Il comandante dei Carabinieri si racconta, “Gela città bellissima. No ai predatori dell’acqua pubblica”
Lo scorso 8 giugno, ha compiuto un anno alla guida del Reparto Territoriale di Gela che comprende cinque comandi di stazione per un bacino di quasi 120 mila abitanti (oltre alla città del golfo ci son...

Lo scorso 8 giugno, ha compiuto un anno alla guida del Reparto Territoriale di Gela che comprende cinque comandi di stazione per un bacino di quasi 120 mila abitanti (oltre alla città del golfo ci sono Niscemi, Mazzarino, Butera e Riesi) con compiti di tipo investigativo e di gestione del personale. Il tenente colonnello Marco Montemagno, 42 anni, nativo di Catania, da buon siciliano ama il mare e definisce Gela una “città bellissima, piena di storia e di bellezze naturali”.
Come ha trovato il Reparto Territoriale di Gela dal giorno del suo arrivo?
“Ho trovato un Reparto avviato, con un altissimo livello di professionalità al suo interno, impiegato costantemente non solo nelle attività di prevenzione ma anche di contrasto alla criminalità sia organizzata che comune”.
Quali sono, nel contrasto alla criminalità, le emergenze continue che presenta il territorio gelese?
“A Gela vi è un calo complessivo dell’attività delittuosa e dei reati denunciati, i reati maggiormente presenti sono quelli contro il patrimonio. I furti, per esempio, rispetto al 2023 sono in calo del 6% con un dato in aumento di quelli scoperti del 12%. Un’altra emergenza presente sul territorio di Gela erano gli incendi di autovetture, il cui dato risulta in diminuzione del 50% rispetto all’anno scorso.
Questi risultati sono certamente frutto delle attività di controllo straordinario del territorio e di prevenzione svolte non solo dai Carabinieri ma anche dalle altre forze di polizia presenti sul territorio sotto il costante controllo ed indirizzo del Prefetto di Caltanissetta”.
Il Reparto Territoriale che dirige, si occupa anche dell'ordine e della sicurezza pubblica in contesti come Niscemi e Riesi. In entrambe le città, è molto forte (e a volte violenta) l'azione criminosa portata a compimento. Come contrastarla?
“Nei territori di Niscemi e Riesi sono state portate a compimento diverse operazioni di polizia giudiziaria dirette sia alla criminalità organizzata mafiosa che comune, oltre che azioni di contrasto ai reati in materia di sostanza stupefacente. Il lavoro deve essere costante e l’azione dell’Arma dei Carabinieri, in sinergia con le altre forze di polizia e sotto le indicazioni dell’Autorità di Governo, continuerà con servizi straordinari di controllo al territorio dei centri urbani e di pattugliamento e rastrellamento delle zone rurali anche attraverso l’impegno dei reparti speciali dell’Arma come i Carabinieri dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia”.
Il blitz "Mondo Opposto", eseguito alla fine dello scorso anno proprio a Niscemi, ha ampiamente dimostrato che le famiglie mafiose locali monopolizzano anche l'economia pulita, avvalendosi della disponibilità di armi. I commercianti e gli imprenditori cedono perché hanno paura o c'è dell'altro?
“L’operazione “Mondo Opposto” rappresenta certamente un eccellente risultato nella lotta alla criminalità organizzata e fornisce un quadro aggiornato degli equilibri e degli interessi di Cosa Nostra nissena ed in particolare del Mandamento di Gela. Permane il clima di assoggettamento degli imprenditori, ma fa capire anche che chi denuncia è tutelato dallo Stato. Stare in silenzio non serve, non aiuta, occorre fare rumore, bisogna avere fiducia nelle Istituzioni, nelle forze di polizia che di solito hanno il primo approccio con l’imprenditore, nella magistratura e nella politica. Ognuno deve fare la sua parte in questa società”.
Quanto è importante la presenza di un'associazione antiracket in un territorio oppresso dalla malavita?
“In territori come quello del circondario di Gela e non solo, le associazioni antiracket giocano un ruolo fondamentale. Esse, infatti, oltre ad operare per contrastare il racket e l’usura, hanno la possibilità di costituirsi parte civile nei numerosi procedimenti penali, tutelando gli interessi delle vittime e contestualmente rafforzare la rete di fiducia sul territorio. Occorre tuttavia che chi è impegnato in queste attività, sia consapevole del proprio ruolo. Non serve infatti avere associazioni che facciano da confidenti ma associazioni che sostengano gli imprenditori in difficoltà, che li aiutino a superare le paure accompagnandoli per mano da noi Carabinieri”.
Torniamo a Gela: determinate operazioni di polizia giudiziaria da voi eseguite, hanno portato alla luce un vasto e continuo flusso di sostanze stupefacenti. Secondo le vostre investigazioni, sono le consorterie mafiose presenti sul territorio (Cosa Nostra e Stidda) a gestirlo o si tratta di gruppi criminali indirizzati solo su questo fronte?
“Il traffico di sostanze stupefacenti nel territorio di Gela è un fenomeno sempre più allarmante. Storicamente, il traffico di queste sostanze risulta essere una delle principali fonti di sostentamento per le consorterie mafiose di Cosa Nostra e Stidda che, spesso, per il rifornimento dai paesi produttori, hanno la necessità di consorziarsi con altre consorterie quali ‘ndrangheta e camorra”.
A Gela si soffre la sete. Manca l'acqua e ci sono interi quartieri a secco. La domanda è diretta: non vorremmo che in città, così come accertato in altri territori, fosse presente la mafia del mercato nero dell'acqua....
“Non risulta allo stato questo tipo d’interesse da parte della criminalità organizzata. Tuttavia l’emergenza idrica resta un grosso problema. Il nostro impegno è quello di verificare ed accertare che non ci siano furbetti che possano allacciarsi abusivamente alla rete idrica e sottrare acqua per le proprie esigenze o peggio ancora rivenderla a prezzi esorbitanti”.
Nella vostra caserma c'è la "stanza rosa", uno spazio accogliente per aiutare chi ha subito una violenza a denunciare. Quali sono i numeri allo stato attuale?
“Presso il Reparto Territoriale di Gela cosi come in quella di Mazzarino e Niscemi sono presenti le Stanze Rosa realizzate con l’apporto di Soroptimist nell’ambito del progetto “una Stanza tutta per se”, locali che vengono destinati per accogliere ed ascoltare le donne e le persone fragili, vittime di reati di maltrattamenti o atti persecutori. Nel territorio di competenza del Reparto Territoriale di Gela, nell’anno 2023 abbiamo avuto 89 casi e nel 2024 fino ad oggi 45 episodi. Nel 2023 sono state arrestate 32 persone e nel 2024, fino ad oggi, abbiamo indagato 19 soggetti”.
Cosa vuole dire a coloro i quali non si presentano e non denunciano?
“Alle donne, alle ragazze ed ai bambini che non hanno la forza e il coraggio di denunciare, dico di fidarvi delle Istituzioni e delle forze di polizia. Dovete tendere la mano verso la nostra e fare in modo che possiamo (metaforicamente) afferrarvi. Una volta presi per mano tutto sarà più semplice. È comprensibile il timore e i dubbi che ognuno di voi può avere, ma dovete pensare che non siete soli e che basta veramente poco per essere liberi e riprendervi la vostra vita in mano. Denunciare ed informare le forze di polizia o rivolgervi ad un’associazione presente sul territorio, vi aiuterà a trovare la soluzione più adatta. Le relazioni sentimentali devono essere libere e non deve mai esserci violenza fisica o psicologica tra due persone che si vogliono bene. In caso di necessità chiamare il numero unico di emergenza 112 e andate subito a denunciare”.
Numerosi gli incontri avuti nelle scuole. Quali sono le domande più ricorrenti che le rivolgono?
“L’Arma dei Carabinieri da molti anni è impegnata a svolgere incontri all’interno delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Durante l’anno scolastico appena concluso, per esempio, abbiamo incontrato 1065 studenti divisi per 23 istituti scolastici. Durante i nostri incontri parliamo di legalità, affrontiamo il problema del bullismo e raccontiamo la storia di alcuni uomini e donne importanti che hanno dato la propria vita per la lotta alla criminalità organizzata mafiosa. I ragazzi sono molto interessati a conoscere come entrare a far parte dell’Arma dei Carabinieri, oppure domande sulla mia persona e sul mio percorso professionale, molti fanno domande tendenti a conoscere quali sono le sostanze stupefacenti e gli effetti sul proprio corpo. Sono convinto che occorre comunicare dalle scuole e perseverare in tutti questi incontri con l’intento di diffondere conoscenza e metterli in guardia sulle insidie più frequenti”.
Gli studi svolti (laurea in Scienze della Sicurezza e specialistica in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna), i corsi di formazione e qualificazione (master in Intelligence, perfezionamento in criminologia, lotta alla contraffazione e tutela della salute, della sicurezza, della libertà economica e d’impresa, l’abuso sui minori in ambito familiare e gli aspetti atropo-criminologici medico legali, normativi sul tema della violenza sessuale), hanno permesso al comandante dei Carabinieri del Reparto Territoriale di Gela, di affinare qualificate esperienze nelle discipline tecnico giuridiche e investigative, di gestione e controllo delle risorse umane e tecniche, di direzione strategica, pianificazione e programmazione. Consolidata e notevole è la specifica competenza tecnica nelle materie di polizia giudiziaria. Il suo primo incarico risale al 2001: comandante della sezione di grafica del Reparto Investigazioni Scientifiche (Ris) di Messina. Dopodiché (agosto 2005), il trasferimento in Calabria alla guida del Nucleo Operativo e Radiomobile del Comando Provinciale di Vibo Valentia e dal 2008, comandante della terza sezione Catturandi del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria.
“Quest’ultimo incarico – sottolinea - è il più bello che ho ricoperto finora. Io con i miei uomini svolgevamo indagini finalizzate alla cattura di latitanti appartenenti alla ’Ndrangheta, alcuni dei quali inseriti nei programmi speciali di ricerca del Ministero degli Interni. Contestualmente alle indagini per la cattura, l’attenzione si focalizzava anche sull’operatività di quella famiglia mafiosa, ricostruendo gli affari illeciti e gli elementi organici”.
Dopo l'esperienza in Calabria, è tornato in Sicilia, guidando la compagnia di Nicosia, in provincia di Enna. Cosa ricorda di quel particolare momento?
“Il Comando della Compagnia Carabinieri di Nicosia è stato un incarico formativo e interessante, il territorio di competenza abbracciava gran parte del Parco dei Nebrodi. Ciò che ricordo con particolare affetto sono stati i due Natali passati con tutti i Carabinieri della Compagnia assieme alle nostre famiglie con la presenza, per tutti e due anni consecutivi 2015-2016, del Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, il Gen. Riccardo Galletta, oggi Comandante Interregionale a Milano. Sono state bellissime giornate di festa, cosi come siamo soliti fare in queste ricorrenze e condividere con le nostre famiglie questi momenti”.
Ha comandato anche la compagnia di Misilmeri, in un vasto territorio che abbraccia oltre 80 mila abitanti residenti in 10 comuni e in cui è presente - da sempre - una forte e radicata presenza mafiosa. Presuppongo che non sia stato facile operare in quell'ambito...
“Beh, in realtà tutto è stato reso molto semplice dal fatto che il lavoro che faccio mi piace molto, quindi qualsiasi difficoltà si supera. La presenza di Cosa Nostra nel territorio della Compagnia di Misilmeri ha radici molto antiche, i due mandamenti Misilmeri-Belmonte Mezzagno e Villabate, negli ultimi decenni, hanno dimostrato la loro piena operatività nel settore delle estorsioni. Il teatro operativo dove lavorare certamente era molto ostile, non è stato semplice svolgere le attività di polizia giudiziaria in comuni piccoli con pochi abitanti dove per fare un pedinamento dovevi mimetizzarti molto bene. Ma la fortuna è stata quella di avere uomini e donne competenti e disponibili, ma soprattutto innamorati della loro terra, la Sicilia”.
Quali sono, nel contesto criminale, le differenze che ha potuto constatare tra la 'ndrangheta e la mafia?
“Ci sono tantissime differenze, alcune riguardano gli interessi criminali, ma vi è una sostanziale differenza strutturale organizzativa. Cosa Nostra ha una forma fortemente verticistica, mentre la ‘ndrangheta ha una struttura di tipo unitario, con un capo che ha la funzione di garantire leggi, affari ed evitare conflitti. Le famiglie di Cosa Nostra sono saldamente legate al territorio di appartenenza e non prendono forza o consenso dai vincoli di sangue o dall’unione familiare ma dal territorio in cui operano o dal paese. Diverso dalla ‘Ndrangheta dove gli appartenenti ad una ‘ndrina sono legati tutti ad una famiglia e cosi è per i loro successori. Saranno sempre collegati da vincoli di sangue della famiglia naturale”.
Nonostante gli inviti a prestare attenzione e a rivolgersi ai numeri di pronto intervento, numerosi anziani - ultimamente - cadono nella trappola dei truffatori che, fingendosi carabinieri, portano via soldi e gioielli. Vogliamo ancora una volta spiegare come bisogna comportarsi in questi casi?
“L’Arma dei Carabinieri rivolge particolare attenzione ai soggetti vulnerabili, tra cui gli anziani, sempre più fragili di fronte alle insidie della modernità. Soprattutto le truffe sono un fenomeno sempre più diffuso e attuale, che prende di mira le persone deboli, lasciando in loro segni indelebili. Oltre al danno economico e al trauma psicologico dell’invasione del proprio spazio domestico, le vittime subiscono, infatti, anche il senso di colpa di essere state raggirate. I truffatori approfittano proprio della sensibilità emotiva e della fragilità fisica degli anziani per conquistarne la fiducia, con i metodi più disparati. Non bisogna aprire la porta a persone sconosciute. Anche se qualcuno si presenta come Carabiniere e vi fa vedere un tesserino, non basta, chiamate il 112 per informarvi”.
Lo scorso 31 maggio, il tenente colonnello ha ricevuto l’encomio semplice dal Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, con la seguente motivazione: “Comandante di Compagnia operante su territorio caratterizzato da alto indice di criminalità organizzata, evidenziando elevato senso del dovere, notevole professionalità e spiccato intuito investigativo, dirigeva, partecipandovi personalmente, un’indagine nei confronti di esponenti di un sodalizio criminale dedito alle estorsioni ed altri reati aggravati dal metodo mafioso. L’operazione, che si concludeva con l’esecuzione di provvedimento restrittivo a carico di sei persone, riscuoteva il plauso dell’opinione pubblica, contribuendo ad esaltare il prestigio dell’Istituzione.” Si tratta, attualmente, dell’ultimo di una lungo serie, tra riconoscimenti e medaglie.
A quale è legato di più e perché?
“Tra tutte le ricompense e riconoscimenti, sono certamente legato all’Encomio Solenne concesso dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri nel gennaio del 2011 a seguito della cattura del latitante Carmelo Barbaro, inserito nell’elenco del Programma Speciale di Ricerca del Ministero dell’Interno. Il motivo è certamente legato all’importanza del riconoscimento tributato dalla massima autorità dell’Arma dei Carabinieri”.
Come è nata l'idea di indossare la divisa dei carabinieri?
“Il sogno di fare il Carabiniere è nato quando ero ragazzino, intorno ai 13 anni. Ricordo che era periodo di feste e mi trovavo a casa di un mio zio che aveva fatto il Carabiniere. Ad un tratto mi chiamò e mi disse “vieni che ti faccio vedere una cosa”, aprì il suo armadio e tirò fuori una giacca dell’uniforme dei Carabinieri invitandomi ad indossarla. Misi la giacca e mi guardai allo specchio, fu amore a prima visa. Da quel momento il mio unico sogno fu diventare un Carabiniere!”
Ha avuto un vero e proprio mentore?
“Certamente, mio padre è stato il mio mentore che in tutte le fasi della mia vita si è dimostrato un consigliere saggio, sostenendomi in tutto il percorso difficile per raggiungere l’obiettivo. Lui è stato sicuramente un punto di riferimento che mi stimolava a continuare anche quando il tragitto per diventare Carabiniere diventava difficile”.
Cosa vuole dire ai suoi uomini?
“Ci sarebbero tante cose da dire, ma una le racchiude tutte: voglio dire ai Carabinieri di oggi e di ieri, grazie. Grazie per quello che fate ogni giorno e per la lealtà con la quale mi avete collaborato e mi collaborate. So che ciò che facciamo costa molto per i nostri affetti e le nostre famiglie, ma dobbiamo tenere duro e tenere fedeltà al nostro giuramento. Non dimenticate mai, come disse il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che viviamo la nostra vita per servire lo Stato, le Istituzioni e la collettività”.