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Giudiziaria

Denunciati due imprenditori agricoli per sfruttamento lavorativo di braccianti extracomunitari

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La Squadra Mobile della Polizia – ha denunciato due imprenditori agricoli niscemesi di 42 e 61 anni, per sfruttamento lavorativo di 20 braccianti.

Nell’ambito di mirati controlli predisposti dal Questore di Caltanissetta Emanuele Rificari per il contrasto dello sfruttamento lavorativo e del caporalato, la Squadra Mobile ed il Commissariato di Polizia di Gela hanno dato avvio ad un’intensa attività di verifica delle campagne nissene.

In questa occasione è stata sottoposta a verifica un’ampia porzione di territorio in contrada piano stella nel comune di Gela, dove operano 5 aziende consorziate tra loro.

Al momento dell’accesso presso l’azienda agricola, operato in stretta sinergia con personale specializzato dell’I.N.P.S. e dell’Ispettorato del Lavoro, i poliziotti hanno potuto constatare che vi fossero decine di operai impegnati nella raccolta di ortaggi.

Dalla verifica sulla posizione di ogni singolo bracciante agricolo è stato possibile accertare alcune irregolarità su 20 operai intenti a lavorare per i due indagati.

Gli ispettori della Squadra Mobile, unitamente a quelli dell’Ispettorato del Lavoro e dell’’I.N.P.S. hanno proceduto, in sede di controllo, ad intervistare tutti i lavoratori. L’attività d’indagine ha permesso di constatare che gli operai percepivano una paga di circa 5 euro l’ora, nessun giorno di ferie o aspettativa per malattia, in pratica erano privi della maggior parte dei diritti dei lavoratori previsti dagli contratti collettivi, salvo il riposo settimanale. Inoltre gli operai erano sprovvisti di abbigliamento idoneo, non vi era alcun bagno, cassetta di primo soccorso ed altre irregolarità, tutte previste dalla normativa vigente come indici di sfruttamento lavorativo.

Gli operai hanno inoltre dichiarato che accettavano le condizioni lavorative offerte dai datori di lavoro perché non avevano altri mezzi di sostentamento, a riprova dell’approfittamento dello stato di bisogno da parte degli indagati.

Oltre agli aspetti di eventuale rilievo penale a carico degli indagati, sarà valutata la posizione delle aziende per quanto concerne le sanzioni amministrative connesse alle norme inerenti la regolarità delle assunzioni dei braccianti agricoli.

Le fonti di prova raccolte dagli investigatori sono state tramesse alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela per un’attenta valutazione dei fatti contestati, le indagini sono tuttora in corso per le successive fasi del procedimento penale.

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Flash news

Morte Vittoria Caruso:Pm cambia ipotesi reato in omicidio stradale

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Una sostanziale modifica al capo d’imputazione. Questa mattina, al Tribunale di Gela, il procuratore capo Lucia Musti (subentrata alla titolare del fascicolo, la dottoressa Scuderi) ha cambiato l’ipotesi di reato da omicidio volontario a omicidio stradale nel processo a Gaetano Vizzini, il 23enne di Catania che il 17 marzo 2019 effettuò un testa coda a 120 chilometri orari, provocando la morte dell’amica 15enne Vittoria Maria Caruso, seduta sui sedili posteriori dell’auto.

La famiglia della ragazza è assistita da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime stradali, e sta seguendo il procedimento penale con il legale fiduciario di Giesse Rita Parla.

“Quella del pubblico ministero è stata una scelta importante – spiega Diego Ferraro, responsabile Giesse ad Agrigento – Soprattutto perché ha chiarito che per questo tipo di condotta serve una pena sì seria ma all’interno di un corretto inquadramento giuridico. Il rischio, infatti, è quello di arrivare in Cassazione e vedersi annullare la probabile sentenza di condanna per un’ipotesi di reato sbagliata. Dopo aver modificato il capo d’imputazione, il giudice ha quindi rinviato all’udienza del 17 aprile in cui l’imputato potrà decidere se andare a giudizio o scegliere un rito alternativo”.

L’incidente avvenne poco dopo le 22 sulla strada statale 117 Contrada Farello a Gela. Vizzini, alla guida della Fiat Panda della madre, imboccò una strada chiusa al traffico in direzione del cimitero di Farello. In auto, insieme a lui, altri tre ragazzi tra cui appunto Vittoria. Dopo aver raggiunto i 120 chilometri orari, Vizzini tirò il freno a mano, sterzando a sinistra ed effettuando un testa coda.

“Giunto a circa 30 metri da uno spartitraffico centrale effettuava un’improvvisa e, quasi certamente, volontaria sterzata verso sinistra in moto libero – si legge nella perizia dell’ingegner Mauro Trombetta, consulente tecnico della Procura – Tale manovra innescava un moto di imbardata, favorito anche dall’avanzatissimo stato di usura dei suoi pneumatici ed il successivo e repentino ribaltamento a destra dopo aver percorso oltre 13 metri in scarrocciamento”.

A posteriori, quando i ragazzi vennero trasportati in ospedale, si scoprì che Vizzini era sotto l’effetto di alcol (0,46 grammi per litro) e sostanze stupefacenti (cannabis). Rimasero tutti illesi a parte Vittoria che, purtroppo, riportò ferite che si dimostrarono fatali.

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Giudiziaria

“Mi manda la Stidda”: in Lombardia condannati due gelesi per tentata estorsione e incendio doloso

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Due muratori gelesi di 42 e 55 anni (residenti a Busto Arsizio e a San Donato Milanese), sono stati condannati, in primo grado, dal Tribunale di Lodi rispettivamente a due anni e mezzo per tentata estorsione e a cinque anni per incendio doloso. Cinque anni di reclusione anche per un 51enne di Melegnano, anche lui muratore. Il processo ha fatto luce sui due incendi del 27 maggio e del 4 giugno 2019 nei cantieri di via Trieste e di via Gogol ai danni di un’impresa edile di San Giuliano Milanese e per un tentativo di estorsione da 150mila euro nei confronti del suo titolare. In quelle occasioni, un autocarro era stato distrutto dal fuoco, un altro aveva subito ingenti danni ed era andato in fiamme anche un container adibito a ufficio e contenente attrezzature e documentazione. Furono i carabinieri del Ris a trovare Dna e impronte di due degli indiziati tra i reperti sequestrati dopo gli incendi. La richiesta estorsiva, avvenuta presso la sede legale della società di costruzioni, aveva preceduto di alcune settimane gli incendi nei cantieri ed era seguita a un incendio degli stessi uffici di cui non sono stati invece individuati gli eventuali responsabili, e sarebbe stata accompagnata dalla frase “mi manna a Stidda”. Le indagini della Procura di Lodi hanno, però, escluso la matrice mafiosa degli episodi e anche rapporti tra il costruttore e la criminalità organizzata. Il movente ritenuto più probabile dalla pubblica accusa sarebbe invece una richiesta di aiuto finanziario da parte di un altro imprenditore edile, che era rimasta inascoltata. Ma, per carenza di indizi sufficienti, non sono stati perseguiti né quell’imprenditore né i soggetti che, stando a ipotesi investigative, potrebbero aver fatto da tramite tra di lui e i presunti autori dei reati commessi.

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Giudiziaria

Ipab Aldisio:secondo rinvio dell’udienza preliminare

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Secondo rinvio per l’udienza preliminare sulla gestione dell’Ipab Aldisio. La prima volta, l’anno scorso, ci fu un difetto di notifica.Stamattina, il gup Francesca Pulvirenti ha accolto l’istanza di rinvio di uno dei difensori degli imputati per un’ udienza concomitante in Assiste in assise.

L’indagine come è noto ha riguardato i rapporti tra l’ex presidente del cda della struttura, don Giovanni Tandurella, e i vertici de “La Fenice” che con contratto gestirono la casa di riposo per anziani per in certo periodo. Per i pm della procura, ci sarebbero state irregolarità nel subentro dei privati e si ipotizza anche la corruzione. L’udienza preliminare ora rinviata a giugno riguarda oltre il sacerdote anche l”ing. Renato Mauro l’ex consigliere comunale eSandra Bennici, il consigliere  Salvatore Scerra.Ed ancora Matteo Vella, Francesca Mendola, Rosario Moscato, Andrea Bartoli, Maria Palumbo, Giovanni Tirrito, Anna Rita Tandurella, Benedetto Decaro, Giovanni Decaro, Denny Decaro e la stessa società “La Fenice”.

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