Il Gigante Manfrino

Nelle calde sere d'estate, quando il sole si spegneva dolcemente dietro l'orizzonte e le strade di Gela si svuotavano dei giochi e delle risate dei bambini, iniziava il vero incanto. I più piccoli, or...

A cura di Redazione
24 novembre 2024 08:22
Il Gigante Manfrino -
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Nelle calde sere d'estate, quando il sole si spegneva dolcemente dietro l'orizzonte e le strade di Gela si svuotavano dei giochi e delle risate dei bambini, iniziava il vero incanto. I più piccoli, ormai stanchi dalle corse e dai giochi, si raccoglievano intorno alle ginocchia dei loro nonni, impazienti di ascoltare quei racconti che, come una magica filastrocca, venivano tramandati di generazione in generazione.
Erano storie che riecheggiavano di mistero e di magia, leggende che facevano rabbrividire e sognare.

Tra i "cunti" più amati e richiesti dai bambini c'era sempre la leggenda del Gigante Manfrino.
Il semplice nome evocava immagini grandiose e affascinanti, di un tempo lontano in cui uomini tanto grandi quanto buoni camminavano sulla terra. La storia di Manfrino veniva narrata con tale enfasi che sembrava quasi di poterlo vedere, quel gigante dal cuore d'oro, mentre si ergeva maestoso accanto alla sua torre, sorvegliando con affetto il golfo di Gela.

Manfrino, così lo chiamavano, era un gigante dal cuore gentile, ma dalla forza immensa.
Nessuno sapeva esattamente da dove venisse o quale fosse il suo vero nome, ma la sua fama lo precedeva in tutta la Sicilia.
Insieme a lui, nella sua torre che dominava l’orizzonte, viveva sua sorella, una giovane donna dalla bellezza inarrivabile, che tutti chiamavano "La Castellana".
Riservata e misteriosa, la Castellana preferiva restare nelle sue terre, lontana dagli sguardi curiosi e dalle chiacchiere del mondo esterno.
Si diceva che la sua bellezza fosse tale da illuminare ogni angolo della torre, e che fosse così preziosa agli occhi del gigante da spingerlo a coltivare immensi giardini di fiori e frutti solo per lei.

Le terre del Manfrino, che si estendevano fino al confine con il castello di Falconara, erano un paradiso di prosperità. Campi rigogliosi di alberi da frutto, prati fioriti e ruscelli che scorrevano limpidi, disegnavano un quadro di abbondanza che incantava chiunque vi si trovasse.
La leggenda narra che questa ricchezza fosse un’eredità lasciata loro da un cavaliere di Malta, un tale Bertu di cui il cognome si era perso nella polvere del tempo, ma che aveva legato il suo destino a quello del Gigante e della sua sorella adorata.

Manfrino, però, non era un uomo che si accontentava di restare fermo.
Amava galoppare per le sue terre, osservando da vicino il suo regno, e nulla gli sfuggiva. Un giorno, mentre cavalcava attraverso i suoi campi, scorse da lontano una figura femminile che non aveva mai visto prima. Era una donna straordinaria, con lunghi capelli dorati che danzavano al vento e un portamento elegante che catturava ogni sguardo. La donna sembrava smarrita, come se cercasse qualcosa o qualcuno in quella distesa di fiori e alberi.

Il Gigante, incuriosito e affascinato, spronò il suo cavallo, ansioso di conoscerla.
Ma quando giunse nel punto esatto in cui l’aveva vista, la donna scomparve nel nulla, come un sogno dissolto all’alba. Solo l’impronta dello zoccolo del cavallo, incisa nel terreno, rimase a testimoniare il suo passaggio.
Fu lì che, col tempo, venne costruita una piccola fontanella, in ricordo di quell’incontro sfuggente.

Da quel giorno, Manfrino non trovò più pace. Ogni notte, sotto il chiarore della luna e il suono delle onde che lambivano la costa di Manfria, il Gigante restava sveglio, scrivendo poesie e intonando canti per quella donna misteriosa che aveva rapito il suo cuore.
Era come se il vento portasse con sé il suo volto, e ogni soffio d’aria gli sussurrasse il suo nome.
Sua sorella, la Castellana, preoccupata per il fratello che si consumava d’amore, decise di organizzare una grande festa. La sua speranza era che, tra i nobili e i principi invitati, la donna potesse tornare, e che finalmente il Gigante potesse confessare i suoi sentimenti.

E così fu. La festa si tenne nella grande torre di Manfria, e vi parteciparono ospiti da ogni angolo della Sicilia.
Ma quando la musica e i festeggiamenti erano ormai nel pieno, tra gli invitati apparve lei, la donna dei sogni del Gigante.
Manfrino la vide subito, e in un istante il mondo intorno a lui sembrò svanire. La seguì con lo sguardo, rapito dalla sua bellezza, finché la vide uscire dalla torre e dirigersi verso la spiaggia, come in cerca di quiete sotto il cielo stellato.

Il Gigante la seguì, ma mentre camminava sulla sabbia, il ricordo di una vecchia predizione tornò a tormentarlo.
Una strega gli aveva detto che nel giorno più felice della sua vita, avrebbe perso tutto: la sua amata terra si sarebbe inaridita, l’acqua che tanto abbondava sarebbe scomparsa, e persino la sua adorata sorella avrebbe trovato la morte. Manfrino scacciò quei pensieri funesti, deciso a confessare il suo amore, ma il destino aveva altri piani.

La donna, come spinta da una forza invisibile, si immerse nel mare e scomparve tra le onde. Il Gigante tentò di seguirla, ma una strana forza lo tratteneva, immobilizzandolo sulla riva. Intanto, nella torre, un complotto veniva tessuto dai nobili invitati. Gelosi delle ricchezze del Gigante, serrarono le porte e massacrarono gli ospiti, inclusa la povera Castellana.

Quando i cospiratori raggiunsero la spiaggia, trovarono Manfrino paralizzato dal dolore e dalla magia, e con una crudeltà senza pari lo uccisero, ponendo fine alla sua vita ma non alla sua leggenda.

Ma il ricordo del Gigante non svanì con lui.
Ancora oggi, nelle notti più calme, si dice che le sue grida di dolore risuonino tra le onde di Manfria, mentre il vento porta con sé l’eco di un amore perduto e di un destino tragico.

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