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Rosario Livatino è beato. L’esempio della Sicilia che ha sempre lottato

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Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, l’ha detto senza mezzi termini: «In un mondo in cui ci sono tante parole e pochi fatti, il tema della coerenza è molto importante». La dichiarazione, inoltrata dall’agenzia Ansa, ben fotografa la storia di Rosario Livatino, che da questa mattina è beato: la solenne cerimonia di beatificazione è stata celebrata presso la cattedrale di Agrigento, la sua festa sarà il 29 ottobre. Aveva 38 anni il giudice quando, nel settembre ’90, venne ucciso ad Agrigento dai sicari della Stidda. Divenne subito un simbolo dell’antimafia, quella vera, fatta non di “eroi” mediatici o social ma di professionisti, uomini che fino in fondo hanno svolto con passione e senso del servizio il loro dovere.

Nel 2011 l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro avviò il processo diocesano di beatificazione. Questa mattina la chiusura del cerchio: Rosario Livatino diventa il primo magistrato beato nella storia della Chiesa. Ma la cerimonia è arrivata in un altro giorno speciale per la storia della Sicilia e dei suoi “eroi”.

Il 9 maggio ’78, infatti, mentre a Roma veniva ritrovato il cadavere di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse, a Cinisi si ritrovava il corpo senza vita di Peppino Impastato, giornalista e fondatore di Radio Aut, la radio antimafia che denunciava il fenomeno mafioso con parodia e limpidezza di pensiero, onestà e senso alto di giustizia. Quelle di Livatino e Impastato sono due grandi storie come tante ce ne sono nella nostra terra, nella Sicilia che ha sempre lottato contro le storture, le violenze, la barbarie di un cancro chiamato mafia.

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