“Ogni giorno è davvero il 25 novembre”
Save the Woman trasforma una boutique in uno spazio per parlare di contrasto alla violenza di genere attraverso l’arte che educa
Ci sono luoghi che non ti aspetti. Luoghi in cui la consapevolezza arriva senza bussare, e la bellezza, quella esteriore, quella dei gesti quotidiani, diventa improvvisamente un varco. In occasione delle attività promosse per il 25 novembre, Save the Woman ha scelto anche la boutique Emme Marella dell’imprenditrice gelese Ivana Donegani. Un luogo pensato per la leggerezza, per quella piccola felicità che ogni donna si concede quando entra, sfiora un abito, immagina un dettaglio nuovo nella propria vita.
Eppure, quella boutique è diventata una stanza d’ascolto, una stanza di verità. L’evento, dal titolo “In nome di Lei. La legge che ascolta”, si è aperto con un monologo che ha disegnato un silenzio perfetto nella sala: la straordinaria Giuliana Fraglica ha portato le parole della Cortellesi sul sessismo nella lingua italiana, parole capaci di spostare piani, di far sentire il peso invisibile che tante donne portano addosso.
E poi è arrivato il giovane attore Giovanni Palumbo, che con Fraglica ha dato luogo ad una piece intensa e toccante. La dott.ssa Serena Berenato, Giudice del Tribunale di Gela e oggi GIP, ha poi offerto un intervento che ha unito competenza e umanità. Ha raccontato strumenti normativi, ascolti tecnici, il lavoro silenzioso degli operatori del diritto. Ma ha avuto anche il coraggio di parlare dei limiti, di ciò che manca, di ciò che va sostenuto.
Perché una legge, da sola, non basta: ha bisogno di una rete, di mani aperte, di una comunità che accompagna, protegge, crede alle donne. Per Save the Woman hanno preso la parola l’avv.ta Rosy Musciarelli, referente per Gela, e l’avv.ta Emanuela D’Arma, referente regionale. Hanno spiegato una scelta che all’inizio può sorprendere: parlare di violenza di genere dentro una boutique. Ma è esattamente lì che passa una parte della vita delle donne.
È lì che molte si concedono un istante di leggerezza, ed è lì che troppo spesso nasce una forma silenziosa di controllo: la violenza economica. Non servono urla, non servono schiaffi. Bastano il “no” a un acquisto, la richiesta insistente di una giustificazione, la carta bloccata, il senso di colpa instillato come veleno leggero.
Ecco perché portare la consapevolezza in un negozio è un gesto potente: significa restituire alle donne un luogo di libertà, di scelta, di dignità. La partecipazione è stata grande, sincera, viva. E ciò che porto a casa è semplice e immenso allo stesso tempo: non esiste un luogo sbagliato per parlare di violenza di genere. Esiste solo il coraggio di farlo. Nei negozi, nelle scuole, nei bar, nelle case. Perché ogni giorno è, davvero, 25 novembre.
15.2°