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Giudiziaria

Il calendario venatorio 2024-2025 della regione siciliana è stato ritenuto legittimo

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Palermo – Le Associazioni Ambientaliste contestano il calendario venatorio della Regione Siciliana 2024-2025, il TAR Palermo dichiara in parte improcedibile e in parte rigetta il ricorso e per effetto della pronuncia resa dal TAR-Palermo il calendario venatorio 2024-2025 della regione siciliana è stato ritenuto legittimo.

L’Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea con D.A. del 17 luglio 2024 ha regolamentato l’esercizio del prelievo venatorio per la corrente stagione 2024-2025, prevedendo un apposito calendario con cui ha autorizzava: l’apertura anticipata della stagione venatoria (c.d. “preapertura”) nei giorni 1,2,4,7,8 e 11 settembre 2024 alle specie colombaccio e tortora selvatica e l’apertura generale della stagione venatoria a far data dal 15 settembre, anziché dal 1° ottobre 2024, per il prelievo della quaglia, beccaccia e cinghiale.

Alcune Associazioni Ambientaliste, capitanate da Legambiente Sicilia, lamentando l’asserito stato di emergenza e di crisi meteoclimatica, ambientale ed ecologica della Regione Siciliana, hanno impugnato il predetto D.A. innanzi al TAR-Palermo, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento. 

Nel giudizio si sono costituite diverse associazione venatorie tra le quali l’UN.A.VE.S, difesa dagli Avv.ti Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, i quali, hanno eccepito l’infondatezza delle argomentazioni sostenute dalle associazioni ricorrenti e la mancanza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.

Detti legali, contrariamente a quanto asserito dalle associazioni ambientaliste, hanno sostenuto che la Regione Siciliana ha emanato un calendario venatorio, in relazione ai periodi ed alle specie cacciabili, pienamente rispettoso di quanto tassativamente previsto dall’art. 18 comma 1 L. 157/1992, recepito dalla L.R. n. 33/97., ovvero anche nel rispetto del principio di precauzione e di piena conservazione del patrimonio faunistico. 

Inoltre, gli Avv.ti Rubino e Valenza hanno eccepito l’inconsistenza della richiesta di adozione di misura cautelare avanzata dalle associazioni ricorrenti, in quanto l’apertura anticipata della stagione venatoria si era già quasi del tutto svolta, dunque, non avrebbero potuto considerarsi sussistenti i presupposti di estrema gravità ed urgenza per la concessione della misura cautelare richiesta. 

Peraltro, tali difensori hanno altresì rilevato come le censure sollevate dalle associazioni ricorrenti in merito al calendario venatorio 2024-2025, riproponevano le medesime doglianze già formulate nel ricorso proposto avverso il calendario venatorio dell’anno precedente e rigettato dal T.A.R. Palermo con la sentenza n. 388/2024.  

Con decreto del 10.09.2024, condividendo le argomentazioni difensive sostenute dagli Avv.ti Rubino, Valenza, il Presidente TAR-Palermo, Sez. III, ha osservato che essendosi già quasi interamente svolta l’apertura anticipata della stagione venatoria 2024/2025, in quanto residuava solamente la giornata dell’11 settembre 2024 non avrebbero potuto considerarsi sussistenti i presupposti di estrema gravità ed urgenza per la sospensione del calendario venatorio in corso e, conseguentemente, rigettava la domanda cautelare proposta dalla Associazioni Ambientaliste.

In vista della celebrazione dell’udienza di merito del 4 dicembre 2024, le Associazioni ricorrenti hanno presentato istanza di sopravvenuta carenza di interesse alla trattazione nel merito del ricorso relativamente  alle sole parti del calendario venatorio che avevano costituito oggetto del provvedimento cautelare del TAR ed invece insistevano sulla accoglimento del motivo di ricorso relativo asserita illegittimità del calendario per mancato aggiornamento del Piano Regionale Faunistico Venatorio 2013-2018. 

Ebbene, con sentenza del 07.01.2025, condividendo le argomentazioni difensive sostenute dagli Avv.ti Rubino e Valenza, il TAR-Palermo ha preso atto della richiesta di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso nel merito presentata dalla associazioni ricorrenti ed ha dichiarato in parte improcedibile il ricorso, osservando, come al momento del passaggio in decisione della causa, alcune disposizioni in merito alla apertura anticipata della stagione venatoria  erano divenute orami priva di efficacia.

Mentre, in merito alla doglianza relativa all’asserito mancato aggiornamento del Piano regionale faunistico venatorio 2013-2018, il Giudice amministrativo, in realtà, ha osservato come tale censura fosse collegata alla doglianza sulla preapertura per cui le Associazioni avevano presentato istanza di sopravvenuta carenza di interesse, ed inoltre, ha osservato come la decisione dell’Assessorato regionale di distaccarsi dai suggerimenti dell’ISPRA era avvenuta sulla base di una pluralità di fonti autorevoli, che assentivano  all’apertura anticipata della caccia di alcune specie quali: la torta, beccaccia e cinghiale, in quanto ciò non avrebbe influito su tale popolazione faunistica regionale, per cui la determinazioni contenute nel calendario venatorio 2024 -2025 avrebbe dovuto ritenersi legittime e dunque il suddetto ricorso è stato in parte rigettato. 

Pertanto, per effetto della pronuncia resa dal TAR-Palermo il calendario venatorio 2024-2025 della regione siciliana è stato ritenuto legittimo

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

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Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

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