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Il giornalismo tra la gente, Salvo Sottile si racconta

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Il suo nome è anche sull’enciclopedia on line della Treccani, così come i grandi giornalisti e conduttori televisivi di primo piano. Un posto meritato sul campo dopo tanti anni di intensa e dura gavetta. Nel periodo in cui ha cominciato, Salvo Sottile, ha letteralmente consumato le suole delle scarpe per accaparrarsi una notizia, indagando anche nel sottobosco della propria realtà territoriale. E non solo. Si incontravano persone, si verificavano le situazioni. In occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco lo ha sottolineato più volte: “la crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada…” Purtroppo è l’amara realtà dei giorni nostri.

Partiamo proprio dai tempi che furono.

Hai cominciato la tua brillante carriera quando avevi appena 16 anni. Cosa ti ha spinto ad intraprendere quella che poi sarebbe stata la tua professione?

“La possibilità di poter portare, mano nella mano, i telespettatori nei luoghi che vedevo e di far conoscere, attraverso una telecamera, le persone che incontravo”.

Era il 1989 quando hai cominciato a muovere i primi passi con La Sicilia e con Telecolor Video 3. Cosa ricordi di quel periodo?

“Che guadagnavo 100 mila lire al mese. Facevo tutto, dalle fotocopie all’accoglienza ospiti. Ma sopratutto guardavo i colleghi più grandi e cercavo di imparare o di “rubare” con gli occhi”.

Possiamo definirti un figlio d’arte? Cosa ti ha insegnato tuo padre Giuseppe, già capocronista del Giornale di Sicilia?

“Mi ha insegnato il rigore e la disciplina insieme alla curiosità. Senza la curiosità non avrei potuto fare il mio mestiere”.

A livello nazionale, la gente ha cominciato a conoscerti su Canale 5. Per l’allora telegiornale diretto da Enrico Mentana, avevi la mansione di “informatore” dalla Sicilia, soprattutto in tema di cronaca nera. Com’è nata la collaborazione?

“Facevo dei servizi per Telecolor e uno di quei servizi finì a Roma in mezzo a tanti altri provenienti dalla Sicilia. A Mediaset rimasero colpiti dalla mia voce e mi offrirono un ruolo di informatore”.

La tua corrispondenza del 19 luglio del 1992, in via D’Amelio, a Palermo, teatro dell’assassinio del giudice Borsellino e degli agenti di scorta, rimane tuttora un “pezzo” di alto giornalismo per come la strage mafiosa è stata raccontata. Cosa hai provato in quella circostanza?

“Paura, smarrimento. Molti di quei ragazzi della scorta li avevo conosciuti di persona. Fare una diretta lunga una notte assieme a Mentana mi costrinse a crescere in fretta. Avevo 18 anni, dovevo sembrare più grande della mia età e mi trovai a raccontare da “palermitano” una tragedia che aveva colpito la mia città”.

Un giornalista è un uomo e come tale prova delle sensazioni/emozioni che difficilmente farà trasparire dinnanzi ad una telecamera o nella realizzazione di un articolo di giornale. E’ stato così anche per te in quel funesto pomeriggio di trent’anni fa?

“Questo l’ho imparato col tempo. Essendo sensibile e molto passionale all’inizio facevo fatica, l’esperienza ti aiuta a schermarti davanti al dolore e alle tragedie”.

La mafia aveva alzato il tiro, la Sicilia perdeva due uomini di altissimo valore. A distanza di anni, credi che la strada tracciata da Falcone e Borsellino sia stata percorsa da chi è deputato a combattere la criminalità?

“Credo di sì, anche se oggi di mafia non si parla più, anzi sembra che la mafia non esista più. Invece esiste solo che ha cambiato strategia: ora si è inabissata, non fa rumore, illude tutti che sia stata sconfitta”.

Quando riusciremo ad eliminare del tutto l’equazione Sicilia=mafia?

“È’ già così, chi arriva in Sicilia si rende subito conto che la nostra isola non è luogo di cui avere paura ma una certa “cultura” , un certo modo di pensare, purtroppo, è’ ancora radicato, retaggi del passato”.

Torniamo alla tua brillante carriera che include anche le mansioni di corrispondente di guerra durante il conflitto in Afghanistan e la cronaca dell’attentato terroristico alle Torri Gemelle. Non solo Tg5, ma collaborazione anche con la Rai ed in particolar modo con il Tg1 e il Tg3. Quali le differenze sostanziali che hai notato tra il servizio pubblico e quello privato?

“Sono due aziende diverse. Mediaset nel periodo in cui ho lavorato con loro era un’azienda agile e mi ha permesso di imparare un mestiere e di farmi crescere. La Rai e’ la tv di stato e anche se talvolta tutto è’ più lento, è un traguardo per chiunque voglia fare il mio mestiere”.

Abbiamo letto la tua firma anche per i settimanali Epoca e Panorama e per il quotidiano Il Tempo. Ti manca il contatto con la carta stampata?

“A volte si ma purtroppo i giornali sono destinati a sparire, si comprano sempre meno. Ormai sappiamo tutto attraverso i cellulari”.

Hai lavorato come corrispondente dalla Sicilia anche per Rds e Rtl 102.5 e hai scritto tre romanzi. Se ad un esordiente nel campo giornalistico dovessi illustrare le differenze tra TV, radio e giornale, cosa diresti?

“Sono tre ambiti diversi. In radio devi sostituire le immagini coi suoni, sui giornali devi essere l’occhio del lettore, sulla tv devi sapere raccontare per immagini”.

Parlaci delle tue esperienze su Sky TG24. Non solo conduzione del tg ma anche il format mattutino “Doppio Espresso” e il settimanale di approfondimento “La scatola nera”

“È’ stata una bella esperienza. Ho condotto io il primo telegiornale su Sky”.

Possiamo dire che la conduzione di Quarto Grado su Rete 4 (record assoluto nel 2010 con 18,33 di share con 4 milioni e 665 mila telespettatori) ti ha dato un’enorme popolarità?

“Certo, enorme!”

Qual’è stato il caso di cronaca che durante Quarto Grado ti ha particolarmente colpito e perché?

“L’omicidio di Melania Rea, una donna uccisa dal marito, un militare, Salvatore Parolisi. Lui si era sembra proclamato innocente ma quando lo ospitai in studio, ebbi la sensazione che volesse confessarmi il delitto. Non lo fece alla fine ma nei suoi occhi lessi la voglia di togliersi un peso”.

Sempre a proposito di Quarto Grado, in tanti sottolineano che i processi si svolgono in un’aula di tribunale e non dinnanzi alle telecamere perché ciò potrebbe compromettere il lineare svolgimento dello stesso.

“Che mai la tv si deve sostituire al tribunale. La tv deve raccontare storie. I processi si fanno da altre parti e chi fa un mestiere come il nostro deve pensare principalmente alle vittime”.

Ti abbiamo visto anche a Ballando con le stelle nelle vesti di concorrente. Come ti sei trovato?

“È’ stato puro divertimento. Amo le sfide e amo mettermi in gioco. Avevo una maestra tosta che mi faceva allenare 6 ore al giorno”.

Cosa ti hanno lasciato le conduzioni di”Estate in diretta” con Eleonora Daniele e “Domenica In” con Paola Perego?

“Sono due grandi professioniste e con tutte le donne con cui ho lavorato mi sono divertito molto”.

Mi manda Raitre” possiamo definirlo un vero e proprio format di denuncia?

“Si, un programma di servizio pubblico. Aiutare i cittadini a risolvere dei problemi era qualcosa che mi faceva sentire utile”.

Come ti spieghi la decisione assunta dal direttore di rete, Franco Di Mare, di rimuoverti dalla conduzione dopo quattro stagioni consecutive in cui “Mi manda Raitre” andava per la maggiore?

“Invidia personale. Di Mare è’ stato il peggiore direttore di Raitre, umanamente una delusione. Mi ha tolto un programma al massimo del successo solo per ripicca e senza mai incontrarmi o spiegarmi le motivazioni. Ora vedo che si trova al centro di una brutta storia di molestie tirata fuori da Striscia la notizia, e a uno che tocca il fondoschiena di una collega in tv e dice che è uno scherzo, cosa vuoi dire? Provi solo umana pietà”.

Perché è stato deciso di non mandare più in onda le tue conduzioni, già registrate, di Palestre di vita su Rai tre?

“Non ne ho idea, per ripicca credo”.

Hai esplorato l’universo notturno in tutte le sue sfaccettature attraverso la conduzione del programma “Prima dell’alba”. Che esperienza è stata?

“Incredibile! Raccontare la notte e i lavori notturni era un mio pallino. Programma bellissimo ma faticoso, non ho dormito per settimane ma mi sono divertito molto ed e’ stato un grande successo”.

Da due anni, assieme ad Anna Falchi, conduci i “Fatti Vostri” su Rai 2, lo storico programma ideato da Michele Guardì e Giovanna Flora.

“I Fatti Vostri e’ un vestito che ho cercato di cucirmi addosso. Con Michele e Giovanna c’è un rapporto di grande stima e di amicizia ed e’ anche quella una grande palestra. Il programma mi stupisce perché ogni giorno racconti una storia diversa e ti affezioni a tutte”.

Ti piace l’imitazione che fa di te il tuo compaesano Sergio Friscia?

“Molto ma anche quella di Fiorello. Non mi prendo mai troppo sul serio”.

Che Sicilia immagini nel prossimo futuro? “Un posto dove godermi la pensione”.

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