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Gli auguri pasquali del Vescovo Gisana

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In un convegno sulla pace, organizzato da Pax Christi a Verona, nel febbraio 1986, don Tonino Bello, oggi venerabile, pronuncia una frase che introduce molto bene il senso che ha la pasqua per un cristiano: «In piedi costruttori di pace». Essa fa capire che la pasqua è un momento di festa, che ricorda la morte e risurrezione di Gesù, ma anche un impegno di conversione, attestato da un mandato. Il Risorto infatti consegna ai discepoli un compito: portare la pace, segno della presenza del suo Spirito nel mondo. È quello che si legge in Gv 20,21, dal quale trapela una specifica missione: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». La costruzione sintattica del versetto sottintende che Gesù invia i discepoli, alla maniera con cui egli è stato mandato dal Padre. Lo scopo è attestare che la presenza del Figlio di Dio nel mondo è dono di pace: un compito che si ravvisa, da un punto di vista discepolare, in coloro che restano conquistati dalla bellezza del vangelo. L’annuncio della lieta notizia è consegna della pace di Dio, mediata da colui che Isaia appella «principe della pace» (Is 9,5). Aderire al vangelo significa fare nostro il mandato di Gesù, ricevuto con il sacramento del battesimo e incarnato nel modo con cui ci poniamo di fronte all’altro. L’autore del quarto vangelo lo afferma esplicitamente: la pace è il contenuto di questo mandato, iscritto nel volere del Padre e rivelato nella persona di Gesù. L’apostolo lo intuisce, evocando un’importante identificazione: «Egli è la nostra pace» (Ef 2,14), a partire dalla quale fa capire che l’incontro con Gesù non è solo ricezione di un dono, ma anche impatto con una persona che definisce sé stessa “pace”.

     È questa la peculiarità dell’annuncio cristiano sulla pace. Essa è certamente una virtù che impegna a superare le ostilità. Non si può essere cristiani, senza perseguire l’ideale evangelico della riconciliazione. Gesù lo raccomanda con perentorietà a Pietro, rispondendo al quesito sul perdono nei confronti di chi ha sbagliato. Quello che conta, da un punto di vista cristiano, è ricucire i rapporti, provando lo stesso sentimento di Dio: «Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (Mt 18,33). La pasqua diventa così un’occasione importante per ricominciare, laddove per qualsiasi circostanza si è interrotta la relazione: un atteggiamento di misericordia che è possibile praticarlo, nella misura in cui si fa memoria del perdono che Dio offre a ciascuno di noi. Non è facile aprirsi alla misericordia per l’altro, dimenticando le offese ricevute e giustificando quanto è stato commesso. Soltanto chi ha vivida intelligenza di quello che si è di fronte a Dio ha capacità di attuare quest’esigente comandamento evangelico. La pasqua è un passaggio da una condizione di peccato ad un’altra di redenzione, arricchita dalle virtù della misericordia e del perdono. Quando ci si riconcilia con l’altro che ha sbagliato, si compie un gesto pasquale, equivalente a quello di Gesù che ci ha fatto passare dalla morte alla vita.

     Tale passaggio, che corrisponde al piano redentivo di Dio, si incarna nella nostra esistenza con la pratica di gesti che preludono un certo modo di essere cristiani. La pasqua infatti non è soltanto memoriale di quello che Gesù ha compiuto per noi, ma anche proposta di vita che invita a essere suoi imitatori. Sarebbe il senso che ha voluto dare Paolo alla pasqua: «Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità» (1Cor 5,8). I due termini lievito e azzimi, in parallelismo, evocano l’atteggiamento che il cristiano deve assumere nella relazione con l’altro: un atteggiamento aperto, semplice, coerente, segnato da atti che richiamano l’opera della pace. La pratica di questa virtù esige trasparenza nel pensiero e verità nel comportamento. Papa Francesco in Fratelli tutti al n. 225 esorta a intraprendere percorsi di pace che spiegano quello che intendeva l’apostolo con l’espressione «azzimi di sincerità e di verità»: «c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia». La pace è una virtù che invita a rinnovare, in senso pasquale, le nostre relazioni, sostenendo «processi di guarigione», e ogni processo sottintende fatica e impegno nel ricostruire quanto è motivo di scontro e divisione. L’espressione di Papa Francesco «artigiani di pace» richiama l’intuizione di don Tonino Bello sulla necessità di costruire la pace. Non basta riconciliarsi con chi ha sbagliato, benché tale atteggiamento sia una condizione necessaria per essere graditi a Dio (cfr. Mt 6,14-15); occorre impegnarsi proattivamente in favore della pace, prevenendo l’egoismo di coloro che, accecati dai propri interessi, tendono a compromettere la relazione con l’altro. La paura della diversità, da cui si capisce il senso che Papa Francesco dà in Fratelli tutti al cosiddetto «globalismo», inteso come indebolimento delle tradizioni identitarie di un popolo, porta al conflitto e quindi a una deliberata sperequazione tra persone sempre più ricche e altre sempre più povere.

     Quest’ingiustizia sociale, che si ravvisa nel modo con cui si affrontano oggi i problemi, può essere contrastata nella misura in cui i cristiani, ascoltando l’appello di conversione che viene dal vangelo, si alzano in piedi costruendo la pace: un atteggiamento «di ingegno e audacia» – sottolinea Papa Francesco – che porta a dare la vita. Se Cristo è pace, anche i cristiani sono chiamati a esserlo, e se Cristo ha riconciliato i contendenti con un’operazione messianica che è il dono della propria vita (cfr. Ef 2,14-18), anche i cristiani sono esortati a farlo, scegliendo percorsi forse difficili, ma non impossibili, della non violenza, dell’offerta silenziosa di sé stessi, dell’amore per il prossimo, senza mai esigere il contraccambio.

     La pace cristiana non è pattuizione, equilibrio, alleanza, bensì impegno nel tracciare passi che attueranno la profezia di Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4). Affinché questo possa essere vero, e lo è in virtù del fatto che Cristo è morto e risorto, occorre che la nostra pasqua persegua il cammino dell’immolazione. Sì, perché la pasqua cristiana, oltre a essere passaggio, è immolazione. E quest’atto pasquale, che ci fa imitare Cristo, costruisce la sua pace: in noi stessi, nelle persone con cui viviamo e per riflesso in quelle parti del mondo, ove i conflitti opprimono coloro che non hanno voce. L’audacia di stare in piedi, lasciando attorno a noi impronte di pace – è questo il senso del termine ebraico ’aŝrê che Matteo traduce con «beato» – ci fa chiamare figli di Dio (cfr. Mt 5,9). È la piena somiglianza con colui che sulla croce, all’in piedi, ha immolato sé stesso per noi, inaugurando un percorso di pace che pone segni di unità, riconciliazione e fraternità universale.

                                                                                              Rosario Gisana

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Rizzolo confermato alla guida di Sicindustria, tra i 4 vicepresidenti c’è il gelese Caccamo f

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L’Assemblea privata di Sicindustria ha confermato Luigi Rizzolo alla guida dell’associazione con il 99% dei voti per il quadriennio 2025-2029. Classe 1973, imprenditore palermitano nei settori delle energie rinnovabili e dell’edilizia, Rizzolo era stato eletto nel 2023 per completare il mandato del compianto Gregory Bongiorno. Insieme al presidente, sono stati eletti anche i vicepresidenti che lo affiancheranno nel nuovo mandato, a testimonianza di una squadra ampia, coesa e rappresentativa del tessuto produttivo siciliano: il trapanese Vincenzo Adragna (Adragna Petfood srl), il palermitano Luciano Basile (Resigest srl), il nisseno Gianfranco Caccamo (Icaro ecology spa), il ragusano Leonardo Licitra (Ilap spa) e l’agrigentino Antonio Siracusa (Siracusa Costruzioni srl). Presente il delegato di Confindustria all’Education, Riccardo Di Stefano. “Sarà un mandato nel segno della continuità – ha dichiarato Rizzolo – nel metodo, nell’ascolto, nella determinazione con cui abbiamo rimesso ordine, rinnovato le regole, costruito fiducia. Abbiamo posto le basi. Ora dobbiamo consolidare e accelerare questo lavoro, per rendere Sicindustria ancora più forte, rappresentativa ed efficiente, al servizio delle imprese e dello sviluppo del territorio. In questi diciotto mesi non abbiamo solo lavorato al nostro interno: abbiamo riaperto un dialogo concreto con le istituzioni regionali, affrontato temi cruciali come aree industriali, infrastrutture, energia, formazione e accesso al credito. Abbiamo chiesto soluzioni, proposto interventi, preteso tempi certi e risposte efficaci. Di certo oggi possiamo dire che la nostra associazione ha ritrovato coesione, visione e autorevolezza, diventando punto di riferimento per le oltre mille imprese associate con 50.000 lavoratori in sette province”.

Formazione, sicurezza, burocrazia: le tre sfide chiave

Nel nuovo mandato, l’azione di Sicindustria ruoterà attorno a tre capisaldi: la formazione, la sicurezza sul lavoro e la semplificazione burocratica. “Senza competenze, l’innovazione resta un esercizio teorico – ha spiegato Rizzolo –. E senza formazione continua, le imprese non possono affrontare il cambiamento. Dobbiamo colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro qualificato, investire sugli ITS, sulla formazione duale, sull’orientamento e sul dialogo costante tra scuola, università e impresa”.

Altro fronte centrale è quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, che Rizzolo definisce “una questione di dignità e di competitività”. “Fare impresa in Sicilia – ha detto – significa essere presidio di legalità e responsabilità. La sicurezza sul lavoro non è solo un adempimento formale, è un dovere morale e strategico. Solo in un ambiente sano si costruisce fiducia, si attraggono investimenti, si crea vera crescita”.

Terzo asse fondamentale è la semplificazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione, vista come condizione necessaria per sbloccare investimenti e rilanciare la competitività del territorio. “Non bastano incentivi. Le imprese hanno bisogno di procedure chiare, tempi certi, regole trasparenti. La pubblica amministrazione deve smettere di essere un freno e diventare un alleato dello sviluppo”.

Una Sicilia che guida, non che subisce

Sicindustria continuerà a lavorare su tutti i principali dossier strategici: digitalizzazione e intelligenza artificiale, energia, infrastrutture, fiscalità, credito, turismo, internazionalizzazione e transizione ecologica, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo dell’impresa come attore economico e sociale. Al centro, il ruolo dell’impresa come motore economico e attore sociale. “Ogni nostra scelta – ha ribadito il presidente di Sicindustria – ha un impatto sul lavoro, sull’ambiente, sulla qualità della vita nei territori. Per questo serve una politica industriale coraggiosa e una visione di lungo periodo. La nostra ambizione è quella di cambiare il contesto e costruire una Sicilia che diventi piattaforma mediterranea avanzata, attrattiva per talenti, capitali e idee”.

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La Giunta delibera i progetti per accedere ai finanziamenti Fua

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La Giunta municipale stamattina ha approvato le delibere sui progetti da inviare alla Regione per accedere ai fondi del Fua. Si tratta di 9 interventi che riguardano il rifacimento del corso Vittorio Emanuele da via Marconi a piazza Martiri, del rifacimento dell’ex dogana, di due piste ciclabili per tutto il Lungomare,dell’hub intermodale con charing station nell’area adiacente la stazione ferroviaria, la digitalizzazione dell’archivio dell’anagrafe e affari generali del Comune ed altro.

I progetti deliberati saranno girati all’Unione dei Comuni per essere deliberati e trasmessi a Palermo per partecipare alla selezione.Grande soddisfazione per l’obiettivo raggiunto è stata espressa dal sindaco e dall’assessore al ramo Romina Morselli.

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Centro ortopedico Aliotta: 15 anni di successi mettendo il paziente al centro, tra “movimento e innovazione”

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Un anniversario importante per il centro ortopedico Aliotta che taglia il traguardo dei 15 anni di attività. Tre lustri di “movimento e innovazione”, in cui il gruppo ha saputo elevare i propri standard offrendo un servizio di altissimo livello, fino ad espandere il proprio brand in tutta la Sicilia e anche all’estero.

«Siamo diretti verso un nuovo umanesimo dove il paziente viene posto al centro – dice l’amministratore delegato Alessandro Guarnera -. Intorno a lui girano le attività sanitarie, dalla definizione del presidio fino alla sua personalizzazione e realizzazione».

In questi anni il centro ortopedico Aliotta ha anche assistito la Nazionale femminile di basket, reduce dalla vittoria degli Europei. Le giocatrici periodicamente rinnovano il plantare sportivo che è un “made in Gela”: i dottori Emanuele ed Elisa Aliotta hanno personalmente eseguito gli esami del passo alle giocatrici. Questa sera la grande festa per il traguardo raggiunto, che farà da apripista ad altri successi.

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