Seguici su:

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Cento femminicidi, 30 milioni di colpevoli

Pubblicato

il

Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

Il femminismo e le sinistre colpevolizzano (per i casi di femminicidio) solo il maschio bianco eterosessuale e così facendo si rendono complici del Sistema che sfrutta tutti, maschi e femmine. L’accanimento sulle pene da incrementare è solo fumo negli occhi su cui si buttano tutti i politici mediocri e ignoranti. Gli incrementi di pena non spiegano nulla, non fanno prevenzione e lasciano tutto invariato. Fra l’altro i costi della carcerazione sono a carico del cittadino e si viaggia intorno ai 400 euro al giorno. Ne si possono accettare certe proposte avanzate dal mondo delle femministe che si candidano a fare le maestrine nelle scuole in qualità di operatrici dei centri antiviolenza. I centri antiviolenza finanziati dallo Stato sono vere caserme, presidi antimaschio etero dove donne ideologizzate, nevrotiche coltivano sentimenti e discorsi simil-deliranti contro il maschio etero, lasciando tranquilli il Sistema di potere capitalista e postcapitalista che li foraggia. Queste femministe e le sinistre sono di fatto complici del Sistema di sfruttamento di tutti, uomini e donne, ma loro mirano ai finanziamenti dei centri e a farsi accettare progetti per il lavaggio mentale dei bambini nelle scuole.

In Italia abbiamo 100 casi di femminicidio l’anno, cioè 100 maschi che uccidono cento femmine, ma in un contesto di 30 milioni di maschi e 30 milioni di femmine. Abbiamo molti più casi di maschi che si suicidano dopo la separazione, circa 400, ma per i media non esistono. Abbiamo molti più casi di morti sul lavoro, tutti maschi, ma per i media non esistono. Quindi il dato sui femminicidi viene isolato dal contesto, viene iperbolizzato, e strombazzato h/24 a reti unificate per fare discorsi stupidi, vuoti, creare allarmismo e chiedere ulteriori fondi per i centri antiviolenza. Ad analizzare i cento maschi si scopre che molti di loro sono ammalati, schizoidi paranoici, tossicodipendenti, alcolizzati, narcisisti. Dato che comunque non può essere azzerato. Anzi il Sistema disumano produce sempre più persone infelici e disturbate mentalmente. Sono figli legittimi dello sfruttamento e dell’alienazione mentale del Sistema che promuove l’apatia, l’egocentrismo, il successo. Colpevolizzare gli autori di reato senza spendere una sola parola contro il Sistema è vera complicità con il Sistema che si basa su questa apatia, sul tornaconto, sull’infantilismo egocentrico.

La psicologizzazione del fenomeno femminicidio decontestualizzato storicamente è un’operazione ideologica tesa a nascondere le vere cause storiche, economiche e culturali.Gli autori di reato da un lato dovrebbero essere puniti in prima istanza e quindi curati, ma dagli specialisti. In secondo luogo andrebbe fatta una analisi sul Sistema e creare alleanze maschio/femmina e non contrapposizioni. La contrapposizione deve essere verso il Potere da parte di tutti, senza distinzione di genere.Ma questo discorso alle nuove sinistre e alle femministe borghesi e snob non piace. Loro mirano ad accrescere il loro potere e avere più soldi. E tutto resta invariato.

1 Commento

1 Commento

  1. Roberto

    18 Giugno 2023 at 7:11

    D’accordo su tutto tranne che sul dato dei femminicidi. 100 è un dato falso!

Lascia un commento

Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

“Basta con i tagli,la sanità pubblica va difesa oggi”

Pubblicato

il

Dal dott Luca Scicolone, referente dell’associazione giovanile Digital young, riceviamo e pubblichiamo:

L’incidente di ieri sulla Gela Caltagirone ci ricorda che i presìdi salvano vite. Grazie a chi c’è, ma servono rinforzi. Ieri, tra Gela e Caltagirone, un grave incidente stradale ha riportato alla luce – con la forza brutale dei fatti – una verità che troppo spesso viene ignorata: la salute pubblica non può sopravvivere senza presidi ospedalieri efficienti e personale sufficiente, sanitario e non. Nel momento in cui la vita di una persona è appesa a un filo, ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte. Ma come si può garantire un soccorso tempestivo, un’assistenza efficace e cure adeguate, se i presidi territoriali vengono progressivamente svuotati, accorpati, tagliati?

Il COVID avrebbe dovuto insegnarci una lezione indelebile: la sanità non è un costo da abbattere, ma un investimento da potenziare. Abbiamo lodato medici e infermieri, applaudito dalle finestre, invocato più fondi e strutture. Eppure, a distanza di qualche anno, sembra che nulla sia cambiato. Anzi, è peggiorato. E allora perchè i giovani devono restare qua? Perchè restino servono certezze non illusioni.Oggi si parla ancora una volta di centralizzare, accentrare le strutture sanitarie nei grandi poli urbani, lasciando interi territori scoperti. Ma cosa significa questo per chi vive lontano da questi centri? Significa attese interminabili, viaggi infiniti, soccorsi ritardati. Significa abbandonare il diritto alla salute di migliaia di cittadini.Non è accettabile.Servono:presidi ospedalieri territoriali ben attrezzati,personale formato e numericamente adeguato,servizi di emergenza efficienti e capillari oltre che investimenti reali e strutturali nella sanità pubblica.

La salute è un diritto costituzionale, non un privilegio per chi vive nelle città metropolitane o può permettersi il privato. L’incidente di ieri è solo l’ultimo segnale. Ma quanti altri ne servono prima che qualcuno se ne assuma davvero la responsabilità?E non possiamo dimenticare un altro comparto essenziale e troppo spesso invisibile: il personale non sanitario. Amministrativi, informatici, tecnici, operatori ausiliari. Figure fondamentali che garantiscono l’organizzazione, la gestione e il funzionamento dell’intero sistema. Durante il COVID li abbiamo chiamati eroi, oggi sono diventati “risorse dimenticate”, lasciati senza riconoscimenti, senza tutele, spesso con contratti instabili e carichi di lavoro insostenibili.Basta con i tagli. Basta con l’abbandono dei territori. La sanità pubblica va difesa, oggi. Non quando sarà troppo tardi.

Continua a leggere

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Per il gruppo di Una buona idea sulla sanità non bisogna abbassare la guardia

Pubblicato

il

Dal gruppo consiliare di Una buona idea riceviamo e pubblichiamo

La questione sanità continua a preoccuparci, abbiamo, dopo le iniziative del Sindaco volte a coinvolgere tutte le parti sociali, cittadine e politiche presentato un documento chiaro e preciso un documento che è stato approvato dall’intero consiglio comunale, lo stesso è volto non solo a rimandare al mittente la bozza che ci è pervenuta a inizio luglio, ma soprattutto a ripristinare il piano regionale del 2019.

Dopo il Consiglio comunale che si è svolto a Palermo siamo in attesa di una risposta chiara, purtroppo, l’unica nota “ufficiale” che è venuta fuori non ci lascia per nulla contenti poiché continuerebbe a mortificare il nostro territorio. Qualche Deputato locale ha rassicurato la città di un grande risultato con importanti novità, ovviamente auspichiamo che sia cosi e ne saremo ben felici, ma vorremmo capire le fonti e soprattutto qual è la direzione che si vuole perseguire. Una cosa deve essere chiara, noi come movimento non accetteremo nulla se non quello ché il Consiglio Comunale ha votato all’unanimità poiché lo riteniamo l’unica soluzione possibile e siamo disposti a difendere il territorio in qualsiasi modo.
Invitiamo tutti i soggetti che hanno partecipato agli incontri a non abbassare la guardia e a continuare a mantenere alto il livello dell’attenzione. È in gioco il futuro del nostro territorio, poiché come abbiamo sempre sottolineato l’ospedale di Gela è il punto di riferimento di un territorio che va’ oltre la nostra città

Continua a leggere

Cronaca

La consigliera Oliveri dopo il suo parto all’Ove:”non si può più attendere per l’Utin e per il personale”

Pubblicato

il

Dalla consigliera comunale Cristina Oliveri riceviamo e pubblichiamo:

Oggi sento il bisogno – ma soprattutto il dovere – di condividere pubblicamente un profondo ringraziamento a tutto il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela. Ho vissuto in prima persona l’esperienza di questo reparto in uno dei momenti più importanti, delicati e vulnerabili della mia vita: la nascita di mio figlio Federico, avvenuta il 18 di luglio. In quei giorni, ho incontrato medici, ostetriche, infermiere, OSS, che mi hanno accompagnata con professionalità, dedizione e una straordinaria umanità.
Nonostante le tante difficoltà strutturali, ogni componente del reparto svolge il proprio ruolo con impegno e passione, facendo sentire noi pazienti accolte, ascoltate e sicure.

Ma accanto a questa profonda gratitudine, c’è anche la necessità – e l’urgenza – di denunciare una grave mancanza che riguarda non solo me, ma tutte le famiglie di questo territorio: a Gela manca una Utin, un’Unità di Terapia Intensiva Neonatale. Una mancanza che pesa come un macigno su chiunque si trovi a vivere un parto complicato o una nascita prematura.
In caso di emergenza neonatale, l’unica possibilità è il trasferimento urgente verso altre strutture, come quella di Enna, con ambulanze attrezzate e culle termiche. Ma quando si parla di neonati in condizioni critiche, il tempo è tutto.E ogni chilometro in più può rappresentare un rischio enorme.

Io stessa, durante il mio ricovero, ho assistito al trasporto d’urgenza di una neonata. Il suono delle spie della culla che la accompagnava mi è rimasto dentro: era il suono della vita appesa a un filo, della corsa contro il tempo, della speranza che tutto andasse bene. Ma non è giusto che si debba sperare nella fortuna, quando invece dovrebbe esserci una struttura adeguata, già pronta, nella nostra città.A questa grave lacuna si aggiunge un’altra criticità che troppo spesso viene ignorata: la carenza cronica di personale.
Il reparto di Ostetricia e Ginecologia di Gela , come anche il reparto di Pediatria, vanno avanti solo grazie al sacrificio estremo del suo personale sanitario, che spesso si trova a dover affrontare doppi turni, ritmi insostenibili, ferie ridotte o rimandate, per riuscire a garantire un servizio minimo. Un sacrificio silenzioso, continuo, che meriterebbe ben altro riconoscimento e sostegno.

E allora, mi rivolgo alle istituzioni, alla dirigenza sanitaria e alla politica regionale: come si può parlare di diritto alla salute se mancano i mezzi per garantire sicurezza a chi nasce?Come si può difendere la vita, la maternità, l’infanzia, se non si investe nelle strutture e nelle persone che ogni giorno se ne prendono cura?Il Reparto di Ostetricia e Ginecologia di Gela non è solo un reparto ospedaliero. È un presidio di umanità. È un punto di riferimento per tutte le donne del territorio,Gela, Mazzarino, Riesi, Niscemi e Butera, un luogo che accoglie e protegge nei momenti più fragili.È tempo che venga riconosciuto per quello che è. È tempo che venga potenziato, sostenuto, valorizzato. È tempo, soprattutto, che anche a Gela venga attivata una UTIN. Non possiamo più permetterci di aspettare.

Un grazie di cuore a tutto lo staff che mi ha accompagnata in questo percorso: alla mia Dottoressa, al team di ginecologi, ostetrici, anestesisti, infermieri e pediatri.La mia gratitudine va a ciascuno di voi, per la professionalità, la dedizione e l’umanità dimostrate.Per tutte le madri, per tutti i bambini, per il bene della nostra comunità.

Cristina Oliveri
Consigliere Comunale, ma soprattutto una madre gelese.

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità