“Tra Ciavuru e Paroli”, in via Morello la prima personale di Martina Garzia

Si chiama “Tra Ciavuru e Paroli” ed è un omaggio alla Sicilia: i suoi colori, sapori e odori, ma anche la saggezza dei suoi proverbi tramandati di generazione in generazione. È l’installazione promoss...

A cura di Redazione Redazione
25 settembre 2024 15:32
“Tra Ciavuru e Paroli”, in via Morello la prima personale di Martina Garzia -
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Si chiama “Tra Ciavuru e Paroli” ed è un omaggio alla Sicilia: i suoi colori, sapori e odori, ma anche la saggezza dei suoi proverbi tramandati di generazione in generazione. È l’installazione promossa dall’associazione Smaf, presieduta da Gaetano Arizzi, che arricchisce ulteriormente di arte e colore la via Morello, cuore del centro storico.

L’iniziativa, organizzata durante la seconda edizione del festival “Ué – Eventi Urbani”, viene firmata dalla giovane artista gelese Martina Garzia. Nata a Palermo nel ’99 ma cresciuta a Gela, studia alla magistrale in illustrazione editoriale all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Si è gia laureata in illustrazione e fumetto, sempre a Bologna, e si è diplomata presso l’accademia The Sign di Firenze in illustrazione.

«Amo le storie per bambini e cerco sempre con un fare un po’ fantasioso di riflettere l’essere bambina nelle mie illustrazioni. Un mio professore dell’accademia mi ha sempre spiegato quanto sia importante amare quel che si disegna e diceva sempre ‘Se bisogna fare un pomello o un cuscino, bisogna sempre fare il pomello e il cuscino di casa propria».

Per la giovane artista gelese, “Tra Ciavuru e Paroli” è la prima personale: «Cerco sempre di condividere il mio immaginario e il mio bagaglio culturale: dalla musica, al design al posto dove sono nata e cresciuta. Le mie illustrazioni parlano di strade, di vicoli, dalle vecchiette che stirano la pasta alle ricette della cucina palermitana di nonna. Non sono altro che io. Ringrazio l’associazione Smaf per avermi dato l’opportunità di esporre la mia prima personale in uno dei vicoli più belli della città, via Morello, e di aver dato voce attraverso i detti a quello che dico attraverso l’immagine».

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