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Il procuratore di Gela e il suo amore per la Sicilia, “terra straordinaria e bellissima”
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2 anni fail
Dalle più delicate inchieste sulla presenza della ‘ndrangheta in Emilia Romagna a quelle che hanno interessato la strage alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto del 1980, in cui morirono 85 persone e oltre 200 rimasero ferite a seguito dell’attentato di matrice neofascista. Indagini complesse, attente e scrupolose che hanno permesso di individuare mandanti ed esecutori del più grave atto terroristico (anche per il numero delle vittime) che si è verificato in Italia nel secondo dopoguerra ed indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione, portano la firma di Lucia Musti, da poco meno di due mesi nuovo procuratore facenti funzioni al Tribunale di Gela. Modena e Bologna sono state tappe fondamentali nella crescita professionale del magistrato. E’ stata proprio lei a chiedere il trasferimento in Sicilia, “terra straordinaria e bellissima” ci tiene fin da subito a sottolineare. Nata a Sabaudia, “fin da bambina – dice – sono stata animata da un profondo ma al contempo equilibrato senso di giustizia. Giustizia e non giustizialismo”.
Partiamo da un assioma: secondo un rapporto dell’Eurispes, il 56,2% degli italiani che hanno subito un reato ha deciso di non presentare denuncia. Non crede che sia un dato preoccupante, come se prevalesse un senso di smarrimento, di paura, di insicurezza?
“Mi piace pensare che ogni scelta sia il frutto di una riflessione, di una ponderazione e non di una presa di posizione improvvisata e frutto di impulsi irrazionali. Ciò detto, credo che alla base della decisione di non denunciare non vi sia solo “la sfiducia nella giustizia” ma giochino anche altri fattori; mi viene in mente, ad esempio, il costo delle parcelle dell’avvocato, il temperamento rinunciatario ed altro…”
Sempre secondo il rapporto, il 44,8% dei cittadini considera il possesso di armi da fuoco un pericolo ( possono finire nelle mani sbagliate), il 19,2% ritiene che sia un diritto da riservare solo a categorie particolari esposte a rischi (come i commercianti) mentre il 18,4% pensa che rappresenti la possibilità per qualunque cittadino di difendersi dai malintenzionati. Come legge questi dati?
“Li leggo, comunque, come dati da rispettare ed anche di utilità per riflessioni di vario contenuto. Una risposta che mi sarebbe piaciuta è che le armi vadano detenute da coloro che sono in possesso di tutte le caratteristiche (fisiche, psichiche, di salute) che ne abbiano la padronanza”.
Chiudendo il discorso riconducibile al rapporto dell’Eurispes, emerge che un intervistato su 4 (27,1%) acquisterebbe un’arma per autodifesa, il 72,9%, al contrario, non lo farebbe. In caso di minaccia concreta alla propria persona e/o alla propria famiglia, il campione si divide a metà con il 49% di risposte positive e circa il 51% di indicazioni negative. Anche in questo caso, qual è la sua chiave di lettura?
“Sono risposte dettate dall’emotività e prive di concreta pre- valutazione di una serie di considerazioni. Si chiedono costoro se realmente il mero possesso dell’arma è elemento atto a garantire l’incolumità della loro famiglia? Possesso di un’arma non significa difesa assicurata, tutt’altro”.
In tema sicurezza, come bisogna distinguere il rischio reale da quello percepito?
“A mio avviso – nei panni del cittadino – coincidono”
“I mafiosi avranno sempre una lunghezza di vantaggio su di noi…”. D’accordo con la citazione di Giovanni Falcone?
“Non tutte le frasi pronunciate dai grandi uomini che ci hanno lasciato sono sempre e comunque valide in eterno; sono sempre giuste, corrette e condivisibili ma alcune è possibile che vengano superate dai tempi. D’altra parte neppure è possibile avere le contro prova che quelle medesime persone oggi pronuncerebbero le medesime frasi. Nel caso di specie non condivido. Ritengo che con le mafie il rapporto sia quello del gatto con il topo: ci si rincorre ed a volte il gatto mangia il topo, altre volte il topo gabba il gatto…”
La mafia è cambiata rispetto a quella che abbiamo conosciuto?
“La mafia è un fenomeno umano e si evolve con la civiltà del costume. Nascono nuove mafie, quale ad esempio, la mafia foggiana che è una mafia “primordiale” che ancora incentra tutto il proprio agire sulla violenza e la sopraffazione, spara e colpisce molto, atterrisce i cittadini: è la mafia “old style”. Le mafie insorte nel secolo: una su tutte la ‘ndrangheta (da me ben conosciuta perché trattata nel mio percorso professionale), ma anche Cosa Nostra ( sia pur un passo indietro rispetto al lato dell’impegno nel settore dell’economia) è mafia 5.0, evoluta e raffinata sotto il profilo della tipologia di attività posta in essere, nell’inserimento nelle attività produttive/economiche nei contesti delle nostre Regioni del Nord Italia in cui si confondono con i gli imprenditori locali i quali hanno compreso che fare affari con la mafia conviene. Infine si servono di professionisti, “colletti bianchi” locali – addirittura – hanno i professionisti “fai da te” ovverosia i loro figli o nipoti che diventano avvocati e commercialisti: categorie professionali utilissime nel settore dell’economia”.
Dopo la morte di Matteo Messina Denaro, cosa cambierà ai vertici della mafia siciliana?
“A questa domanda ha risposto meglio di quanto possa fare io il Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio De Lucia”.
Nel comprensorio gelese, quali sono i reati in aumento e quelli (fortunatamente) in calo negli ultimi mesi?
“Non abbiamo dati statistici, ma posso esternare solo che vi è un altissimo livello di litigiosità ed aggressività che sfocia con varie tipologie di condotte criminose, dalla minaccia lieve all’esplosione di colpi d’arma da fuoco in pieno giorno anche al solo scopo di intimidazione. E poi gli incendi, di ogni tipologia e l’inquinamento ambientale; la detenzione ed il porto di armi e lo spaccio di stupefacenti”.
Preoccupa che a Gela, oltre a Cosa Nostra e Stidda ci sia anche il terzo polo mafioso. Il riferimento è al gruppo Alferi. Inchieste hanno appurato che si tratta di un gruppo spavaldo e molto aggressivo, assolutamente poco silente rispetto agli altri due, che hanno preferito un profilo criminale basso dopo la pax mafiosa raggiunta alcuni anni fa…
“Del tema è competente la Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta”.
Da ambienti politici e da categorie professionali, a seguito di episodi malavitosi a Gela è stato invocato l’arrivo dell’Esercito. Cosa dice nel merito?
“L’Esercito Italiano è utilissimo in svariati settori. La presenza è utile quale deterrente generico”.
Numericamente la pianta organica della Procura è sufficiente?
“Assolutamente no! Sarebbe opportuno un aumento di 2/3 unità: ovverosia 8 Sostituti, oltre al Procuratore. Attualmente la pianta organica è di 5 Sostituti”.
In giro per la città ci sono troppi giovani che impugnano e imbracciano armi. Tre domande in una: come mai, dove e come bisogna intervenire?
“La risposta è una sola: occorrerebbe prima educare i genitori, a volte. Importanti sono la famiglia, la scuola, la Chiesa, le associazioni”.
Sul fronte dello spaccio di stupefacenti, quali sono gli interventi da adottare?
“Il controllo del territorio e la collaborazione dei cittadini. La Polizia giudiziaria è presente ed efficiente”.
Cosa l’ha colpita quando ha messo piede a Gela?
“La spazzatura ed i rifiuti diffusi dappertutto ed anche da moltissimo tempo: pessimo segnale sotto ogni profilo. Altre sono le ”cose” che mi hanno colpito positivamente. La Sicilia è sempre e comunque affascinante…”
In ambito lavorativo rifarebbe tutto quello che ha fatto fino ad oggi?
“Assolutamente sì”.
Ha un sogno nel cassetto?
“Rifare il magistrato in un’altra vita. Ma solo in Sicilia”.
Un assist perfetto per la scrittrice e giornalista francese Edmonde Charles Roux che di frequente ripeteva: “Nel bene e nel male, la Sicilia è l’Italia al superlativo”.