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Al Comune si parla delle dighe

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Gela – Nuova riunione operativa sulla situazione delle dighe Comunelli, Cimia e Disueri, ieri al Comune. Presenti il Sindaco Lucio Greco, l’assessore all’agricoltura Cristian Malluzzo, l’ing. Salvatore D’Arma per il Consorzio di Bonifica e, in collegamento, l’ing Calogero Foti, direttore del Dipartimento Acqua e Rifiuti alla Regione.

Tutti si sono detti concordi sia sulla necessità di evitare di esaurire i pozzi, tecnica che accentua la desertificazione, che sul fatto che sia fondamentale “aggiustare” gli impianti già esistenti, perchè andare a crearne di nuovi costerebbe almeno il doppio.

Per quanto riguarda la Comunelli, al momento impossibilitata ad invasare, è stata discussa la possibilità di ovviare al problema utilizzando la galleria idraulica attraverso la quale, a circa 7 km di distanza, si potrebbe incanalare il torrente Rizzuto, in modo da creare accumulo e fornire una irrigazione di soccorso alle colture. Le condizioni di questa galleria, gestita dall’assessorato regionale all’energia, pare siano buone, si dovrebbe solo mettere mano a qualche piccolo intervento di manutenzione e pulizia. La soluzione sarebbe solo temporanea, ma permetterebbe di dare ossigeno ai produttori per tutta l’estate, il periodo più critico dell’anno.

Con riferimento allo sfangamento, sempre alla Comunelli, una soluzione potrebbe essere rappresentata dalla disponibilità dei produttori della zona a ricevere il fango tirato fuori dalla diga, da distribuire poi nei terreni tra Gela, Butera e Licata. I fanghi, infatti, presentano caratteristiche che, sotto il profilo organico, arricchiscono e nutrono i terreni. Pertanto, armonizzare questo processo da qui a qualche anno permetterebbe di risolvere il problema definitivamente. Prima, però, sono necessari un’accurata opera di caratterizzazione, per escludere che nei fanghi non ci siano anche sostanze dannose, l’acquisizione del parere ambientale e l’analisi dei costi.

Per quanto riguarda Cimia, invece, si potrebbe ricorrere al torrente Maroglio, che, in attesa che la Disueri venga sistemata, potrebbe alimentare Cimia attraverso una condotta già allacciata e senza sollevamenti. Anche in questo caso, servirebbe solo un po’ di manutenzione.

“Sono soddisfatto di questo incontro – ha dichiarato, al termine, il Sindaco – perchè sono state individuate soluzioni concrete per dare acqua ai terreni e ossigeno agli imprenditori agricoli. Nei prossimi giorni, inoltreremo una dettagliata relazione all’ing. Foti, che, prima dell’estate, inviteremo a venire qui di persona, insieme all’assessore di riferimento. Abbiamo parlato anche di come estendere l’irrigazione nei terreni più a nord della Disueri, e anche su questo si stanno studiando una serie di soluzioni. Purtroppo, abbiamo ereditato il nulla sotto il profilo delle manutenzioni, ordinarie e straordinarie, di questi invasi, ma crediamo che una soluzione ci sia e ci stiamo impegnando per risolvere problemi atavici”.

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A Delia il Festival del “Borgo dei tesori”

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Delia – Arriva anche a Delia il Festival promosso dall’associazione Borghi dei Tesori, un’unione di comuni che cammina insieme per la valorizzazione del proprio patrimonio storico- culturale, materiale, immateriale, contribuendo in tal modo alla valorizzazione dell’intera isola.

Quest’anno il festival avrà luogo, in tutti i borghi partecipanti a questa edizione, in tre weekend compresi tra il 10 e il 26 maggio. Il sindaco Bancheri a proposito: “Delia nel tempo si è fatta spazio, facendosi conoscere per la sua ricchezza storica e culturale che si traduce in tradizioni perpetuate nel tempo. Un paese che vive prevalentemente di agricoltura e che ha fatto della Pesca IGP e della Cuddrireddra, dolce tipico, il fiore all’occhiello, il trampolino di lancio per una crescita economica esponenziale.

Io e l’assessore Lo Porto vediamo nel “Delia Roots Fest – Lu Castiddrazzu” una possibilità per velocizzare questo percorso di crescita tramite le attività esperienzali vissute in loco”. Il Festival sarà articolato in una serie di passeggiate, esperienze, laboratori, che catapulteranno il visitatore nel vivo delle tradizioni deliane. “Non mancheranno spettacoli, itinerari storico-cittadini, passeggiate naturalistiche, degustazioni, attività laboratoriali nell’azienda La Cuddrireddra di Delia Alaimo, visite guidate tra le filiere degli imprenditori agricoli, esperienze volte a promuovere le feste più sentite nel borgo, come i riti e le rappresentazioni della Settimana Santa che portano a Delia ogni anno migliaia di visitatori. È un’esperienza nuova per Delia. Siamo entrati a fare parte dell’associazione l’estate scorsa proprio perché abbiamo creduto in questa associazione e all’instancabile squadra che lavora ogni giorno per portare avanti tutte le innumerevoli attività organizzate. Cito Laura Anello, presidente e Maco Coico, referente per Delia, i quali mi sento di ringraziare per l’estrema serietà e disponibilità con cui portano avanti il loro lavoro. Prendere parte a questo grande Festival è un rischio che abbiamo voluto correre perché crediamo fortemente nelle potenzialità del nostro piccolo paese, che ha dato tanto e tanto ha ancora da dare. Grazie all’aiuto di una squadra di lavoro instancabile, in loco e non, speriamo di dare ai visitatori che verranno a trovarci in questi giorni un motivo per tornare” – così l’assessore alla cultura Deborah Lo Porto. Tra pochi giorni sarà già possibile effettuare la prenotazione agli eventi in programma sul seguente sito: https://www.leviedeitesori.com/borghideitesori/ La prenotazione prevede un contributo minimo per esperienza, il cui ricavato andrà come sostegno alle attività annuali dell’associazione.

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Lo scoop letterario di Dora Marchese presentato dall’Inner Wheel

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Un scoop letterario quello presentato ieri sera dall’Inner Wheel di Gela presieduto da Eugenia Romano con il libro della ricercatrice Dora Marchese che ha condotto uno studio su Adelaide Bernardini eclettica scrittrice, finora sconosciuta se non come la ‘giovane moglie’ di Luigi Capuana.

Una donna che ha dato la vita per la letteratura, dimenticata dal mondo letterario maschile che si è occupato, finora, di tramandare ai posteri la tradizione letteraria. Ci ha pensato la studiosa Marchese ad alzare il velo su questa amabile autrice, una delle tante donne – ombra delle arti, e l’Inner Wheel a divulgare il messaggio culturale con l’aiuto dei giornalisti Andrea Cassisi e Liliana Blanco.

Ad aprire i lavori la presidente Romano che ha posto l’accento sul dovere del mondo della cultura di restituire dignità a chi ha dedicato la vita alle lettere ed al ruolo sociale dei simposi associativi come il club al femminile che rappresenta.

“Dove sono le donne artiste, pittrice, scultrice, letteratura nei libri su cui abbiamo studiato? – si è chiesa la giornalista Blanco – eppure ci sono. Esiste una cultura sommersa di cui solo ora si sta prendendo coscienza: da Ipazia di Alessandria, a Sofonisba Anguissola, ad Artemisia Gentileschi, ad Adelaide Bernardini su cui è caduta una coltre di silenzio. Oggi la conosciamo grazie al lavoro di ricerca e divulgazione della Marchese”.

Poeta, narratrice, giornalista, drammaturga, librettista e autrice di testi critici, lavori pedagogici, fiabe e testi teatrali, la Bernardini ha rappresentato uno scorcio consistente della letteratura postunitaria – ha detto Cassisi nel corso della discussione con l’autrice che ha tracciato un quadro realistico, umano e letterario del mondo della cultura del primo 900, con competenza e padronanza della materia frutto di uno studio decennale sull’ opera che sarà oggetto di nuove incursioni future.

La Bernardini è stata descritta come letterata indipendente e versatile per nulla asservita alle scelte veriste del marito ma scevra da condizionamenti e del tutto originale e per questo osteggiata da Pirandello, Verga, Musco pur amici di Capuana.

Nel febbrile e movimentato scorcio di fine ’800-prima metà del ’900, la Bernardini infatti non si è posta pedissequamente nel solco delle scelte letterarie del marito ma ha cercato una strada sua, capace di esprimere un nuovo atteggiamento all’interno della letteratura femminile, come esprime efficacemente in una sua novella in cui si afferma: «il torto principale di quasi tutti gli uomini che scrivono è quello di voler studiare e analizzare le anime femminili. Anche i più acuti non vi riusciranno mai completamente. Al contrario, dovrebbero convincersi che soltanto una donna può studiare e intendere alla perfezione un’altra donna! La scrittura “dal vero” non è possibile né efficace quando si tratta di donne e di passioni amorose.

“Bernardini – ha spiegato l’autrice – affronta i principali problemi dibattuti dall’emancipazionismo femminile: la maternità, il divorzio, l’adulterio, il matrimonio d’interesse, l’istruzione delle donne; accanto ad altri che le sono peculiari perché appartenenti al suo vissuto, ad esempio, la condizione dell’orfano, la famiglia disfunzionale, il mito dell’arte. In tutti questi aspetti la visione di Bernardini è moderna, lontana dal cosiddetto “femminismo conservatore” che da una parte esaltava il canonico ruolo di madre e moglie, dall’altro promuoveva la figura della donna intellettuale, scevra, però, da ogni aspetto trasgressivo”. Il tutto condito da episodi gustosi ed reali che hanno deliziato il pubblico presente al Sabia.

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Il Convegno Lions Città Murate per rilanciare Gela

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Le mura di Gela al centro dell’attività di divulgazione scientifica del Lions Citta Murate con un evento di livello importante che ha coinvolto realtà variegate del mondo.

Sono arrivati da ogni parte d’Italia, da San Marino, Malta, Francia, Emirati Arabi e da tanti altri siti del mondo per un convegno internazionale del Lions città murate a Gela e Sciacca. Un momento importante per il rilancio dell’immagine della città e del comprensorio.

Al teatro Eschilo di è tenuto il XX Congresso a Gela e a Sciacca: annunciato a Roma un mese fa nell’ambito di una convention ufficiale del Lions Città murate il cui vicepresidente internazionale è il gelese ing. Franco Butera.

Non solo convegno ma anche esplorazioni conoscitive sul territorio giurate da Butera per ammirare le bellezze e la storia della Sicilia: ieri mattina la visita delle mura federiciane e dell’Acropoli con Mulé, nel pomeriggio alle Mura timoleontee con l’archeologia Panvini di fronte alle quali i visitatori hanno espresso giudizi di encomio strabiliati da tanta bellezza. Il direttore del Museo Gattuso ha presentato il progetto Sicilia dei miti, un’iniziativa di valorizzazione del territorio che punta al rilancio della città. Su questo tenore si e’ l’intervento del Presidente della fondazione internazionale Giacomo Beorchia improntato sul confronto dell’intervento sulle mura e sui monumenti tra le varia realtà.

“Sono trascorsi oltre settant’anni dal momento in cui Vincenzo Interlici, che possedeva dei terreni agricoli a a Gela, in località Capo Soprano, riportò alla luce un tratto di una struttura muraria, scambiato con i resti del teatro greco del quale si erano sempre cercate le tracce – ha detto la Panvini ‘

L’archeologo Pietro Griffo, al tempo Soprintendente della Sicilia centro-meridionale, comprese che si trattava di una struttura antica ed intraprese, con una squadra di operai, lo scavo archeologico dell’area affidandone la direzione scientifica a Dinu Adamesteanu, lo studioso rumeno che da un paio di anni operava in Sicilia .

Il muro era coperto da una consistente coltre di sabbia, una vera e propria duna, localmente chiamata maccone, formatasi in un lungo arco di tempo in questo tratto occidentale della collina sulla quale era stata fondata la colonia rodio-cretese di Gela, nel 689-688 a.C. Quest’ultima, fin dagli anni successivi a quelli predetti, si era sviluppata sul tratto orientale della bassa collina, che prospettava sul Mar Mediterraneo e che era lambita, ad Est, dal corso del Gelas, del quale poteva controllare anche la foce.

Non fu difficile rimuovere lo spesso strato di sabbia, che fu accumulato alle pendici e sui pendii del versante meridionale della collina fino alla base del muro che veniva riportato man mano alla luce e che risultò avere, sul quel lato, un’altezza massima di quasi metri 3,20. Gli archeologi si trovarono di fronte ad una struttura di fortificazione molto particolare poiché essa era stata costruita, nella parte inferiore con blocchi di calcare, ben squadrati e, nella parte superiore, da una sopraelevazione di mattoni crudi, disposti a corsi regolari e perfettamente isodomi (m 10 X 15 x 10), legati da malta di argilla e sabbia la quale, al momento della scoperta, conservava ancora le tracce dell’intonaco, usato come rivestimento delle superfici esterne, ma oggi non più visibile.

Il muro venne rimesso in luce per una lunghezza complessiva di 360 metri e si estendeva verso Ovest, ontrollando la piana sottostante e proteggendo una delle porte di accesso alla città sulla direttrice per Agrigento; quindi, aggirava la collina e proseguiva a Nord, in direzione della zona oggi nota con il nome di Piano Notaro dove però esso si conserva soltanto nelle prime assise del basamento in calcare.


Addirittura, Adamesteanu, riteneva che i diversi colori dei mattoni e dell’intonaco steso sulla loro superficie potessero corrispondere a tre differenti di momenti di costruzione della struttura coincidenti con gli assalti di Agatocle alla città: esso era databile a partire dal 339 a.C., ossia nell’età di Timoleonte, il condottiero corinzio, giunto in Sicilia per ristabilire la democrazia nelle città siceliote, dilaniate da lotte politiche.
Anche Gela era rientrata in tale progetto, che comportò la riedificazione della città, distrutta, nel 405 a.C. dai Cartaginesi e proprio l’area di Capo Soprano fu individuata come la più idonea per le nuove costruzioni; infatti, sia la scoperta del muro di fortificazione che i resti” .

“La città medievale di Eraclea fu fondata da Federico II di Svevia nel 1233 nell’area dell’antica Gela. In quell’anno l’imperatore sostò a Butera probabilmente per seguire i lavori per la fondazione della nuova città – ha detto Panvini –
– aveva già stipulato accordi commerciali con l’emiro di Tunisi (1231);
– aveva represso la rivolta di Messina, distrutto le città di Centuripe e Troina e fondato Augusta (1232).
Eraclea sorgeva quindi sia per mettere a coltura la pianura retrostante che per essere punto d’osservazione e di controllo importante sulla costa meridionale, priva di abitati tra Licata e Capo Passero.

Fino alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo si sapeva poco sulla città medievale e si riteneva che per le trasformazioni avvenute a seguito dell’industrializzazione fossero andate perdute le strutture medievali.
Le ricerche sulla città, le mura e le produzioni ceramiche sono state avviate con la mostra “Fornaci castelli e pozzi dell’età di mezzo” del 1990 curata dalla Soprintendenza di Agrigento allora competente sul territorio ed il relativo catalogo, seguito da un Convegno i cui atti furono pubblicati nel 1991.
Più tardi gli studi sulla cartografia condotti da Liliane Dufour e Ignazio Nigrelli hanno chiarito finalmente il significato di terra vecchia e terra nuova, termini utilizzati da Fazello e dalle carte topografiche e si è compreso che probabilmente a fine ‘300 un muro (dopo la peste, l’assalto dei barbareschi e l’assedio aragonese) dovette dividere la città in due parti: quella ad oriente fu la terranova che continuò ad essere abitata, quella ad occidente la terra vecchia così denominata perché lasciata in abbandono. Nel muro mediano della città e su la strata maiori vocata del curso fu aperta una nuova porta, la porta dei carri…”.

Durante la visita delle mura federiciane i congressisti hanno fatto tappa a alle Mura Federiciane del plesso Santa Maria di Gesù dove gli ospiti hanno potuto godere la musica offerta dal coro gospel e un filmato dei cuccioli del Lions Club Gela Ambiente Territorio Cultura.

Ha collaborato dal cerimoniere del LC Gela Host dott Gaetano Trainito.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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