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Giudiziaria

Sentenza processo Rugolo: parla l’avvocato difensore

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Ad un giorno dalla pronuncia della sentenza del Tribunale di Enna nell’ambito del processo Rugolo, parla l’Avv. Gabriele Cantaro difensore della Curia vescovile quale responsabile civile.

“Prendiamo atto della decisione emessa del Tribunale di Enna, aspettando di leggere le motivazioni, astenendoci da ogni commento al riguardo – dice il legale Cantaro – non si può fare a meno, tuttavia, di rilevare come una corretta lettura del dispositivo di sentenza mal si concili con i termini in cui – ancora una volta – la notizia è stata diffusa da alcuni cronisti, in maniera difforme dal suo contenuto, nei termini appresso specificati:

– il Tribunale di Enna ha dichiarato Giuseppe Rugolo responsabile del reato di tentata violenza sessuale ex art. 609 bis c.p. riqualificazione il reato ascrittogli al capo 1), limitatamente alla condotta perpetrata nell’agosto del 2013 cosa che evidenzia come il Tribunale abbia valutato le dichiarazioni di Antonio Messina in termini diversi rispetto alla contestazione di reato;

la qualificazione dei fatti in termini di tentativo non è certo aderente a quanto dichiarato dallo stesso Rugolo nel corso della propria deposizione che non a quanto dichiarato da Antonio Messina, di tale evidente constatazione ognuno potrà trarre le considerazioni che riterrà più opportune, in attesa del deposito di una motivazione che, certamente, darà ampia giustificazione di quanto il dispositivo sintetizza.

– i fatti ritenuti più gravi sono quelli che riguardano gli altri due giovani e, in relazione a tali vicende si annota l’applicazione della speciale attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p. (“Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”)

a Giuseppe Rugolo state concesse le attenuanti generiche, verosimilmente per una condotta processuale comunque ritenuta lineare;

– la richiesta di riconoscimento della responsabilità civile nei confronti della parrocchia di San Giovanni non è stata ammessa diversamente da quanto riportato dai cronisti che l’hanno inviata con tali evidenti difformità persino all’Ansa;

– la condanna in solido della Curia vescovile di Piazza Armerina non riguarda certo la condotta attribuita al Vescovo (tanto a Mons. Gisana quale Vescovo attualmente in carica, quanto al suo predecessore in carica all’epoca dei fatti) quanto una responsabilità di tipo “oggettivo” ex art. 2049 cod. civ. della Curia per l’operato dei chierici.

Su tale aspetto è stata sollevata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Curia in quanto semplice “organo” della Diocesi, eccezione che diventerà motivo di impugnazione della sentenza. Anche sulla tesi della presunta “offerta di denaro per insabbiare la vicenda” ancora una volta riproposta in barba a quanto emerso in dibattimento, riteniamo che la motivazione della sentenza farà definitivamente chiarezza”.

Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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