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Giudiziaria

La Polizia arresta giovane con 50 grammi di cocaina pronta per essere venduta per il Capodanno

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La Polizia di Stato – Squadra Mobile – ha tratto in arresto un giovane di San Cataldo di 24 anni per traffico di sostanze stupefacenti.

Nell’ambito del contrasto al traffico di droga nel periodo festivo, durante il quale notoriamente aumenta la richiesta di sostanze stupefacenti, il Questore di Caltanissetta Emanuele Ricifari ha disposto un’implementazione delle attività investigative.

La Squadra Mobile, seguendo le direttive del Questore, ha quindi proceduto ad effettuare attività di controllo a carico di alcuni soggetti.

Uno dei controlli portati a termine ieri in territorio di Caltanissetta ha dato esito positivo in quanto l’indagato è stato fermato a bordo della sua auto quando proveniva da Catania. Condotto presso gli Uffici della Squadra Mobile, il giovane ha subito ammesso di aver comprato della droga e l’ha consegnata ai poliziotti. La cocaina, occultata negli slip, è stata analizzata dalla Polizia Scientifica che ne ha attestato la tipologia ed il peso (50 grammi).

Gli uomini della Sezione Narcotici della Squadra Mobile hanno inoltre effettuato la perquisizione del domicilio del giovane, sottoponendo a sequestro un’ingente somma di denaro e tutto il materiale per il taglio ed il confezionamento della sostanza stupefacente.

La Polizia di Stato ha impedito l’immissione sul mercato di circa 150 dosi per un valore di circa 5.000 euro, droga destinata perlopiù a giovani assuntori.

La Procura della Repubblica ha disposto che il giovane venisse condotto presso il domicilio per essere sottoposto agli arresti domiciliari in attesa delle prossime fasi del procedimento penale

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Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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