Quando il denaro e non l’uomo stanno al centro delle scelte politiche ed amministrative il risultato è quello a cui si assiste oggi nel sistema sanitario. Manager indicati dalla politica casereccia, superpagati e collocati per risparmiare. Ma risparmiare su cosa? Non certo sui loro emolumenti che aumentano con i premi produzione. Risparmiare sulla salute dei cittadini che hanno passato la vita a versare tasse per pagare i LORO stipendi d’oro. E per ogni prestazione risparmiata c’è un premio produzione in più ma anche un morto che fa risparmiare l’Inps. Magari con la scritta abusiva sul certificato di morte: COVID-19. E piovono soldi. Si risparmia sui posti letto, sui servizi essenziali che pure sono contemplati nel piano sanitario nazionale con una sigla elegante, Lea, ma vuota per gli utenti. Si risparmia sugli ospedali di frontiera a favore dei grandi centri specializzati. Giusto. Non si possono creare centri specializzati in ogni dove, ma quanti milioni di italiani vivono nei piccoli centri. Ce la faranno mai a raggiungere i grandi ospedali quando si presenta un incidente, un infarto, un’emorragia cerebrale. Quanta autonomia serve ad un paziente per arrivare a centinaia di chilometri di distanza per potere salvarsi? Morirà per strada o quando arriva. E come avviene spesso, in questi casi, al medico di turno, del grande centro specializzato non resterà che aprire le braccia: “ troppo tardi, mi spiace!” E lì finiscono le speranze di tante mogli, figli, compagni che restano soli. Ma che importa al servizio sanitario? L’importante è mantenere alti i numeri del risparmio. Chissà se è mai stato pubblicato un raffronto fra i numeri dell’economia sanitaria e lo sperpero di morti…! E noi vivi, siamo zombie tenuti in piedi dalla speranza. Non ci resta che augurarci di morire in pochi secondi perché se passano giorni o mesi, sarà un’agonia senza ritorno. Perché chi vive nelle periferie questo destino ha in serbo.
Eppure Gela negli anni 60 sembrava proiettata verso una sanità moderna. Il nuovo ospedale di via Palazzi ricalcava le speranza del boom economico. I posti letto aumentavano e con essi il bacino di utenza verso i territori limitrofi. Anni 90, Lillo Speziale deputato si realizza il sogno dell’aziendalizzazione:un ospedale autonomo con la prospettiva concreta dell’area di emergenza. Terapia intensiva, Tac, Unità coronarica, Malattie infettive. Si parlava di Camera iperbarica a quel tempo. Quanti fiumi di parole, ma nessuno l’ha mai vista. Lo stesso valeva per l’emodinamica e oggi per uno stand al cuore siamo ridotti a morire per le strade interpoderali, senza livelli minimi di sicurezza anche quelle! E mentre scoppiava il caso del Ministro della sanità De Lorenzo parallelo a tangentopoli, che nascose enormi quantità di denaro nei pouff di casa, si cominciò a pensare ad un nuovo sistema.
La nostra agonia è iniziata nel 1999 quando fu approvata la riforma sanitaria firmata Bindi con la quale furono ridefiniti i principi guida in materia di sostenibilità finanziaria secondo appropriatezza ed evidenza scientifica delle scelte d’uso e della risorse. Scompare la parola UOMO, domina quella ECONOMIA. Le Aziende Usl furono chiamate a programmare e raggiungere il risultato “salute” per i cittadini; avranno autonomia imprenditoriale; per i contratti di fornitura di beni e servizi di valore inferiore alle soglie comunitarie i direttori generali potranno seguire le norme di diritto privato. Si aprono le porte alle esternalizzazioni dei servizi. Questo permetterà di utilizzare strumenti di gestione privatistica per avere più qualità ed efficacia, minori vincoli burocratici e ‘amici’. E qui cominciano le nuove prospettive. I posti letto diminuiscono, si inizia a pensare alla cosiddetta ‘razionalizzazione’ di posti e reparti. L’ospedale Vittorio Emanuele da quasi 500 posti letto subisce i primi contraccolpi. La degenza media per ogni paziente passa dalla settimana e tre giorni. Perché il paziente viene curato nel momento dell’acuzie e poi via; a casa. Grandi spazi alla prevenzione per evitare di finire in ospedale, visto che costa. Ma quale prevenzione? Quali strutture per la prevenzione? Nessun vaccino per i tumori. Eh no! I tumori vanno curati e le case farmaceutiche fanno i numeri miliardari. Nel frattempo arriva la iattura del numero chiuso nelle facoltà di medicina che oggi propina i riflessi più nefasti. Vengono banditi i concorsi ma i medici non si presentano perché non ce ne sono abbastanza o nel profondo sud non vogliono venire: altrove vengono pagati meglio. E nel 2020 chiude anche il reparto di psichiatria mentre i malati di mente si lanciano dai balconi.
Mentre nel 2012 dodici la Regione Sicilia a statuto speciale…….. E la nostra politica? Sta a guardare, mentre i nisseni combattono la battaglia campanilistica più antica. Loro difendono il capoluogo e consumano l’invidia verso una città più grande, sede di uno stabilimento petrolchimico di livello nazionale, con una storia invidiabile decantata dai poeti eterni e con una ricchezza senza pari qual è il mare. Una città da mettere in un cantuccio. L’invidia fa danni seri e quando, come accade a Gela dal 1964, anno della morte di Salvatore Aldisio, non c’è una classe politica in grado di difenderla, il gioco è fatto!.
Nel 2015 presidente della Regione il gelese Crocetta, sferra uno degli ultimi colpi alla sanità agonizzante. L’atto aziendale prevedeva declassamenti delle unità operative. L’ormai presidio ospedaliero di provincia “Vittorio Emanuele” subisce il declassamento dell’unità operativa di Farmacia e del Centro trasfusionale, da complessa a semplice, mentre l’ospedale di Caltanissetta ottenne l’elevazione a unità dipartimentale del servizio di Thalassemia a discapito di Gela che conta un’altissima incidenza di pazienti, maggiore rispetto al capoluogo nisseno. In città non sarà potenziata l’unità di Medicina. La Breast Unit resta un sogni sulla carta. E mentre i volontari scendono in piazza, il resto della città e soprattutto la cosiddetta ‘politica’ sta a guardare e pensa solo al proprio orticello da coltivare. Perché alla città non ci pensa nessuno da decenni e i risultati sono un’evidenza inconfutabile. A San Cataldo viene inaugurato un reparto doppione dopo l’altro se si considera che all’ospedale Sant’Elia ci sono tutti i servizi. Ma i politici nisseni tacciono in questo caso, mentre quelli gelesi fanno la figura dei ‘pupi attaccati ai fili’ dell’ignavia. Ma che importa! Importa la poltrona fine a sé stessa. E i cittadini muoiono per strada…
Adesso si ripropone il concetto di doppione quando si parla di emodinamica nell’ospedale di Enna ed è scontro fra l’ assessore regionale alla sanità Ruggero Razza e i vertici sindacali della Cgil.
” La scelta implica conseguenti ricadute sui servizi sanitari offerti dall’ASP di Caltanissetta, l’Assessore Regionale alla Sanità – dice il segretario generale Rosanna Moncada della Cgil ed il segretario della federazione Cgil Angelo Polizzi con il supporto di alcuni Sindaci del territorio – forse perché anche poco adatti alla gestio della Res Publica – ha sancito l’ennesima disfatta per il territorio. L’apertura di una emodinamica sul territorio ennese, purtroppo è collegata a doppio filo con l’attività che si svolge nell’ASP di Caltanissetta. Quindi si traduce come ridimensionamento, nonostante le parole di rassicurazione dell’Assessore”. Tuona il paladino nisseno on. Pagano: “La scorsa settimana si è diffusa la notizia di una prossima apertura di un nuovo reparto di Emodinamica presso l’Ospedale Umberto I’ di Enna. La notizia ha suscitato stupore perché raddoppierebbe l’offerta sanitaria, con una concorrenza assurda al reparto nisseno, che è noto per la straordinaria qualità dell’assistenza che fornisce e per la notevole quantità di pazienti che assiste. Ma ciò sarebbe una cosa utile per la sanità dei rispettivi territori ? In Sicilia sono state individuate quattro macroaree della rete IMA (Infarto Miocardico Acuto) corrispondenti alle Centrali Operative 118, essendo le due specialità strettamente interconnesse. Per il nostro territorio, il bacino selezionato è quello storico di Caltanissetta – Enna – Agrigento”.
“Considerare uno spreco di denaro l’apertura dell’emodinamica all’Ospedale Umberto I di Enna, rappresenta l’idea di una sanità pubblica che speravamo ci fossimo lasciata alle spalle”. Così si è espressa nei giorni scorsi la deputata regionale Luisa Lantieri commentando l’affermazione fatta dall’On. Alessandro Pagano, vice capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati, che in un’intervista aveva parlato di sterile campanilismo fra il Sant’Elia di Caltanissetta e l’Umberto I di Enna e di inutile spreco di denaro. Secondo il deputato l’utilizzo dell’elisoccorso sarebbe sufficiente a garantire a tutto il territorio dell’ex provincia di Enna un rapido ricorso al’emodinamica.”L’On. Pagano – afferma l’on. Luisa Lantieri – con il suo ragionamento ripercorre una strada che negli anni passati ha demolito l’idea stessa di sanità pubblica, creando un solco profondo tra le esigenze dei cittadini, il loro diritto a ricevere un’assistenza medica adeguata, e l’effettiva offerta sanitaria”.
Due pesi e due misure: quello che vale per Enna e per Gela, non vale per San Cataldo che pure è un piccolo centro a 8 chilometri da Caltanissetta. Mistero senza fede! Apprezzabile però l’impegno dei politici nisseni in favore del loro territorio. Deprecabile quello dei gelesi che, pur lucrando voti dalla loro terra natìa, la rinnegano mentre siedono negli scranni di cui non sono degni. E non si vergognano. Strombazzano carte e mozioni di cui non si vedono gli effetti. Pensano però alle loro famiglie. Avete mai visto i figli dei politici disoccupati? O i nipoti o i fratelli. E se sono già occupati, diventano capoarea. E i cittadini muoiono per strada…. Chi si occupa di loro?
Per avviarci alla conclusione di questa impietosa analisi, vi propongo una foto arrivata in redazione qualche giorno fa. Questo è lo spogliatoio ‘naturale’ degli infermieri impegnati nel reparto Covid dell’ospedale di Gela: all’aperto vicino alla cappella, zona sud. Degno di un ospedale da campo in periodo di guerra, e siamo in tema.
Qualche settimana fa lo scandalo della chiusura della terapia intensiva del Vittorio Emanuele per i contagi del personale. Sarebbe bastato trasferire temporaneamente il personale di Caltanisetta a Gela. E invece no. Si trasferiscono i pazienti intubati, che poi muoiono. E ci sono parenti di pazienti gelesi ricoverati in terapia intensiva ed oggi morti, che giurano di aver subito discriminazioni dietro le porte dei loro malati ricoverati al Sant’Elia: prima entrano i nisseni ( che sono a casa loro e raggiungono le abitazioni in pochi minuti) e poi entrano i gelesi che devono viaggiare per arrivare a casa. Anche in questo caso i sentimenti atavici si traducono in atti vessatori.
A coronare un quadro d’orrore si aggiunge il tragico incidente del 24 febbraio: tre morti, un ferito gravissimo ed un medico ricoverato per un viaggio della speranza da Gela a Caltanissetta. Che vale proclamare il lutto o posizionare le bandiera a mezz’asta. Chi restituirà mai i morti ai loro parenti in lacrime. Ma questo non figurerà fra i risparmi dell’economia delle aziende sanitarie. Quelli sono fatti di numeri che si traducono in premi di produzione. La sanità che produce risparmio mente i malati muoiono per strada, nei letti d’ospedali da soli, a casa senza assistenza. Siamo già morti. Tutti. Perché non abbiamo speranza di cure.
Salerno – Si è tenuta l’1 e 2 luglio 2025, presso il Grand Hotel di Salerno, la Summer School organizzata dal Forum Nazionale del Terzo Settore e dal Forum per la Finanza Sostenibile, dal titolo Gestire e riqualificare il patrimonio pubblico: beni confiscati, social housing e risposte ai bisogni emergenti. Due giorni di confronto nazionale nell’ambito dei Cantieri ViceVersa, l’iniziativa che mette in dialogo il mondo della società civile organizzata con quello della finanza, del credito e delle assicurazioni, per costruire alleanze concrete attorno a obiettivi di impatto sociale e ambientale. Tra le realtà selezionate come buone pratiche da presentare durante i lavori, anche l’esperienza siciliana del progetto Open Housing, promosso a Gela dall’Associazione ARCI Le Nuvole con il sostegno di Fondazione CON IL SUD. A rappresentare l’associazione sul palco, nel pomeriggio della prima giornata, è stato Giuseppe Montemagno, che ha illustrato i risultati e l’esperienza nel territorio del progetto.
Open Housing è stato uno dei due modelli di housing sociale invitati a raccontare la propria esperienza – insieme alla Fondazione La Casa, attiva in Veneto – davanti a una platea composta da rappresentanti di realtà sociali, enti pubblici, imprese e operatori finanziari provenienti da tutta Italia. Un riconoscimento importante per l’Associazione Le Nuvole, che vede valorizzata a livello nazionale la capacità di intervenire in modo efficace sul problema dell’emergenza abitativa con un modello innovativo di welfare di comunità. Open Housing ha coinvolto, dal suo avvio, circa 200 utenti in condizioni di vulnerabilità abitativa, economica e sociale, attivando posti letto all’interno di immobili del centro storico di Gela. Le persone inserite nel progetto – individuate tramite segnalazioni di enti pubblici, associazioni o per autocandidatura – sono state accompagnate in percorsi personalizzati di supporto psicologico, educativo e lavorativo. L’obiettivo è stato duplice: offrire una risposta immediata alla mancanza di un alloggio dignitoso e costruire le condizioni per un pieno reinserimento sociale ed economico. Grazie alla collaborazione con il tessuto imprenditoriale locale, alcuni beneficiari hanno ottenuto un contratto di lavoro e raggiunto l’autonomia economica necessaria per uscire dal circuito dell’housing sociale.
I lavori della Summer School sono stati aperti da Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, e Massimo Giusti, presidente del Forum per la FinanzaSostenibile. Tra gli interventi istituzionali anche quelli di Lucia Albano, sottosegretaria al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Marco Imperiale, direttore generale di Fondazione Con il Sud, e Maria Rosaria Laganà, direttrice dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati.
Siciliacque ha reso noto stamane che, a causa di un guasto verificatosi lungo l’adduttore San Leo, non è stato possibile rifornire i serbatoi di Montelungo e Caposoprano al servizio delle utenze del comune di Gela.
Caltaqua non ha effettuato il turno di distribuzione.Resta invariata la distribuzione alle utenze servite dal serbatoio di Spinasanta. Non ci sono ancora notizie sulla ripresa della distribuzione.
LashChiuso da stamattina l’aeroporto di Fontanarossa.Bloccati i voli in partenza (come ci hanno anche segnalato anche dei gelesi che dovevano prendere voli mattutini e sono rimasti a terra) mentre quelli in arrivo sono stati dirottati a Palermo e in altri aeroporti.
Alla base del disagio un guasto ad una gru del cantiere che Rfi ha all’interno dello scalo.