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La Salute Mentale dentro e fuori le mura

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Niscemi – La Salute Mentale dentro e fuori le mura. Un focus sulla prevenzione primaria e nuovi modelli operativi di cura e sostegno si terrà a Niscemi oggi grazie alla Cooperativa Sociale Led che si occupa da più di dieci anni di Salute mentale e riabilitazione psichiatrica e psicosociale nel territorio di Niscemi con tre Comunità alloggio per disabili psichici.

Il Presidente Filippo Toscano ha profuso il proprio impegno non solo nella creazione delle comunità, ma quotidianamente propone ed investe in nuovi progetti innovativi per la promozione della Salute Mentale, al fine di offrire nuovi servizi alla collettività.

I disagi psicosociali nel corso degli anni aumentano progressivamente e sono sempre più di natura psicosociale ovvero legati all’influenza ed alla qualità del contesto di vita in cui il soggetto vive, lavora e opera quotidianamente. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha previsto un aumento potenziale del disagio psichico (nel prossimo decennio la depressione sarà la prima causa al mondo di giornate di lavoro perse per disabilità, superando il primato storico delle malattie cardiovascolari). Un disagio psichico che avrà bisogno sempre meno della residenzialità intesa come ricovero ma più supporto e cura a livello domiciliare dove la qualità della vita sarà il criterio principale di valutazione del benessere psicofisico della popolazione in generale senza criteri distintivi a livello socio economico e culturale. Da qui l’esigenza di avere strumenti di analisi e monitoraggio del disagio più idonei rispetto a quelli attuali che tengano conto dell’evoluzione qualitativa e non solo quantitativa dei disturbi psichici: l’Equipe della Led per affrontare in modo adeguato i nuovi disagi in tutti i settori della nostra società ha istituito il Centro Studi e Ricerca Led che è una organizzazione composta da specialisti ed esperti che si occupano di Scienze Sociali a livello nazionale, con una impostazione analitica multidisciplinare.

“Una delle Emergenze che il CSR intende trattare – dice la coordinatrice dell’ associazione Led, Larissa Rizzo – riguarda le problematiche del disagio psichico nelle Carceri italiane, con l’organizzazione di un Convegno Nazionale che tratterà questo tema da diversi punti di vista, in particolare giuridico e socio sanitario”.

Accendere un faro sulle condizioni di salute mentale delle persone in carcere e proporre soluzioni al crescente disagio psichico è lo scopo del Convegno Nazionale promosso dal “Centro Studi e ricerche Led”, il 17 Giugno (accreditato Ecm), in quanto si ritiene necessario analizzare il fenomeno complesso inerente il rapporto disagio psichico e carceri.

Il filosofo Fëdor Dostoevskij nell’opera Delitto e castigo afferma che “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” tale concetto espresso nel lontano 1866, permane attualissimo anche nella nostra società dell’epoca post-moderna dove le carenze strutturali e di risorse umane inerenti il supporto e l’assistenza dei detenuti, il sovraffollamento, le strutture inidonee, gli effetti della istituzionalizzazione e le dinamiche di gruppo interne non mediate, favoriscono il sorgere di problematiche psichiche gravi non preventivamente individuate.

Di fatto, nelle Istituzioni penitenziarie le manifestazioni psicopatologiche sono particolarmente frequenti. I disturbi psichici più frequenti in carcere hanno fondamentalmente duplice natura. Da un lato è necessaria la gestione delle reazioni depressivo-ansiose in evidente connessione con il sofferto arresto; dall’altro, si impone il trattamento di forme psicopatologiche più o meno gravi, alcune evidenziatesi in carcere, altre manifestatesi già in precedenza sotto la cura dei servizi territoriali o di professionisti privati. I dati raccolti fanno emergere chiaramente una costante e progressiva crescita del fenomeno suicidario nelle carceri a causa dalle carenze elencate.

Di conseguenza è importante porre in atto una serie di interventi atti a promuovere la Salute Mentale non solo in una prospettiva esclusivamente di cura ma al contrario di prevenzione del disagio tenendo anche conto del rapporto individuo-ambiente, ovvero come il contesto ambientale e situazionale influenza il benessere psicofisico delle persone recluse. Si rende necessario intervenire attivamente sul fenomeno, valutandone le cause e le peculiarità, al fine di proporre inizialmente una proposta di intervento atta a dare sostegno ai detenuti attraverso la creazione di una Equipe multidisciplinare volta alla tutela della salute psichica del detenuto. La percentuale di suicidi all’interno delle carceri è 18 volte superiore a quello della popolazione libera. La forma più diffusa di malattia di cui soffrono i detenuti italiani è il disagio psichico. Oltre il 40% di tutte le patologie riscontrate nella popolazione carceraria sono di natura psicologica o psichiatrica.

Diversi sono i relatori esperti nel settore che tratteranno il tema, come Rita Bernardini, Presidente dell’Associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, il Direttore dell’Istituito Penitenziario Minorile di Caltanissetta, Dott. Monaco Girolamo, Dott. Raffaele Galluccio membro di Psichiatria Democratica Nazionale, Dott.ssa Serena Berenato, Giudice Tutelare del Tribunale di Gela, Katia Maugeri, Giornalista e Scrittrice che ha svolto diverse inchieste nelle carceri siciliane, e tanti altri.

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Primo Maggio, Federacma: “Appello ai Sindacati dei Lavoratori Agricoli per porre fine alla strage nei campi”

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Ogni 2-3 giorni in media un agricoltore perde la vita in Italia a causa del ribaltamento del trattore. Una strage silenziosa legata principalmente all’assenza dei fondamentali dispositivi di protezione: cintura di sicurezza e rollbar (roll over protective structures – ROPS).

In occasione della Festa dei Lavoratori, Federacma (Federazione Confcommercio delle associazioni nazionali dei servizi e commercio macchine agricole, operatrici e da giardinaggio) lancia un appello alle organizzazioni sindacali FLAI-CGIL, FAI-CISL, UILA-UIL, UGL Agroalimentare e Confsal-Fna per unire le forze affinché si ponga fine a questa emergenza nazionale. Nel nostro Paese, secondo le stime, circolano ancora oltre un milione di trattori privi dei dispositivi di sicurezza perché costruiti prima dell’entrata in vigore dell’obbligo e non adeguati successivamente.

Uno scenario a cui si potrebbe porre fine con l’attuazione della revisione obbligatoria delle macchine agricole, prevista dal decreto interministeriale Mit-Masaf del 2015nonché dal Codice della Strada dal lontano 1992. Il Decreto interministeriale del 2015, inoltre, ha stabilito le scadenze per la revisione dei mezzi agricoli, poi più volte rimandate dal Parlamento. Le ultime proroghe, contenute nella Legge n. 15/2025, posticipano la scadenza a fine 2025 per i mezzi più vecchi, al 2026 per quelli immatricolati fino al 2019. Ma senza il decreto attuativo, tutto è fermo. 

“È inaccettabile che in un Paese civile e all’avanguardia come l’Italia si continui a morire nel 2025 per l’assenza di strumenti semplici ma essenziali – dichiara Andrea Borio, presidente Federacma – Si tratta di una vera e propria emergenza nazionale che, secondo i dati Inail e dell’Osservatorio Indipendente dell’Università di Milano, colpisce soprattutto gli over 55 alla guida di mezzi con più di 40-50 anni, completamente privi dei sistemi di protezione. Un dramma che si consuma in silenzio, con costi umani, sociali ed economici elevatissimi: in otto anni le stime parlano di oltre 1.000 decessi e più di 4.000 invalidità permanenti.

Laddove, in altri Paesi europei, è entrato in vigore l’obbligo di revisione – prosegue – i decessi sono calati da cento a poche unità l’anno legate ad eventi fortuiti. Ci uniamo al dolore delle famiglie e chiediamo a gran voce ai sindacati agricoli di fare fronte comune per sensibilizzare le Istituzioni, a partire dal Ministero dei Trasporti, per l’emanazione del decreto”. Per la piena operatività del sistema di revisione dei mezzi agricoli, però, ci sarà bisogno di un paio di anni dalla firma del decreto attuativo.

“Proprio per questo, non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo – conclude il presidente Borio – Federacma è pronta a collaborare: negli scorsi anni abbiamo formato centinaia di operatori e possiamo contribuire all’organizzazione della rete di controllo. Ma serve un cronoprogramma serio, servono investimenti e soprattutto una scelta politica chiara. L’assenza di intervento si rivela, di fatto, una rinuncia a salvare vite umane. Chiediamo ai Sindacati di unirsi alla nostra voce: questo Primo Maggio sia il punto di svolta per un passo di civiltà!”

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Quarant’anni di servizio, ultimo giorno di lavoro per il Commissario Capo Paolo Presti

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Ultimo giorno in Polizia, per il Commissario Capo Paolo Presti. Il funzionario, in servizio dal 1985, ha iniziato la sua carriera alla Questura di Palermo all’Ufficio di Gabinetto e alla Criminalpol. Nel 1994 è stato trasferito alla Questura di Caltanissetta e assegnato al Commissariato di Niscemi con l’incarico di responsabile della Uigos. In questi anni, in diverse occasioni, ha sostituito il Dirigente del Commissariato anche per lunghi periodi.

Nel corso della sua carriera si è contraddistinto in operazioni di polizia per le quali gli sono state conferite ricompense e onorificenze. A Paolo Presti, poliziotto apprezzato da tutti i colleghi, il Questore Pinuccia Albertina Agnello ha rivolto un affettuoso ringraziamento per l’infaticabile impegno profuso, con indiscusse qualità umane e professionali in 40 anni di servizio.

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Il partito liberale chiede il vincolo sul pontile sbarcatoio

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Il partito liberale registra il silenzio delle istituzioni e delle associazioni locali sulla vicenda legata all’ex pontile sbarcatoio di Gela che la Regione siciliana ha deciso di demolire, cancellandone completamente la memoria.
Un finanziamento di oltre 6 milioni di euro è già pronto per essere speso nei lavori di smantellamento e conferimento in discarica di quello che ha sinora rappresentato il simbolo più evidente delle antiche tradizioni marinare della città di Gela, testimonianza dei suoi gloriosi trascorsi storici di prima città liberata e di primo approdo sul continente europeo delle forze alleate del secondo conflitto mondiale, scenario, nella notte tra il 9 e il 0 luglio 1943, delle imponenti operazioni di sbarco delle truppe angloamericane che proprio di quell’area ne fecero il loro primo riferimento logistico e tattico per dirigere le operazioni militare sull’entroterra siciliano.

Queste le ragioni secondo cui il pontile non andrebbe demolito:


Il pontile sbarcatoio, con l’ex Dogana adiacente, rappresentano, secondo le stesse rappresentazioni fotografiche di quell’evento, i luoghi storici dove tutto ebbe inizio, dai primi avvistamenti della imponente flotta di invasione delle forze alleate, sino ad allora mai vista, alle prime operazioni di sbarco sulla terraferma della VII Armata al comando del Generale Patton, sino all’inizio dei cruenti scontri con le forze di resistenza, alla sanguinosa battaglia di Gela e all’inizio della campagna d’Italia.Altrove, una pietra o anche un solo sasso che sia o possa anche essere, con ogni sia pure generosa verosimiglianza, legata ad un evento storico di così grande portata, viene elevato a testimonianza diretta di quegli eventi, valorizzandoli anche oltre la più fantasiosa rievocazione storica degli eventi, partendo dal solo fatto che quel sasso o quella pietra, apparentemente insignificanti, possano aver avuto, sia pure a costo della più fervida immaginazione, un qualche collegamento o una relazione con la storia, arricchendo così di presenze turistiche luoghi altrimenti destinati all’obblio.
La sabbia delle località francesi della Normandia, per esempio, continua ancora ad attrarre, anno dopo anno e così dal lontano dopoguerra in poi, la curiosità di turisti di tutto il mondo, offrendosi come luogo ove commemorare gli avvenimenti dello storico sbarco alleato su quelle coste ed eseguirvi riprese cinematografiche, oltre che come siti ideali per le rievocazioni storiche, conferenze e manifestazioni celebrative del “D Day” come annualmente vi si ripetono con la presenza anche delle stesse rappresentanze istituzionali dei diversi Paesi belligeranti coinvolti in quell’evento.
Gela, teatro dell’operazione Husky e luogo simbolo dei cruenti scontri bellici che ne seguirono, vede invece cancellata persino la possibilità di serbarne il ricordo, nessuno dei suoi amministratori avendo il coraggio di imporsi per preservarne la memoria e con essa anche la possibilità di dirigere lo sviluppo cittadino verso quella che pur dovrebbe rappresentare (come altrove è sperimentato sia) una fonte non indifferente di nuova ricchezza cittadina garantita dalla adeguata valorizzazione, in chiave storico-culturale, dei suoi monumenti e delle sua ancora vive testimonianze di importanti eventi legati alla storia della stessa intera Nazione.


Un pontile recuperato e adeguatamente valorizzato può sicuramente ambire a diventare meta di turismo culturale, attirando appassionati di storia, architettura e archeologia militari.
Riteniamo fondamentale per il futuro delle nuove generazioni inaugurare nuove prospettive di sviluppo, valorizzando tutto quanto ci appartiene, per storia e per tradizione, senza ignorare gli orrori di una guerra combattuta per il ripristino delle libertà negate, le dittature e per la coesione dei popoli della nascente nuova Europa unita.
Mantenere viva la memoria storica di strutture come il pontile sbarcatoio di Gela è senz’altro importante per mantenere viva l’identità di una intera comunità dalle solide tradizioni marinare, ancora fortemente legata ai ricordi dei commerci marittimi e alle attività della pesca.
La conservazione di tale opera significa poter ripercorrere la storia cittadina degli ultimi cento anni, consentire di tramandare alle nuove generazioni i valori, gli usi e le tradizioni di una comunità che affonda le sue radici sulle attività legate agli usi del mare e che al mare deve anche il suo antico splendore di città tra le prime in Sicilia a vantare una sua ricca flotta mercantile.


Progettato nel 1909 e terminato nel 1915, il pontile sbarcatoio è la prima opera in cemento armato ad essere stata realizzata sul mare, nata per supportare il carico e lo scarico delle merci ha rappresentato la prima opera infrastrutturale marittima realizzata in cemento armato capace di creare ricchezza per l’intera fascia centro mediterranea dell’Isola.
Da quel terminale marittimo muovevano le navi cariche dei prodotti agricoli e artigianali dell’entroterra siciliano verso i lontani porti dell’Africa, Malta e del mar Rosso, ponendo la città di Gela come epicentro di una intensa fase di sviluppo destinata a renderla tra le prime in Sicilia a vantare una sua flotta mercantile di oltre 250 tra bastimenti e velieri, sicuramente la prima tra le città della fascia mediterranea ad aprirsi verso le moderne iniziative imprenditoriali nell’era post unitaria.
Imporsi per preservare il patrimonio culturale e i monumenti legati alla storia della propria città significa poterne garantire l’identità, conservarne le radici e tramandarne le tradizioni alle nuove generazioni.
La demolizione dell’ex pontile sbarcatoio significa cancellare irrimediabilmente un intero patrimonio di valori e tradizioni che, derivate dalle più antiche memorie dei nostri padri, hanno sempre individuato in quell’opera ultracentennale il monumento cui consegnarne il ricordo, a testimonianza delle antiche vestigia della città da consegnare alle nuove generazioni.
L’UNESCO sottolinea che i siti del Patrimonio Mondiale dovrebbero riflettere tradizioni, valori e aspirazioni delle comunità locali .
Quella di Gela è l’aspirazione a voler continuare ad essere una comunità fortemente legata ai suoi valori e alle sue più antiche tradizioni, nulla di più di quanto non aspiri una qualunque comunità forte della sua bimillenaria storia e del suo incommensurabile patrimonio monumentale a testimonianza del glorioso passato.
Il pontile è in grado di rappresentare ancora tutta la sua importanza, sia in termini di storia degli eventi legati alla sua funzione, sia come opera ingegneristica navale tra le prime ad essere stata realizzata in cemento armato; come tale è da intendere come un “laboratorio” a cielo aperto per storici, archeologi industriali e ingegneri interessati a studiare le tecniche costruttive d’inizio Novecento, i fatti bellici legati all’operazione Husky e le stesse dinamiche di sviluppo sociale del primo novecento favorito dall’uso di quel terminale marittimo.
Il suo mantenimento – secondo il partito liberale- è un dovere per l’intera amministrazione comunale e per le stesse Istituzioni locali, regionali e nazionali.
La sua presenza all’interno di un territorio aperto alla ricerca delle nuove fonti di sviluppo alternativo a quello industriale, impone di doverlo adeguatamente valorizzare come opera di valore monumentale e storico, in grado di stimolare progetti di ricerca interdisciplinari, tra università e Enti e istituti di restauro e conservazione di BB.CC, favorendo la ricerca storica sui temi legati alle vicende della seconda guerra mondiale, alla pace e alla coesione tra i popoli, anche stimolando il turismo culturale intorno ai monumenti che ne sono ancora viva testimonianza.

Questa la proposta del partito liberale:


“Dobbiamo avere il coraggio di imporre agli organi della Regione di avere la giusta considerazione della città di Gela, contestandone la decisione di procedere alla demolizione di un suo luogo simbolo e di viva testimonianza della sua identità storica, oltre che elemento urbano caratterizzante l’intero suo fronte mare.
Chiediamo che sul pontile sbarcatoio e sull’intera area ad esso circostante sia apposto il vincolo di interesse culturale ai sensi della L. R. 20.03.2015 n. 5, per assicurare il mantenimento dell’ex pontile sbarcatoio, la sua tutela e la sua giusta valorizzazione quale bene monumentale e storico, oltre che importante simbolo del patrimonio storico-culturale della seconda guerra mondiale in quanto tale meritevole della giusta valorizzazione anche in chiave di opera commemorativa del primo sbarco delle forze alleate sul continente europeo e della sanguinosa battaglia di Gela che ne è seguita.
Auspichiamo che i nostri parlamentari regionali si facciano garanti del rispetto di quelle stesse leggi da loro votate, evitando di assistere a quello che sarebbe, altrimenti, un grave attentato all’identità dell’intera comunità cittadina e alla sua storia.
Ai nostri amministratori locali e a quanti abbiano a cuore il destino della città di Gela, chiediamo di essere vigili nel difendere le ragioni legate al mantenimento dell’ex pontile contro ogni illogica iniziativa protesa alla sua demolizione.
Per quanto ci riguarda, continueremo ad essere irremovibili nel difendere la memoria e l’identità storica della comunità gelese, contro ogni forma di insopportabile indifferenza verso la sua storia e i suoi monumenti.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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