“Il lettore ha sete di verità”. Barbara Serra a cuore aperto
Un passato alla “Bbc” nel programma “Today” e l’esperienza di reporter per “Bbc London News” prima di essere assunta da “Sky News” per cui redige numerosi servizi di cronaca internazionale, tra cui la...


Un passato alla “Bbc” nel programma “Today” e l’esperienza di reporter per “Bbc London News” prima di essere assunta da “Sky News” per cui redige numerosi servizi di cronaca internazionale, tra cui la corrispondenza da Roma per i funerali di Papa Giovanni Paolo II e il racconto sulla causa giudiziaria che ha visto come protagonista Michael Jackson. Un assaggio per il successivo exploit per il canale “Al Jazeera” per cui ha condotto tantissime inchieste a Washington, in Israele, dalla Striscia di Gaza e in Cisgiordania. In Terra Santa, è stata accreditata a seguire il viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI. Diverse le apparizioni in Rai. Custode di bravura, eleganza e bellezza, senza artificio alcuno, Barbara Serra si apre al nostro giornale con entusiasmo. Parla quattro lingue: italiano, danese, inglese e francese. Ha studiato relazioni internazionali alla London School of Economics e ha fatto incetta di premi e riconoscimenti per i suoi lavori, tra cui l’Amalfi Coast Media Award. Nelle sue vene, scorre sangue gelese. Sua madre, Luisa Rosso, è nata e ha vissuto nella città del golfo fino all’età di 26 anni. Il padre, Giorgio Piga Serra (sardo di Decimomannu) lavorava allo stabilimento Eni. Nel 1973, il trasferimento a Milano.
“Nel capoluogo lombardo – dice Barbara – siamo nate io e le mie sorelle. Abbiamo vissuto molti anni a Copenaghen ma mamma parlava spesso della sua gioventù trascorsa a Gela. Deve essere stato strano per lei passare dal sole e dalla luce della Sicilia al freddo e al grigiore del Nord Europa. Mamma ci ha lasciati nel 2018. Io e le mie sorelle passiamo ‘a trovarla’ almeno una volta l’anno al cimitero gelese”.
Cosa ti hanno trasmesso i tuoi genitori?
“L’Italianità. Vivo all’estero da quando avevo 8 anni. Sarebbe stato facile perdere le mie radici, non solo italiane, ma anche specificatamente siciliane e sarde. I mie genitori hanno fatto si che questo non succedesse. Dall’imporsi che a casa si parlasse solo italiano a tavola (con le mie sorelle di solito parlo inglese) al tornare spesso alle isole. Vivere all’estero e conoscere altre realtà può essere un grande vantaggio, ma non dovrebbe mai nuocere alle proprie radici”.
Che ricordi hai?
“Mamma mi portava al Club Nautico da bambina, e ho delle foto degli anni ‘70 con lei che mi tiene in braccio sul bordo della piscina. Poi da adolescente mi ricordo i primi amichetti e le feste sempre al Club Nautico, le mie prime avventure in una pista da ballo! Serate magiche che mi sono rimaste impresse, il caldo e il rumore del mare così inusuali per me che passavo gli inverni in Scandinavia. Ma oltre al calore della temperatura, mi ricordo il calore della gente, il senso di comunità, il fatto che tutti si conoscessero. Mamma parlava della ‘comitiva’ della sua gioventù. Io vivo in una grande metropoli e non ti nego che a volte l’anonimato può far piacere. Ma ho sempre invidiato chi vive realtà più a portata d’uomo. Finisci col conoscere più gente. E sicuramente con amici più veri”.
Perché hai deciso di intraprendere la carriera giornalistica?
“Mi ha sempre affascinato la Tv, andare in diretta, condividere informazioni. Poi con gli anni, la passione è cambiata verso il voler mostrare parti del mondo o punti di vista non molto conosciuti. Faccio la giornalista radio/televisiva dal 1999 e cinque mesi fa mi sono dimessa da “Al Jazeera”. Voglio fare produzioni di approfondimento più che cronaca giornaliera. Documentari, podcast e tanta scrittura”.
Il tuo mantra non fa una piega: bisogna sempre rispettare il lettore perché ha sete di verità…
“Si. Direi però di stare attenti. ‘Verità’ non vuole dire come la penso io”
L'Italia in tema di libertà di stampa occupa il 58' posto secondo la classifica di 180 paesi nel mondo, redatta da Words Press Freedom Index. Prima di noi ci sono addirittura il Gambia e il Suriname. Come leggi questo dato?
“In Italia si è liberi di fare giornalismo ed esprimere opinioni contro il governo, cosa che in altre parti del mondo sarebbe considerato un crimine. Il problema in Italia è che c’è un legame spesso diretto fra politica e giornalismo, come ad esempio Mediaset. Nel Regno Unito sarebbe visto come un ovvio conflitto di interessi. In più ci sono giornalisti italiani che vivono sotto scorta per aver scritto di crimine organizzato o neofascismo e questo è imperdonabile in un paese occidentale come il nostro”.
Alcuni giornalisti hanno ammesso di autocensurarsi perché cedono alla linea editoriale della propria testata o per evitare denunce per diffamazione e altre forme di azione legale o per paura di rappresaglie. Così facendo, però, non si offre un buon servizio all'utenza. Non credi?
“Domanda complessa con vari temi. La miglior difesa contro una denuncia di diffamazione è aver detto la verità. Quasi ogni testata al mondo ha una chiara linea editoriale (le eccezioni sono testate di servizio pubblico come la BBC), e non c’è niente di male in questo. Ogni giornalista poi deve rispondere personalmente di quello che scrive/dice, al pubblico e a se stesso”.
Ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo del giornalismo, cosa consigli? “Leggete, leggete, leggete. Guardatevi attorno, sia per cercare storie di cronaca, ma anche per capire come sta cambiando la nostra professione. Tutto il giornalismo è, alla fine, giornalismo locale perciò, se potete, iniziate li ma siate pronti a trasferirvi”.
Vivi e lavori a Londra da parecchio tempo. Quali sono le differenze tra la cultura inglese e quella italiana?
“Vivo nel Nord Europa da quasi 40 anni. Loro sono più freddi e pragmatici e sicuramente più individualisti. Noi più aperti e forse direi più ‘umani’. Gli inglesi comunque hanno una grande e complessa storia e sono particolarmente eccentrici. Noi siamo molto più conformisti. Non esiste una traduzione inglese diretta per fare bella/brutta figura. Fregarsene un pò di quello che pensano gli altri è sicuramente una delle cose che preferisco del vivere a Londra”.
E tra quella occidentale e araba?
“Cosa intendi per Occidente? La Sicilia? La Finlandia? Il Texas? E il mondo arabo include il Libano, paese culturalmente simile a noi e l’Arabia Saudita, che sicuramente non lo è. Da un punto di vista siciliano/italiano, gli arabi hanno i nostri stessi pregi e stessi difetti. Pregi: senso di comunità, valore della famiglia, calore, forti amicizie. Difetti: corruzione, nepotismo, poca fiducia nelle istituzioni. Essere Italiana, e se vogliamo essere anche stata esposta alla Sicilia fin da piccola, mi ha aiutata enormemente a capire le dinamiche del Medio Oriente”.
In ambito lavorativo, per tanti italiani Londra rappresenta l'Eldorado, la terra promessa. E' proprio così?
“Certo che no, ma le opportunità ci sono. Però c’è anche una concezione diversa della meritocrazia, che nella cultura anglosassone è completamente legata alla competizione e ambizione. La cultura inglese è simile a quella americana in questo. Gli insegnano come competere fin da piccoli. E la competizione non deve per forza essere ‘spietata’ come spesso viene definita da noi, ma anche sana, ed è solo cosi che si arriva alla meritocrazia, che non è solo un caso di premiare i bravi. Può sicuramente anche avere un lato scuro.
Comunque la Brexit ha reso tutto più difficile. Un consiglio? Non mettetevi sull’aereo se non parlate almeno un inglese basilare”.
Quando si parla di “Al Jazeera”, nell'immaginario collettivo si pensa subito a scene di guerra e devastazione. Qualcuno potrebbe dire che hai lavorato dalla parte del nemico...
“Beh, lo hanno sicuramente detto in molti, soprattutto all’inizio. Lavorare ad “Al Jazeera” non è stato facile. La gente si scorda come fosse il mondo nel 2006, quando sono passata all’allora nuovo canale all-news di Al Jazeera in inglese. Tre anni dopo l’inizio della guerra in Iraq, stava diventando ovvio che fosse un disastro. Ma il terrorismo di matrice islamista, che comunque ha sempre ucciso molti più musulmani arabi che non occidentali, stava colpendo le capitali europee. Mi ricordo che molti dicevano ‘Voi rappresentate la parte araba’ ma è ingenuo credere che ci sia un pensiero unico arabo e/o musulmano, come non c’è un pensiero unico occidentale. Dividere il mondo a metà è fuorviante. Quello che “Al Jazeera” ha sempre fatto è mostrare le complessità del mondo arabo e musulmano. Visti i risultati delle guerre in Afghanistan e Iraq, è ovvio che l’Occidente non ne aveva capito molto”.
Ti aspettavi il conflitto bellico Russia -Ucraina?
“Non che esplodesse così velocemente o che Putin fosse così intransigente. Anche se avevo fatto decine di interviste ad “Al Jazeera” con esperti che lanciavano l’allarme. Il senso di falso ottimismo, di sperare che il peggio non succeda, è forte”.
Tra poco si voterà in Italia. Domanda diretta: chi salirà al governo?
“Mi sto preparando giornalisticamente per un governo di destra con Giorgia Meloni premier”.
Cosa dicono all'estero di noi siciliani?
“Lo stereotipo della mafia è ancora li. Ma c’é anche molto altro. È vista come un crocevia del mondo. Parlo spesso della Sicilia con i miei colleghi e amici arabi. Nel mondo arabo io spesso vedo molto della Sicilia e loro vedono molto del mondo arabo nella nostra terra. E questo è un vantaggio per tutte e due le sponde del Mediterraneo”.
Rimane solo un sogno immaginare la Sicilia senza mafia e corruzione?
“Tanti anni fa, un collega giornalista arabo mi disse “Se vuoi avere ragione in qualsiasi dibattito sul futuro del mondo arabo, sii pessimista.” Ma essere pessimisti è facile. Più difficile, ma essenziale, è sperare e lavorare per una realtà migliore”.
Ritornerai a trovarci a Gela?
“Sono tornata questa estate, a luglio. Vengo per una settimana con mio figlio e le mie sorelle, per visitare la tomba di mia madre e passare un pò di tempo con nostra zia Lina e le nostre cugine. Spero di tornare ogni estate”.
Cosa ti piace della nostra città?
“Il lungomare è bellissimo. Mi piace anche passeggiare per il corso principale, curiosare e fare shopping. E, ovviamente, mangiare la granita e la brioche ogni mattina”.
Raccontaci la tua partecipazione a Miss Italia 1996…
“È passato tanto tempo e lo trovo irrilevante. Ma mi ricordo che anche da ‘straniera’ di soli 21 anni, avevo capito subito che non si trattava di un concorso di bellezza ma di un provino per tutte le soubrette che poi avrebbero decorato gli schermi della nostra TV. Per mia grande fortuna mi hanno scartata subito”.
Un giorno, quale sarebbe la prima notizia che vorresti dare in apertura del tg?
“La creazione di uno stato palestinese autonomo”.
Il tuo sogno nel cassetto?
“Mia madre mi mandava sempre un regalino per l’onomastico, Santa Barbara, ogni 4 dicembre. Piccole cosine, un paio di orecchini di bigiotteria o qualcosa per i capelli, e sempre con un cartoncino di auguri. L’onomastico non è celebrato nei paesi protestanti, perciò era una cosa vista come inusuale, una tradizione fra me e mia madre. Due mesi prima della sua scomparsa il pacchetto che mi aveva mandato da Milano andò perso fra i servizi postali italiani e britannici. Al tempo non ci ho pensato troppo. Ma ora, il mio sogno nel cassetto sarebbe che il servizio postale trovasse, per magia, il pacchetto disperso con l’ultimo regalo e cartoncino da parte di mia madre. Ho letto storie di lettere spedite da soldati durante la seconda guerra mondiale arrivate a destinazione decenni dopo, perciò tutto è possibile, no?”