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Gli scatti vip di Sonia Aloisi, “ringrazio Dio ogni istante della mia vita”

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“E’ il destino che mi ha portato a Gela e mi ha dato l’opportunità di conoscere mio marito che considero la ricompensa che Dio ha deciso per me….”

Quando fato e credenze si intrecciano, è un’esplosione di gioia. La stessa che prova tuttora la fotografa Sonia Aloisi, torinese d’origine ma gelese d’adozione.

“Da parte di mamma sono comunque siciliana,  quindi in Sicilia scendevo spesso anche da piccola per qualche mese di ferie coi nonni” – ci tiene a precisare. Il richiamo materno è indissolubile. Sempre, ad ogni latitudine.

Hai trasformato la passione in lavoro. Come e perché ti sei innamorata della fotografia?

“Penso che abbia sempre fatto parte di me. Ho foto in cui,  avevo appena 5-6 anni, portavo la macchina fotografica al collo, di quelle con le immagini prestampate all’interno. C’è differenza tra fare il fotografo ed essere un fotografo: io penso di esserlo sempre stata anche quando non sapevo cosa fosse la tecnica. Mi ha sempre affascinato il fatto che l’unica cosa che blocca il tempo, che tiene vivo il ricordo,  sia proprio una foto, è l’unica cosa che resta di un ricordo, di un luogo, di una persona cara”.

Hai conseguito la laurea triennale in psicologia ma alla fine hai deciso di non percorrere questa strada. Perché?

“In realtà il mio unico vero grande sogno era diventare medico, ma per una serie di circostanze familiari non mi è stato possibile e questo rimarrà per sempre il mio unico rimpianto. Essendo molto brava a scuola ho optato per un altro indirizzo consono al mio diploma. Adesso invece mi sono iscritta nuovamente all’università scegliendo scienze della comunicazione con indirizzo digital marketing…una grande sfida per me perché incastrare lavoro, famiglia e studio non è semplice. Ma la forza di volontà tutto puo!”

Qual è il tuo stile di foto?

“Non amo classificare o collocare le foto in uno schema, perché ogni storia da raccontare ha dei parametri diversi. Amo alternare delle foto composte e studiate a foto più spontanee. Oggi va molto di moda parlare di “reportage” ma in Italia è impossibile realizzarlo perché siamo legati alle tradizioni, abbiamo un modo diverso di concepire la fotografia, che non è né meglio né peggio, semplicemente diverso. La foto è un linguaggio:  parla, emoziona, analizza e racconta del soggetto ma anche tanto di chi la scatta. Ecco perché non amo rilegare le mie foto all’interno di uno standard, perché per me l’unica cosa che conta è che raccontino una storia. Anzi la storia di chi si è affidato a me”.

I tuoi scatti piacciono e la dimostrazione, negli anni, è arrivata dalle grandi riviste italiane che si occupano prevalentemente di moda. Quando ti hanno contattata, cosa hai pensato?

“Che erano pazzi!  Scherzi a parte, penso che abbia colpito l’idea originale, un po’ fuori dagli schemi. Sicuramente è stata una bella dose di autostima e di soddisfazione”.

Non solo riviste, ma anche set cinematografici, tra cui “Thid Person” di Paul Haggis e il “Tredicesimo apostolo”. Che esperienze sono state e come si sono intrecciate le vostre vite?

“Meravigliose! Conoscere il premio Oscar Liam Neeson è stato un sogno. Ero andata con la scuola a vedere al cinema “Schindler list”, e dopo un po’ di anni proprio lui era davanti a me e alla mia macchina fotografica. Ed è stata la conferma di come persone così grandi e talentuose fossero così umili e semplici. Le esperienze romane anche con Claudio Gioe’ e Claudia Pandolfi le porterò sempre nel cuore, vedere e soprattutto partecipare a quelle fiction è stato un grande insegnamento, tecnico e umano”.

Entusiasmante l’esperienza provata al festival di Sanremo nel 2015, al fianco di Emma Marrone, di cui hai curato l’immagine del dietro le quinte?

“Emma mi è sempre piaciuta moltissimo, per il suo carattere, le sue idee, le sue battaglie sociali, soprattutto dopo essere stata operata per la terza volta di cancro. Essere al suo fianco in un posto sacro per la musica come l’Ariston è stato inebriante. Non si può capire che macchina perfetta ma isterica sia il dietro le quinte di uno spettacolo così importante… migliaia di persone che lavorano come soldati, nessuno può sbagliare o tardare anche solo di un minuto”.

Hai lavorato anche per Gianni Sperti,  per Alessandra Amoroso e Paolo Bonolis. In particolare, di cosa ti sei occupata?

“Per Bonolis il lavoro è stato continuativo, per quattro anni sono stata la fotografa della linea di abbigliamento di sua figlia Adele e di sua moglie Sonia, persona meravigliosa con la quale ancora oggi ho un bellissimo rapporto. Gianni invece mi contatto’ direttamente, dopo avere visto alcune delle foto che avevo scattato, tramite la sua truccatrice, amica mia ma anche di Alessandra Amoroso. In particolar modo era rimasto colpito dalla post produzione delle mie foto e voleva realizzare un servizio fotografico esterno che seguisse quella linea, non posato in studio.  In meno di due giorni organizzammo tutto e partii per Roma. Per Alessandra invece mi sono occupata di realizzare il servizio fotografico all’Arena di Verona, altro tempio sacro per la musica. Ricordo che quando vidi da dietro le quinte 20 mila persone, scoppiai a piangere dall’emozione, perché se apparentemente tutto può sembrare facile, dietro c’è sempre tanto studio, costanza e soprattutto testardaggine”.

Eri stata anche contattata per immortalare Eros Ramazzotti durante i suoi concerti, ma un gravissimo lutto non te lo ha permesso

“Anche Eros mi contatto’ direttamente, ancora conservo le nostre conversazioni, e ancora ci scriviamo di tanto in tanto. Dovevo andare all’Olimpico di Roma, ma un paio di giorni prima mori’ mio padre e l’accordo salto’. O meglio è stato semplicemente posticipato ad altra occasione, che sono certa arriverà. E da lassù, papà ne sarà contento…”

Accennavamo alla famiglia…Cosa rappresenta per te?

“Tutto! È il mio punto fermo, è la mia radice, è l’unico posto in cui torno sempre. Non esiste lavoro, successo, soldi che valgano o abbiano importanza se non hai accanto chi ami.  Perché tutto passa, i periodi buoni e brutti si alternano, la gente intorno è solo di passaggio o approfitta del “momento di gloria”, o giudica pensando di conoscerti . Forse all’apparenza non sembra perché il mio lavoro mi porta ad avere migliaia di conoscenze, e per natura sono una persona molto socievole, ma in questo sono molto selettiva: non permetto a tutti di entrare nei miei spazi privati, mi apro solo con chi decido io, e le mie vere amicizie sono sempre le stesse da 20 anni a questa parte. Niente e nessuno può distrarmi dall’amore che ho per mio marito e per quei pochi veri amici che ho e che considero una seconda famiglia”.

I tuoi cari hanno sempre sposato le tue idee per il lavoro che fai?

“Si. Sempre. Perché conoscendomi davvero sanno perfettamente che se mi metto in testa una cosa è solo questione di tempo ma ci riuscirò’ . Sanno che ho un ottimo intuito e sono talmente testarda che se decido di ottenere qualcosa, studio finché non ci sarò riuscita. Sono sempre stata così, ho sempre bisogno di tenere il cervello in movimento e appena ottengo un risultato professionale ne ho già adocchiato un altro.  Oramai sono rassegnati”.

Nella vita privata, chi è Sonia Aloisi?

“Una persona completamente diversa da ciò che sembra. Sono sempre allegra ma molto spesso introspettiva e malinconica, ho momenti in cui voglio stare sola e in silenzio per i fatti miei. Sono molto altruista ed empatica, troppo sensibile (e ho capito negli anni che forse è più un difetto che un pregio). Alle persone che amo do tutta me stessa, ma pretendo altrettanto. Nonostante il mio lavoro imponga altro, odio la tecnologia, o meglio non sopporto più l’abuso che se ne fa. Ha sostituto per molti la vita reale: io sono rimasta ancorata al bigliettino scritto carta e penna, a quattro chiacchiere faccia a faccia, agli abbracci e ai baci con chi amo. La tecnologia avrebbe dovuto migliorarla la vita, non sostituirla”.

Tornando indietro nel tempo, cosa non rifaresti?

“Non sono quel tipo di persona che rinnega nulla, manco gli sbagli”.

Deduco che sei fortemente credente in Dio

“Si, ma ho imparato negli anni ad avere un dialogo con Lui. E la mia fede si è rafforzata quando cercavo risposte ad eventi difficili da superare che stranamente anziché allontanarmi mi hanno avvicinato e aiutato a sopportare e superare grandi dolori e dispiaceri. Io ogni giorno gli dico grazie per aver messo sul mio cammino mio marito, per avermi fatto superare problemi di salute e soprattutto ringrazio sempre perché non voglio nulla di più, nulla di meno di ciò che ho già”.

Ultimamente, attraverso le colonne di questo giornale, hai voluto esprimere il tuo personale sentimento di cordoglio per il dottor Alfio Garotto, scomparso a seguito di un incidente stradale. Chi è stato per te il noto medico chirurgo e divulgatore, già Direttore del Reparto di Chirurgia Generale e di Chirurgia Metabolica dell’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno di Italia di Messina?

“Ancora adesso stento a credere che sia successa davvero questa tragedia. Mi sembra impossibile che davvero non ci sia più una persona come lui. È stato un fulmine a ciel sereno. Io sono sempre stata magra, poi tanti anni fa ho subito un incidente alla gamba che mi ha costretto alla paralisi e ad oltre un anno di ricovero in clinica. Li il mio metabolismo si è bloccato, inceppato. Negli anni a seguire, nonostante non avessi un’alimentazione scorretta, ho iniziato a prendere chili su chili. Nonostante la dieta, non riuscivo a dimagrire… A 122 chili, capii che non potevo andare avanti così. Fu a quel punto che una mia amica mi trascinò a forza alla sua prima visita, che fu scioccante. Tutti siamo abituati a medici frettolosi, che parlano forbito, che non ti guardano mai in faccia, che considerano i pazienti dei numeri. Lui invece era l’opposto: parlava solo in dialetto con tutti, spiegava il metabolismo tra una battuta e una risata, faceva sembrare tutto facile. Mi operó da lì a pochi mesi, “un intervento da manuale e una paziente con decorso perfetto” così mi defini’. Diventammo amici, sapeva che a differenza di molti che provano quasi vergogna a parlare di un intervento subito, io avevo scelto la strada della verità, raccontando a tutti del mio percorso, anche perché potevo essere d’aiuto ad altri. Sapeva che avevo molte persone che mi seguivano e così organizzammo anche delle dirette Instagram per parlare a tutti del mini bypass gastrico. Lui aveva qualcosa di soprannaturale, un carisma unico, un linguaggio per tutti. La sua morte è sicuramente una perdita immensa, perché medici e uomini come lui sono davvero doni di Dio. E mi dispiace per tutti quelli che non potranno più aver la fortuna di conoscerlo”.

Chi è stato per te il compianto Luca Agati, vittima del Covid?

“Questa è una ferita ancora più dolorosa. Poco prima che ricoverassero Luca, in una bruttissima situazione c’ero io… Questo pensiero mi ha divorato per mesi. E la sua situazione familiare e lavorativa,  molto simile alla mia, mi ha resa più sensibile al dolore di sua moglie. Inoltre, vivere questo dispiacere durante la stagione lavorativa è stato uno strazio, perché dovevamo fingere allegria davanti alle coppie quando dentro di noi avevamo solo lacrime. È stato brutto rendersi anche conto che nel nostro lavoro, qualsiasi cosa accada, non ci si può fermare perché sostanzialmente ciò che abbiamo dentro non interessa. Noi siamo gli “addetti ai lavori” e quindi si va avanti. Comunque. Angelica pochi giorni dopo era già al lavoro, non ha avuto neanche il tempo di piangere il suo dolore. Tutto proseguiva normalmente, vorticosamente, un matrimonio dietro l’altro, evento dopo evento. Chi era Luca nel lavoro lo sanno tutti, e spero vivamente che non sarà mai dimenticato,  perché ha fatto davvero tanto per accontentare i suoi clienti e ha fatto tanto per la comunità gelese”.

E’ un vantaggio nell’attività che svolgi, essere una donna?

“Ho sempre pensato di sì. Perché una donna ha una innata sensibilità, un gusto estetico differente. Fondamentalmente io ho a che fare con le spose ed essere una donna ti pone sullo stesso livello empatico di chi hai di fronte, si ha più facilità ad entrare in confidenza. Non so perché la fotografia è sempre stato un settore maschile, ma sicuramente ho aperto la strada a un nuovo punto di vista, appunto quello femminile”.

Chi o cosa vorresti fotografare e perché?

“Avrei tanto voluto fotografare mio nonno, la persona più importante della mia vita, ma purtroppo non ne ho avuto il tempo. Quando ero ragazzina, non esistevano cellulari o iPad, le foto che ho sono tutte da rullino. Quindi non si sprecavano. Si aspettava la scampagnata, i vestiti a festa per scattare, si stampavano e si attaccavano negli album, che ora conservo come gioielli. Un valore totalmente diverso dal presente. Ora invece si scatta di continuo ma inutilmente, perché per la frenesia di non perdere nulla non si guarda più con gli occhi, non si stampa più e i veri ricordi andranno persi. Per sempre”.

Primo premio internazionale “Contest Winter”. Di cosa si tratta?

“Di un concorso a cui si inviano delle foto di matrimonio e una giuria internazionale esprime dei giudizi tecnici e assegna dei voti. È così che mi è stato assegnato il secondo posto nel 2019 e il primo posto nel 2020. Penso di rimettere a giudizio le mie foto quest’anno, purtroppo con la pandemia un po’ tutto è rallentato”.

Qual è stato il complimento più bello che hai ricevuto per il lavoro che svolgi?

“Quando mi sento dire che riconoscono le mie foto ancora prima di leggere chi le ha pubblicate. Lo considero un gran complimento perché vuol dire che ho un’identità, uno stile personale, che può piacere o no. Ma è il mio”.

L’emozione più grande che hai vissuto?

“Avere incontrato Papa Francesco. Ho pianto talmente tanto da non riuscire neanche a formulare una parola di senso compiuto al suo cospetto. Non dimenticherò mai quel giorno”.

In tutti i settori lavorativi, c’è sempre qualche critica dietro l’angolo. Ne hai ricevute?

“Penso di poter scrivere un libro su ciò che sento dire su di me, cose che a volte manco io so di me stessa…Da dove inizio? Si dice io sia antipatica, troppo esigente, troppo cara, che vestivo male quando ero in carne ma che ora pubblico troppi selfie perché sono tornata magra..potrei andare avanti per un bel po’…ma mi fermo qui per non tediare”.

Ti hanno mai chiesto di fotografare scene… osé?

“Mi manca solo questo… (ride) No no,  nessuna richiesta hot, ne a me ne a mio marito”

Qual è stata la richiesta più strana che hai ricevuto?

“Di sostituire in una foto già pronta, la presenza di una donna, inserendo con l’utilizzo di Photoshop una pianta al suo posto…La richiesta è giunta direttamente dal suo ex compagno”.

Soddisfatta della sindacatura Greco?

“Non sono in grado di dare un’opinione, sono troppo stufa di sentire tante promesse durante la campagna elettorale e di vedere poi Gela sempre nello stesso stato da 20 anni. Mi hanno stufato tutti!  Non credo esistano politici a cui interessi davvero il bene comune, forse idealmente si inizia così. Poi gli interessi personali prendono il sopravvento…”

Cosa ha bisogno Gela per emergere?

“Tutto! Gela ha vantaggi naturali come la posizione geografica, il mare e le spiagge, la sua storia, il cibo. Ma sono risorse trascurate. In qualsiasi altro posto al mondo,  creano turismo senza aver nulla, qui c’è tutto e non si fa niente. Ma io non do la colpa solo ai politici.  I primi a sbagliare e a degradare questa città siamo noi cittadini: gettiamo carta ovunque, imbrattiamo muri, sradichiamo panchine e docce pubbliche, parcheggiamo in terza fila, non facciamo nulla per mantenere decoro nel luogo in cui viviamo”

Se dovessi fotografare un angolo della nostra città, su cosa punteresti e per quale motivo?

“Vico Santa Lucia. È un angolo che adoro, perché dà esattamente il senso di come dovrebbe essere tutta la città. L’impegno e la volontà dei commercianti del vicolo lo ha reso un fiore all’occhiello, tutti di comune accordo lo mantengono pulito, colorato, coi fiori e con addobbi e decorazioni. Hanno insistito e resistito visto che all’inizio venivano distrutte anche le piantine di un euro. Ciò vuol dire che se tutti volessimo,  Gela diventerebbe bellissima…”

Il primo vero scatto l’ho sempre fatto col cuore. Poi con l’obiettivo”….è sempre attuale il tuo mantra?

“Assolutamente si. E non cambierà mai. Il giorno in cui non scatterò più col cuore, lascerò la macchina fotografica e farò altro”

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