L'umorismo contagioso di Giuseppe Castiglia
"C’era la possibilità di farlo diventare un lavoro e io ho colto l’occasione di diventare un barzellettiere"
Divertente (non potrebbe essere diversamente), sempre propenso al dialogo col pubblico, e – elemento di assoluta rilevanza – mai sopra le righe e fuori dai canoni della decenza che il mondo dello spettacolo (soprattutto in tv e in teatro) determina e che in pochi rispettano. Giuseppe Castiglia, 53 anni, è il barzellettiere siciliano più conosciuto ed amato dal pubblico. Ha il potere della risata, l’esercizio intellettuale dell’ironia. Con l’avvento preponderante dei social, sono in tanti a cercare una sua performance, ad impararla e a raccontarla. A volte ci si riesce, a volte no. Perché bisogna essere in possesso della facoltà di ricordare, principalmente. O c’è un espediente?
“Nessun trucco, solo buona memoria”.
Ma come è nata l'idea di raccontare in pubblico le barzellette?
“Le barzellette in famiglia e tra amici le ho sempre raccontate, fin da quando avevo tre anni e il mio “fornitore” ufficiale era mio nonno materno Ciccino. L’idea di raccontarle in pubblico fu la naturale conseguenza della partecipazione a “La sai l’ultima?” su Canale 5 e la contemporanea nascita del programma “Insieme” ad Antenna Sicilia. C’era la possibilità di farlo diventare un lavoro e io ho colto l’occasione”.
Le barzellette che racconti sono frutto dei diversi episodi che si registrano nella quotidianità?
“L’origine delle barzellette è misteriosa, nessuno può dire di averne inventata una di sana pianta. Si tramandano, si modificano, si adattano ai tempi, poi ognuno sceglie la narrazione che preferisce, anche in base al pubblico a cui ci si rivolge”.
Ti diverti a raccontare barzellette più in tv e teatro o all'aperto?
“E’ certamente più comodo ed efficace raccontarle in un teatro al chiuso piuttosto che in piazza, dove l’attenzione del pubblico non può essere la stessa per un sacco di motivi. Di sicuro è più divertente raccontarle a quattro amici a tavola, magari dopo qualche buon bicchiere di vino rigorosamente rosso”.
Ci sono stati momenti in cui il pubblico non ha apprezzato le tue barzellette e per quale motivo?
“Non si può pretendere di piacere a tutti, immagino ci siano parecchie persone che non gradiscano, ma se qualcuno viene a vedermi e ad ascoltarmi, sa già cosa aspettarsi quindi non mi è mai accaduto che il pubblico presente non abbia apprezzato”
Hai accennato della tua partecipazione a La sai l’ultima?. Cosa ricordi di quel momento in una tv nazionale?
“Le cose che mi impressionarono particolarmente dell’esperienza a Canale 5 furono l’organizzazione enorme che c’era dietro quella trasmissione, le tante persone che lavoravano dietro le quinte e il fatto che si desse fiducia a degli emeriti sconosciuti a cui era affidato il compito di battere Rai 1 nel giorno più importante della programmazione televisiva dell’epoca, il sabato sera”.
Da Canale 5 ad Antenna Sicilia, con Insieme, il talk show più seguito negli ultimi anni. Chi è per te Salvo La Rosa e cosa ha rappresentato nel tuo cammino professionale?
“Salvo è stato fondamentale nella trasformazione di quella che era una semplice passione coltivata tra amici e parenti in un vero e proprio lavoro, quello dell’intrattenitore. Soprattutto è un amico da ormai trent’anni”.
Con chi dei tanti cabarettisti siciliani sei più legato e perché?
“Quelli con cui mi sento più spesso sono soprattutto Massimo Spata ed Antonello Costa. Col primo condividiamo la passione per l’isola di Lampedusa, dove siamo anche stati in vacanza insieme. Non c’è un motivo particolare, solo empatia. Ogni tanto mi sento anche con Sasà Salvaggio, Carlo Kaneba e Totino Lamantia”.
Giuseppe Castiglia, lavora nel mondo dell’intrattenimento, come speaker radiofonico, cabarettista e attore, ed in passato è stato un venditore e un formatore di venditori.
“Ho cominciato da giovanissimo, ero ancora studente, con la vendita porta a porta delle enciclopedie. Ho sempre avuto una buona propensione alla vendita, probabilmente ereditata da mio padre. Ho venduto fotocopiatrici, computer, marmi e graniti, utensili e attrezzi per marmisti, assicurazioni, farmaci da banco e molto altro e spesso, proprio perché ero molto capace e bravo a trasferire la mia esperienza ad altri, finivo per insegnare il “metodo” ai colleghi più giovani e motivare quelli più anziani”.
Avresti voluto frequentare l'istituto d'arte (in tanti ti riconoscono di essere un bravo ritrattista…) ma hai scelto l'indirizzo tecnico di ragioneria. Come mai?
“Non ho affatto scelto io. A quel tempo si faceva quello che dicevano i genitori e mio padre era convinto, in buona fede, che quella strada dell’istituto tecnico fosse la più pratica per poter entrare presto nel mondo del lavoro”.
Fare il barzellettiere è economicamente produttivo?
“Se lo si fa bene può essere redditizio”.
Le barzellette che racconti, si caratterizzano per la loro sicilianità. Avrebbero lo stesso effetto, se venissero raccontate in italiano?
“Certamente no, ma vale lo stesso per tutti gli altri dialetti. I termini coloriti e intraducibili rendono la narrazione più gradevole e divertente”.
Quanto sono importanti i social, per chi è nel mondo dello spettacolo?
“I social sono i nuovi mass media, hanno superato la televisione. Se non ti vedono su un telefonino significa che non esisti. Quindi, volenti o nolenti, bisogna esserci”.
Giuseppe è papà di 3 figlie, tutte femmine. Si tratta di due gemelle di 26 anni e di una ragazzina di 15, Sofia. Anna è ormai un’apprezzata cantautrice (ha vinto Musicultura, il premio Emi, il premio Nuovo Imaie e la targa Tenco), Nina invece è un’acrobata circense che vive a Parigi.
Chi delle tre, ti somiglia caratterialmente di più?
“Sono padre di tre figlie avute con due donne diverse e in ognuna vedo qualcosa di me. Anna ha la mia stessa ironia. Nina, mi somiglia di più per la curiosità e la voglia di imparare sempre cose nuove. Sofia, la più piccola, ha un talento particolare per il disegno forse più spiccato di quanto ne avessi io alla sua età”.
Credi in Dio?
“Sono cresciuto con i salesiani ma la mia idea di fede è molto personale”.
Conosci Gela dove più volte ti sei esibito. Cosa ti colpisce della nostra città?
“Quello che mi ha sempre colpito di Gela è la grande affinità dei suoi cittadini con la mia Catania”.
Ti piacerebbe essere chiamato per realizzare un film e in che ruolo ti vedresti?
“Mi vedrei come sceneggiatore. Comunque mi è capitato di fare dei piccoli ruoli in La Piovra e in Montalbano e mi è bastato per capire che il cinema non fa per me. Troppa attesa, tempi lunghissimi e poca emozione. Preferisco il teatro”.
Il tuo genere di musica preferito?
“Non ho pregiudizi nei confronti della musica, ascolto di tutto. Se dovessi identificare un genere preferito, direi il cantautorato italiano degli anni ’70/’80”.
E' l'anno buono per la promozione in B del Catania?
“Me lo auguro soprattutto per la città. Il calcio muove un’economia che va ben oltre lo stadio e di cui beneficiano in tanti, per questo motivo Catania, come città e come squadra, dovrebbe stare perennemente in serie A”.
Il tuo peggior incubo?
“Quello ricorrente è di andarmene da questa terra senza aver fatto tutto il possibile per rendere la vita delle mie figlie un po’ più sicura”.
Ma il "tuo" Saro Falsaperla esiste nella vita reale?
“Saro è sempre esistito ed esiste ancora. Si tratta di un amico della mia adolescenza a cui attribuivo le vicende che raccontavo. Acquisì anche il cognome durante le scuole superiori, prendendolo in prestito da una compagna di classe che aveva un padre particolarmente simpatico”.
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