali da lui operate e che richiederebbe, adesso, l’estromissione di questi ultimi dal conclave (degno di nota risulta sul punto risulta il fatto che sulla questione, il 12 aprile scorso, a seguito di formale convocazione, è stato sentito il Dott. Andrea Cionci dai Magistrati della Procura Vaticana).
La seconda, invece, anch’essa di natura giuridica, è tutta nuova ed afferisce all’art. 33 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, per il quale “Il numero massimo di Cardinali elettori non deve superare i centoventi” (come peraltro prescriveva anche la precedente Costituzione Apostolica “Romano Pontifici Eligendo” del 1975), mentre quelli che oggi avrebbero diritto a votare, al netto dei rinunciatari, sono 133. Vi sarebbe quindi un esubero di 13 cardinali dovuto al fatto che Papa Francesco, nel corso del suo ministero, ha nominato un gran numero di cardinali: 163 di cui, oggi, 108 elettori.Nella stessa Costituzione Apostolica, al successivo art. 35, è però previsto che “Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto…” e cioè che nessuno dei predetti 133 cardinali (qualora effettivamente tali) possa essere estromesso dall’elezione.Il combinato delle due predette norme (l’art. 35 e l’art. 33), rapportato alla situazione in essere, determina quindi un contrasto di norme che i giuristi sono soliti definire cortocircuito normativo di cui invero si è già occupata la Congregazione dei cardinali, pervenendo però ad una conclusione che, a detta di alcuni, lascia spazio però a qualche incertezza: i prìncipi della Chiesa hanno difatti affermato che Papa Francesco, avendo creato un numero di porporati superiore a 120 avrebbe dispensato dalla disposizione legislativa (dall’art. 33 della UDG) e, pertanto, a norma di altre norme della stessa Costituzione Apostolica, avrebbero, tutti, acquisito diritto di voto.
Rimane però il fatto che la dispensa effettivamente non c’è, né potrebbe sopravvenire adesso che Francesco purtroppo non è più fra noi: darla per implicita pare un po’ avventato, anche sotto il profilo del rispetto delle facoltà di autodeterminazione dello stesso Francesco: chi può esser realmente certo riguardo alla sua (presunta) volontà di voler derogare dalla norma, sia all’epoca delle nomine che, in ottica di fede, anche in punto di morte?E quindi come si fa a ritenerla implicitamente affermata in relazione al numero di cardinali nominati?Le due cose stanno infatti su piani separati e ciò sebbene sia stato evidenziato che il superamento si sarebbe verificato anche negli altri “pontificati” fra cui, a titolo di esempio (è stato citato) quello di Giovanni Paolo II.Ma un conto è il numero complessivo di nomine cardinalizie (che può ben essere superiore a 120) ed un altro, ben diverso, quello dei cardinali che entrano in conclave per eleggere il Papa.
E sotto questo aspetto il numero di 120 pare che non sia stato mai superato, nemmeno per l’elezione, appunto, di Giovanni Paolo II che fu eletto, appunto, da “soli” 111 cardinali elettori. In realtà sussistono alcuni elementi per poter invece ritenere che l’art. 33 della UDG sia una norma che non possa essere disattesa (almeno in regime di sede vacante come quello attuale in cui manca un Pontefice che quale Autorità Suprema vi possa derogare), tanto più che Paolo VI, riferendosi ai cardinali, vi aggiunse persino una clausola con cui ha dichiarato “nulli e invalidi i loro atti, che in qualunque modo tentassero temerariamente di modificare il sistema o il corpo elettorale”.Ci pare quindi di essere in presenza di un problema davvero enorme, forse –lo si osserva con assoluto riguardo – affrontato con una certa leggerezza e rispetto al quale paiono davvero marginali e persino irrilevanti i temi trattati dai media e dalle testate giornalistiche in ordine agli orientamenti prevalenti, alle previsioni di voto ed alla contrapposizione fra progressisti e conservatori.
Di fronte a questa irresolutezza – che peraltro costituisce il punto apicale di un periodo a dir poco controverso nel governo della Chiesa – speriamo e preghiamo sino alla fine affinché coloro i quali ne hanno il potere vogliano far chiarezza sia sulla prima che sulla seconda delle due questioni, e quindi vogliano disporre quegli atti necessari a garantire al popolo di Dio e al mondo intero l’elezione di un vero e legittimo Papa che possa risultare chiaramente ed incontrovertibilmente tale.
Qualche tempo fa ci si era ripromessi di non scrivere più nulla sulla materia ma vista la gravità della situazione che si prospetta ci si è sentiti in dovere di derogare quest’unica volta a tale promessa: qualora non si riuscisse ad eleggere un Papa che sia indubitabilmente tale si rischierebbe non soltanto di non avere un vero Papa (già in base al solo principio per il quale Papa dubius Papa nullus) ma soprattutto di interrompere definitivamente la successione petrina e così, in ottica di fede (ed è soltanto ai credenti che è rivolta quest’ultima affermazione), di anticipare la fine dei tempi”.
Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela
Dilettanti allo sbaraglio! il futuro di Gela sarà in mano al destino o alla fortuna?
Pubblicato
2 giorni fail
4 Maggio 2025di
redazione
Dal nostro lettore Alfio Agró, riceviamo e pubblichiamo.
Anche in questa legislatura non saranno competenza e capacità umana a decidere le sorti della città.
Come ci si può fidare di una giunta comunale composta da assessori che non hanno la minima competenza professionale del settore assegnato a ciascuno di loro?
Per di più assessori nominati senza alcun programma personale e senza obiettivi.Già siamo al terzo assessore al turismo in pochi mesi di governo e si prevedono altri rimpasti al solo scopo di accontentare i più ambiziosi e promuoverne la carriera politica. Vogliono farci credere che s’impegnano per la città e non per i propri interessi.
Per questo, anzi per questi signori, Gela diventerà sempre più povera, disastrata, denigrata e derisa, nonostante la natura l’abbia dotata di immense potenzialità che se questi signori sapessero valorizzate avremmo un’altra Gela, ricca, laboriosa, rispettata, credibile ed affidabile per attrarre finanziamenti pubblici e investimenti privati.
Assessori senza competenza, nessuna programmazione e neanche un piano di sviluppo economico occupazionale e sociale, in una città che non ha lavoro e né sa come promuoverlo, è veramente assurdo! In queste condizioni, come sempre, la nostra Gela sarà costretta a vivere alla giornata, sino al prossimo dissesto finanziario.
Una politica responsabile, che ha competenza professionale, non può assolutamente fare a meno di un serio piano di sviluppo senza una visione di futuro della città, nel breve, medio e lungo termine, nonchè della visione del passato, per non ripetere gli errori commessi. Naturalmente, questo piano dovrà tenere conto dell’alta vocazione turistica del territorio e di come valorizzarne le immense potenzialità, per renderle fruibili e ricavarne ricchezza e lavoro per la città e per i cittadini gelesi.
Incredibili potenzialità che indicano nel settore turistico, culturale e sportivo il volano di una rinascita economica di notevoli proporzioni e per migliaia di posti di lavoro.Di tutto questo, neanche l’ombra! Navighiamo nel buio! Quello che viene ci prendiamo! Assurdo!Ci sono città che non hanno potenziali ricchezze, eppure, le inventano e le creano artificialmente valorizzando i loro cervelli! Che bravi!
Ed assurdo per noi! Gravissimo che i nostri politici non sappiano promuovere il lavoro e preferiscano delegare questo loro dovere costituzionale a Roma ed a Palermo ed anche all’Eni. Cosa potrebbe regalarci, come sviluppo e lavoro, il governo nazionale? Sicuramente conoscendo la nostra fame di royalties ci potrebbe promettere una stupenda centrale nucleare di nuovissima generazione con posti di lavoro e royalties a volontà!
Mentre Palermo potrebbe riproporci il termovalorizzatore (l’Eni, sicuramente, darà massima disponibilità ad accoglierlo a Gela) per ottenere altri posti di lavoro e royalties in abbondanza. Questo è il futuro che ci attende, con certi politici, se non staremo con gli occhi aperti!”
Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela
Il dramma dei dializzati, gli ascensori fuori uso e non c’è dialogo
Pubblicato
7 giorni fail
29 Aprile 2025di
redazione
Da Antonio Ruvio riceviamo e pubblichiamo:
Dopo l’odissea degli spazi ridotti negli ospedali e parcheggi riservati inesistenti, il dramma dei dializzati all’ospedale di Gela: ho incontrato il Direttore Sanitario che dopo aver parlato delle problematiche dei parcheggi,ricordandogli che il cantiere dei lavori è in via Europa quindi l’area parcheggi di via palazzi potrebbe tornare alla normalita’, mi da un appuntamento per vedere di risolvere il problema, ebbene non solo non si è presentato all’appuntamento ma non si fa piu trovare. Tutto questo è vergognoso ed inammissibile ! Ci sentiamo denigrati e offesi poiché non si ha rispetto delle problematiche e nessuno vuole ascoltare la nostra voce . L’altra vergogna è che da qualche settimana gli ascensori sono fuori servizio, le donne in gravidanza devono farsi 5 piani per le visite. Le finestre rotte che non puoi aprire perché rischi che pezzi di vetro ti vadano addosso.
Sappiamo che la gestione è politica e non sanitaria. Dunque cari politicanti sarebbe rispettoso nei confronti di tutti noi gelesi prendervi cura di ciò che abbiamo fortunatamente e non di lasciare tutto in rovina. Non siate complici di questo degrado!Perche’ la politica non interviene per mettere fine a questa vergogna? Perche’è complice di questo degrado.

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