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“Il calcio, la mia vita. Se mi chiamassero da Gela…”

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Partiamo subito in quarta
L’Italia vincerà gli Europei?
“Certamente siamo tra i favoriti. La squadra gioca bene e mi piace. E poi sono passati 15 anni dall’ultimo Mondiale vinto e quindi sembrerebbe l’anno giusto per alzare al cielo un trofeo”. Parole e musica portano la firma di Emilio Docente, trentasettenne, attaccante di razza, gelese doc. Innamorato della sua Francesca e del suo piccolo Emilio Junior di 10 anni, vive a Riccione. Il suo palmares non ha bisogno di presentazioni: 483 presenze in campo e 166 gol segnati. Fino ad oggi.

Una valanga di reti. Quale la più importante e perché?

“Quella realizzata contro l’Ascoli in serie B con il Messina. Vincemmo 3-2. Fu l’anno della mia consacrazione. Da lì è partita definitivamente la mia carriera calcistica”.
E il gol più difficile?
“Sembrerà strano ma quello più difficile da segnare è sempre stato il calcio di rigore. Emotivamente non è semplice da realizzare”.

Tante le tappe della tua carriera: hai giocato anche col Rimini. Cosa ricordi di quell’esperienza?
“Rimini è stato il percorso più importante sia a livello calcistico che anche fuori dal campo. Proprio in Romagna mi sono tolto tante soddisfazioni. Inoltre ho conosciuto negli anni un ambiente e della gente fantastica. Tutti mi hanno fatto sentire a casa e di conseguenza ho scelto di vivere proprio qui”.

Sei esploso, eri appena diciassettenne, con la maglia del Gela (in 40 gare segnasti 13 gol). Poi sei stato venduto alla Juventus che ti ha girato al Messina. In riva allo Stretto, hai giocato pochissimo (8 partite, un solo gol). A distanza di tempo, possiamo dire che fu fatta la scelta giusta?
“Gela è stato il trampolino di lancio. Mi sentivo addosso gli occhi degli addetti ai lavori tra cui Luciano Moggi. Le mie decisioni erano condivise con il mio agente che altro non era che il figlio dello stesso Moggi. Fu scelta Messina perché non volevamo spostarci tanto dalla mia terra. Una decisione approvata pienamente anche dalla mia famiglia. E’ pur vero che all’età di 17 anni non potevo mettermi in competizione con attaccanti del calibro di Zampagna, Amauri, Sullo. Con la maglia giallorossa ho giocato la coppa Primavera Viareggio e siamo arrivati ai quarti di finale. Al mio ritorno sono riuscito a realizzare un gol e a raggiungere le 8 presenze. Non direi che si tratta di un magro bottino, anzi…Tornassi indietro, rifarei la stessa scelta. Messina è stata la tappa giusta per la mia carriera”.

Dopo avere girovagato per mezz’Italia, da Avellino a San Benedetto del Tronto, da Ancona a Perugia, nella stagione 2010-2011, sei tornato a Gela rivestendo la maglia biancoazzurra. Ventisei presenze e 6 gol in Prima Divisione (attuale serie C). Era una gran bella squadra con i vari Cunzi, Cruciani, Scopelliti, Cardinale. Ed era anche un campionato ricco di squadroni: dalla Ternana alla Nocerina, dalla Juve Stabia al Pisa, dal Benevento al Cosenza, al Foggia di Zeman e di Insigne. Chiudeste la stagione al 12’ posto. Si poteva puntare più in alto?
“Ho scelto personalmente di ritornare a Gela insieme al direttore sportivo Carmine Donnarumma ed al compianto presidente Angelo Tuccio. La squadra era forte e si era creato anche un bel gruppo tant’è che nel girone d’andata eravamo a pochissimi punti dalla prima in classifica. Durante il mercato invernale a gennaio, ci furono un po’ di problemi e si decise di sfoltire la rosa e di conseguenza la classifica ne risentì. Posso dire però che, nonostante tutto, chi rimase realizzò un vero capolavoro, raggiungendo la salvezza. Non era affatto semplice, considerato il potenziale delle altre squadre”.

Il Gela, l’anno dopo non si iscrisse al campionato e ti acquistò la Ternana. Per te poteva aprirsi un ciclo con gli umbri, dopo la conquista della Cadetteria ed invece non ti fu rinnovato il contratto. Cosa accadde?
“Dopo Gela ebbi molto mercato e la Ternana fu la società che mi cercò con più insistenza. Non esitai un attimo ad accettare. Parliamo di una grande piazza. A Terni ho vissuto un anno bellissimo. Li il calcio si vive in maniera ossessiva e passionale; ogni calciatore è al centro delle aspettative dei tifosi. Stravincemmo il campionato e andammo in serie B ma per scelta tecnica si decise di puntare su altro attaccante e quindi non fui riconfermato”.

In ogni squadra in cui hai giocato, hai sempre lasciato la tua impronta in fatto di gol segnati. Solo in poche occasioni sei rimasto a secco, Avellino su tutte. Ma avere segnato 34 gol in 39 incontri con la maglia del Real Miramare (prima categoria Emilia Romagna, stagione 2016-2017), è difficile da dimenticare. Quasi un gol a partita…

“Real Miramare è stata una scelta di vita più che calcistica. In quel momento la priorità era stare vicino alla famiglia e la categoria contava poco per me. In quell’occasione, però, ho conosciuto le viscere del calcio dilettantistico sotto tutti punti di vista. Per tutti rappresentavo un idolo con cui poter interagire e condividere la mia esperienza di calcio. E da loro ho imparato molto. Credo sia stata una tappa fondamentale del mio percorso umano. I gol realizzati passavano in secondo piano…”

Anche con la Fya Riccione, in Eccellenza, nella stagione successiva è andata di lusso
“La Fya Riccione fu una scelta mirata per rimettermi di nuovo in gioco. Feci questa scommessa con me stesso, vincendola sul campo: 37 gol in 52 partite”.

Qual è stata la squadra più forte che hai mai incontrato?

“Ho incontrato molte squadre forti nell’arco della mia carriera”.

E il difensore più difficile da cui smarcarsi?
“Sceglierne uno non sarebbe giusto. Ne ho incontrati tantissimi”.

Hai avuto tanti allenatori. Chi ti ha colpito di più e perché?
“Ho avuto la fortuna di avere molti allenatori bravi. Ho imparato molto da Toscano, Boscaglia, Baroni, Braglia. Si tratta di tecnici con mentalità vincente”.

Non soltanto allenatori ma anche tanti presidenti. Con chi sei andato d’accordo?

“Ho conosciuto presidenti con la p maiuscola come Bellavista, Morace, Tuccio, Franza…Per loro la passione andava oltre qualsiasi ostacolo!”

E con chi invece non hai legato?
“Ci sono stati presidenti che chiamarli tali è un offesa alla stessa parola. Più che presidenti, li definirei speculatori…”

Hai conosciuto tantissimi colleghi nella tua carriera. Chi di loro ti è stato veramente amico soprattutto nei momenti difficili che un giocatore può attraversare?
“Nel calcio come nella vita sai riconoscere chi sono gli amici. Ognuno dei compagni di squadra con cui ho giocato, mi ha lasciato qualcosa anche se non era amico mio…Paradossalmente la gente negativa che ho incontrato, ha rappresentato una tappa fondamentale per la crescita calcistica della mia carriera. A distanza di anni ho incontrato ex compagni di squadra con i quali manco ci salutavamo; adesso ci abbracciamo. Credo sia questo, alla fine, il senso positivo”.

Con chi ti sarebbe piaciuto giocare?
“Certamente dopo che mi acquistò la Juve, il mio sogno era indossare quella maglia con i vari Del Piero, Buffon ed altri”

L’ex ds Carmine Donnarumma, sempre su queste colonne, mesi addietro, ad una domanda ben specifica, ha detto testualmente: “Penso che Emilio Docente poteva fare una carriera ancora più importante di quella che ha fatto”. Cosa dici nel merito?
“Donnarumma è stata la persona che mi ha visto crescere. Ricordo che veniva a vedere le nostre partite nelle giovanili del Gela. Poi mi portò in prima squadra e poi mi riprese una seconda volta. Una persona passionale e vero conoscitore di calcio. Ha pienamente ragione per quanto detto su di me”.

Ad un passo dal grande proscenio che era la serie A ai campi di periferia. Cosa si è inceppato nel tuo percorso?
“Forse è stato questo uno dei motivi della mia discesa, aver toccato quasi l’apice della massima serie per poi non prenderla dopo aver fatto tanti sacrifici. Credo che l’emotività e gli stimoli in questo sport siano la priorità. Senza questi elementi, anche se c’è il talento non si va avanti”.

Quella che si è appena conclusa è stata una stagione calcistica da incubo per la squadra in cui hai giocato. La Marignanese Cattolica è retrocessa in Eccellenza. E quando si retrocede, sono tutti colpevoli. Cosa è mancato per salvare la categoria?
“È stata una retrocessione inaspettata. Siamo tutti colpevoli, non si retrocede per caso. Pur essendo una squadra forte evidentemente non è bastato a raggiungere una salvezza tranquilla, ma nel calcio si perde e si vince: l’importante e rialzarsi e continuare a lottare”.

Sei un figlio d’arte: tuo padre Giuseppe è stato una colonna del Terranova e della Gattopardo. Cosa ti ha insegnato?
“Per la mia carriera, mio padre è stato tutto per me. A casa sentivo gli odori degli scarpini e del pallone e di conseguenza il mio futuro non poteva prendere un’altra direzione. Nella mia famiglia, il calcio è sempre stata la priorità. Papà è stato un difensore molto roccioso, un baluardo, un trascinatore e credo che mi abbia trasmesso la voglia di non mollare mai”.

Gela vive nei bassifondi del calcio, dopo i fasti di tanti anni fa. Cosa ci vorrebbe per riportare il vessillo biancazzurro dove merita?
“Io sono nato e cresciuto a Gela quando la città viveva il grande calcio. Vedere adesso la squadra giocare nel puro dilettantismo, suona male. Una piazza passionale come Gela e con un tifo importante al proprio seguito, merita categorie molto superiori di quelle attuali. Credo che una risalita si potrà averla solo facendo e credendo in un progetto a lungo termine in cui società, tifosi, città e politica vadano verso la stessa direzione”.

E se un giorno arrivasse una chiamata da Gela?
“Ad ogni chiamata del Gela ho sempre risposto presente anche quando nessuno se lo aspettava. Non posso negare le mie radici ed il mio attaccamento alla terra. Se chiamassero, valuterò come ho sempre fatto”.

La tua squadra del cuore?
“Non ho una squadra del cuore ma vedendo mio figlio che tifa Inter non ho alternative”.

A quale giocatore ti ispiri?

“Cristiano Ronaldo per me è la massima aspirazione sia in campo che fuori”

Quando smetterai di giocare, cosa farai?
“So che tutto questo un giorno terminerà. Adesso studio incessantemente e mi sto formando per cercare magari di togliermi delle soddisfazioni personali”.
Arriveranno caro bomber ne siamo certi e quando tutto questo accadrà, sarà il gol più bello che avrai segnato. Crederci sempre….

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