Seguici su:

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Il messaggio pasquale del vescovo Gisana

Pubblicato

il

Ospitiamo il messaggio pasquale del Vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana

La passione di Cristo dà un significato nuovo alla Pasqua.

Essa non rammenta soltanto l’evento di liberazione che coinvolse Israele nella sua schiavitù d’Egitto, evento rappresentato simbolicamente dal sacrificio dell’agnello (cfr. Es 12,1-14), ma anche un modo rivisitato di relazionarsi con agli altri, tenendo conto di misure alte, sovrabbondanti, in sintonia con quanto Gesù raccomanda ai discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà (perisseúsē = sarà in eccedenza) quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20).

La Pasqua, alla luce della passione di Cristo, ci insegna, oltre a vivere l’evento straordinario della liberazione dalle nostre infermità spirituali, pensando a comportamenti da correggere e rivedere, a cogliere un modo differente di relazionarsi con gli altri: un nuovo stile di vita ispirato all’offerta di Gesù.

Quest’aspetto è quello che più caratterizza l’annuncio del Risorto. La vittoria sulla morte non riguarda soltanto la certezza che la vita umana è soggetta a un trapasso esistenziale, ma anche rivisitazione di un morire, quotidiano e reiterato, che fa della vita lo spazio traboccante del dono di sé stessi agli altri.
È la ragione perché Gesù, secondo la versione di Matteo, insiste sulla giustizia come misura che regola le nostre relazioni. Accostata all’azione del regno di Dio (cfr. Mt 6,33), essa lo inaugura tutte le volte in cui il rapporto con gli altri si sottopone all’eccedenza della gestualità.

La Pasqua è il momento rivelativo dell’amore di Dio: la sua giustizia a partire dal modo con cui il Figlio accetta e vive la passione per l’umanità, «pro nobis». L’apostolo spiega questa dinamica oblativa, evocando una dimensione paradossale dell’amore di Cristo.

Egli accetta di essere considerato peccatore, senza mai esserlo, per condividere e capire la nostra condizione di fragilità, e soprattutto per consegnare a coloro che lo avrebbero seguito la misura di un amore eccedente, quello che Matteo chiama giustizia.
Tale virtù ci mette nella possibilità di scorgere nella passione di Cristo il vero senso della Pasqua: Gesù dona sé stesso «pro nobis», in modo gratuito, mettendo l’altro nella condizione di fare una scelta personale, non impositiva che gli consente di capire quanto Dio possa amarlo.

Paolo, richiamandosi a questa giustizia, fa capire che l’amore oblativo di Gesù ha provocato in noi una trasformazione radicale, indipendentemente dalla corrispondenza che ciascuno riesce a esprimere: siamo diventati in Gesù «giustizia di Dio» (2Cor 5,21), testimoni di una bontà divina infinita che si ravvisa nel modo con cui viviamo il rapporto con gli altri.
L’autore della prima Pietro, mutuando quest’antico inno cristologico dalla comunità primitiva, mette in evidenza quello che è richiesto a un “vero” discepolo: seguire le orme della passione di Cristo. È interessante la lezione latina del v. 21, secondo l’edizione tipica di Sisto V e Clemente VIII (1592-1593), in cui si legge «pro nobis» al posto di «pro vobis», con senso chiaramente discepolare. La passione di Cristo non è solo evocazione di un atto divino in favore dell’umanità, «pro vobis», ma anche rivelazione di una misura relazionale, proposta a coloro che decidono di seguire il Signore, «pro nobis».

Possiamo dire che essa costituisce una sorta di discrimine sull’essenza del cristianesimo.
Dall’assimilazione della passione di Cristo si capisce chi è veramente cristiano e cosa s’intende per vangelo. Non a caso l’autore del testo greco, per significare quello che vuol dire seguire Gesù, utilizza un termine, hypogrammós, che traduce letteralmente il rapporto che deve esserci tra lui e il discepolo e l’impegno di quest’ultimo a far proprio quanto il maestro ha insegnato con la sua condotta di vita Quest’ultimo infatti ha lasciato un esempio nel modo con cui ha gestito la sua esistenza, totalmente aperta al «pro nobis». Tale modello sottintende una duplice richiesta: da una parte, guardando a Gesù, siamo chiamati a migliorare i rapporti fraterni, a farlo con impegno e per amore di lui; dall’altra, comprendendo il senso del vangelo in quest’ottica, imparare a forgiare in noi il suo stesso comportamento.

La frase «lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» lo indica: il cristiano è una persona che, decidendo di seguire Gesù, sa che il vangelo è conformazione a colui che patì per noi. Non esistono altri modi di vivere il cristianesimo, se non quello di imitare il Signore nella sua passione.
La rivelazione di questa verità ci aiuta a cogliere, nel nostro modo di essere cristiani, alcune contraddizioni che, in definitiva, altro non sono che scimmiottature del vangelo. È un rischio che ripetutamente corriamo, se non ci si impegna a modellare le nostre forme di spiritualità, molteplici e variegate, all’unica forma che Dio richiede da ciascuno: quella della passione di Cristo, ove l’enfasi cade sempre sulla seconda parte, «pro nobis».

È un impegno strenuo che assumiamo volentieri per essere compartecipi del vangelo (cfr. 1Cor 9,23), per essere veri cristiani e dare coerenza a quanto ascoltiamo quotidianamente dalla parola di Dio. Assimilare la passione di Cristo vuol dire non perdere mai di vista la finalità per cui soffriamo, alla maniera di colui che ci ha insegnato a motivare il senso delle nostre sofferenze.
Policarpo, nella Epistula ad Philippenses 8,2, afferma che il dolore, qualunque esso sia, vissuto a imitazione di Gesù, serve a rendere gloria a Dio: «Siamo dunque imitatori della sua paziente sofferenza, e se soffriamo a motivo del suo nome, lo glorificheremo». Quello che conta è sintonizzarci con il modo di soffrire di Gesù, quel «pro nobis» che in questo caso intende l’imitazione della pazienza di Cristo. Il termine, utilizzato da Policarpo, è hypomonē che significa letteralmente stare sotto a qualcosa, né scelto né voluto. Ciò significa che le nostre sofferenze sono motivo di ubbidienza a un disegno di vita che non ci appartiene o vorremmo che ci non appartenesse, ma è disegno di Dio: un progetto di salvezza che egli sta realizzando «pro nobis», in favore dell’umanità e attraverso la nostra silente partecipazione.
In questo processo di imitazione, l’esito a cui porta la passione di Cristo è interessante. Policarpo lo esplicita con l’espressione: «lo glorificheremo». Le nostre sofferenze diventano lo spazio giusto per richiamare la presenza di Dio: additarla, testimoniarla e soprattutto darle la possibilità di agire efficacemente sul cambiamento di rotta dell’umanità, oppressa dalle sue bramosie. Quest’inaspettata cooperazione all’oblatività divina ci nobilita, ci esalta, ci fa intendere che la nostra vita, al di là delle congenite limitazioni di peccato, è apprezzata da Dio e diventa per lui uno strumento prezioso nel rigenerare gli effetti della Pasqua (cfr. 2Cor 5,17). Quest’ultima infatti, alla luce della passione di Cristo è rigenerazione dell’umanità. La risurrezione di Cristo esprime così il suo primo effetto redentivo pasquale, elevando il senso delle nostre sofferenze offerte, le quali, conformate a quelle di Gesù (cfr. Fil 3,10), perpetuano ad libitum l’evento straordinario che la Pasqua rammenta.
Quest’evento è certamente la risurrezione del corpo mortale di Cristo e rimanda con la medesima certezza alla risurrezione finale dei nostri corpi (cfr. 1Cor 15,44-53), ma è splendidamente anticipato da quello che la sofferenza umana, quotidianamente offerta, attua nella storia dell’umanità. Con la morte e risurrezione di Cristo le sofferenze diventano pura oblazione di un memoriale che consente di rivivere quello che la comunità primitiva contemplò, estasiata, nell’incontro con Cristo risorto. La pace della Pasqua, che Gesù donò ai discepoli dopo la risurrezione, rivela il valore della sua sofferenza per la glorificazione di Dio sulla terra, quella sofferenza che trasuda dalle nostre sofferenze e conferma l’appartenenza discepolare, intesa così da Gregorio di Nazianzo nell’Oratio 6,4: «Ora noi, che apparteniamo a chi ha subito la passione per noi, siamo divenuti compassionevoli e portiamo gli uni i pesi degli altri, ora noi, che apparteniamo al Capo, formiamo un solo corpo armonioso e compatto secondo l’unione completa che si realizza nello Spirito».

Monsignor Rosario Gisana – Vescovo Diocesi di Piazza Armerina

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

“Basta con i tagli,la sanità pubblica va difesa oggi”

Pubblicato

il

Dal dott Luca Scicolone, referente dell’associazione giovanile Digital young, riceviamo e pubblichiamo:

L’incidente di ieri sulla Gela Caltagirone ci ricorda che i presìdi salvano vite. Grazie a chi c’è, ma servono rinforzi. Ieri, tra Gela e Caltagirone, un grave incidente stradale ha riportato alla luce – con la forza brutale dei fatti – una verità che troppo spesso viene ignorata: la salute pubblica non può sopravvivere senza presidi ospedalieri efficienti e personale sufficiente, sanitario e non. Nel momento in cui la vita di una persona è appesa a un filo, ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte. Ma come si può garantire un soccorso tempestivo, un’assistenza efficace e cure adeguate, se i presidi territoriali vengono progressivamente svuotati, accorpati, tagliati?

Il COVID avrebbe dovuto insegnarci una lezione indelebile: la sanità non è un costo da abbattere, ma un investimento da potenziare. Abbiamo lodato medici e infermieri, applaudito dalle finestre, invocato più fondi e strutture. Eppure, a distanza di qualche anno, sembra che nulla sia cambiato. Anzi, è peggiorato. E allora perchè i giovani devono restare qua? Perchè restino servono certezze non illusioni.Oggi si parla ancora una volta di centralizzare, accentrare le strutture sanitarie nei grandi poli urbani, lasciando interi territori scoperti. Ma cosa significa questo per chi vive lontano da questi centri? Significa attese interminabili, viaggi infiniti, soccorsi ritardati. Significa abbandonare il diritto alla salute di migliaia di cittadini.Non è accettabile.Servono:presidi ospedalieri territoriali ben attrezzati,personale formato e numericamente adeguato,servizi di emergenza efficienti e capillari oltre che investimenti reali e strutturali nella sanità pubblica.

La salute è un diritto costituzionale, non un privilegio per chi vive nelle città metropolitane o può permettersi il privato. L’incidente di ieri è solo l’ultimo segnale. Ma quanti altri ne servono prima che qualcuno se ne assuma davvero la responsabilità?E non possiamo dimenticare un altro comparto essenziale e troppo spesso invisibile: il personale non sanitario. Amministrativi, informatici, tecnici, operatori ausiliari. Figure fondamentali che garantiscono l’organizzazione, la gestione e il funzionamento dell’intero sistema. Durante il COVID li abbiamo chiamati eroi, oggi sono diventati “risorse dimenticate”, lasciati senza riconoscimenti, senza tutele, spesso con contratti instabili e carichi di lavoro insostenibili.Basta con i tagli. Basta con l’abbandono dei territori. La sanità pubblica va difesa, oggi. Non quando sarà troppo tardi.

Continua a leggere

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Per il gruppo di Una buona idea sulla sanità non bisogna abbassare la guardia

Pubblicato

il

Dal gruppo consiliare di Una buona idea riceviamo e pubblichiamo

La questione sanità continua a preoccuparci, abbiamo, dopo le iniziative del Sindaco volte a coinvolgere tutte le parti sociali, cittadine e politiche presentato un documento chiaro e preciso un documento che è stato approvato dall’intero consiglio comunale, lo stesso è volto non solo a rimandare al mittente la bozza che ci è pervenuta a inizio luglio, ma soprattutto a ripristinare il piano regionale del 2019.

Dopo il Consiglio comunale che si è svolto a Palermo siamo in attesa di una risposta chiara, purtroppo, l’unica nota “ufficiale” che è venuta fuori non ci lascia per nulla contenti poiché continuerebbe a mortificare il nostro territorio. Qualche Deputato locale ha rassicurato la città di un grande risultato con importanti novità, ovviamente auspichiamo che sia cosi e ne saremo ben felici, ma vorremmo capire le fonti e soprattutto qual è la direzione che si vuole perseguire. Una cosa deve essere chiara, noi come movimento non accetteremo nulla se non quello ché il Consiglio Comunale ha votato all’unanimità poiché lo riteniamo l’unica soluzione possibile e siamo disposti a difendere il territorio in qualsiasi modo.
Invitiamo tutti i soggetti che hanno partecipato agli incontri a non abbassare la guardia e a continuare a mantenere alto il livello dell’attenzione. È in gioco il futuro del nostro territorio, poiché come abbiamo sempre sottolineato l’ospedale di Gela è il punto di riferimento di un territorio che va’ oltre la nostra città

Continua a leggere

Cronaca

La consigliera Oliveri dopo il suo parto all’Ove:”non si può più attendere per l’Utin e per il personale”

Pubblicato

il

Dalla consigliera comunale Cristina Oliveri riceviamo e pubblichiamo:

Oggi sento il bisogno – ma soprattutto il dovere – di condividere pubblicamente un profondo ringraziamento a tutto il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela. Ho vissuto in prima persona l’esperienza di questo reparto in uno dei momenti più importanti, delicati e vulnerabili della mia vita: la nascita di mio figlio Federico, avvenuta il 18 di luglio. In quei giorni, ho incontrato medici, ostetriche, infermiere, OSS, che mi hanno accompagnata con professionalità, dedizione e una straordinaria umanità.
Nonostante le tante difficoltà strutturali, ogni componente del reparto svolge il proprio ruolo con impegno e passione, facendo sentire noi pazienti accolte, ascoltate e sicure.

Ma accanto a questa profonda gratitudine, c’è anche la necessità – e l’urgenza – di denunciare una grave mancanza che riguarda non solo me, ma tutte le famiglie di questo territorio: a Gela manca una Utin, un’Unità di Terapia Intensiva Neonatale. Una mancanza che pesa come un macigno su chiunque si trovi a vivere un parto complicato o una nascita prematura.
In caso di emergenza neonatale, l’unica possibilità è il trasferimento urgente verso altre strutture, come quella di Enna, con ambulanze attrezzate e culle termiche. Ma quando si parla di neonati in condizioni critiche, il tempo è tutto.E ogni chilometro in più può rappresentare un rischio enorme.

Io stessa, durante il mio ricovero, ho assistito al trasporto d’urgenza di una neonata. Il suono delle spie della culla che la accompagnava mi è rimasto dentro: era il suono della vita appesa a un filo, della corsa contro il tempo, della speranza che tutto andasse bene. Ma non è giusto che si debba sperare nella fortuna, quando invece dovrebbe esserci una struttura adeguata, già pronta, nella nostra città.A questa grave lacuna si aggiunge un’altra criticità che troppo spesso viene ignorata: la carenza cronica di personale.
Il reparto di Ostetricia e Ginecologia di Gela , come anche il reparto di Pediatria, vanno avanti solo grazie al sacrificio estremo del suo personale sanitario, che spesso si trova a dover affrontare doppi turni, ritmi insostenibili, ferie ridotte o rimandate, per riuscire a garantire un servizio minimo. Un sacrificio silenzioso, continuo, che meriterebbe ben altro riconoscimento e sostegno.

E allora, mi rivolgo alle istituzioni, alla dirigenza sanitaria e alla politica regionale: come si può parlare di diritto alla salute se mancano i mezzi per garantire sicurezza a chi nasce?Come si può difendere la vita, la maternità, l’infanzia, se non si investe nelle strutture e nelle persone che ogni giorno se ne prendono cura?Il Reparto di Ostetricia e Ginecologia di Gela non è solo un reparto ospedaliero. È un presidio di umanità. È un punto di riferimento per tutte le donne del territorio,Gela, Mazzarino, Riesi, Niscemi e Butera, un luogo che accoglie e protegge nei momenti più fragili.È tempo che venga riconosciuto per quello che è. È tempo che venga potenziato, sostenuto, valorizzato. È tempo, soprattutto, che anche a Gela venga attivata una UTIN. Non possiamo più permetterci di aspettare.

Un grazie di cuore a tutto lo staff che mi ha accompagnata in questo percorso: alla mia Dottoressa, al team di ginecologi, ostetrici, anestesisti, infermieri e pediatri.La mia gratitudine va a ciascuno di voi, per la professionalità, la dedizione e l’umanità dimostrate.Per tutte le madri, per tutti i bambini, per il bene della nostra comunità.

Cristina Oliveri
Consigliere Comunale, ma soprattutto una madre gelese.

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità