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Janni: “Gela si vergogni del modo con cui gestisce il suo patrimonio culturale e ambientale”

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Ha creato un vespaio di polemiche la notizia sulla vendita di un reperto storico privato quale è la Torre di Manfria. Un miscuglio di rabbia, speranza, riprovazione e giudizio su una cosa che il popolo sente propria e vorrebbe si utilizzasse al meglio anziché’ abbandonarla all’incuria.

Sul tema si é pronunciato anche il Prof. Leandro Janni, presidente regionale di Italia Nostra Sicilia.

“La Torre di Manfria e il suo contesto paesaggistico vanno tutelati. – dice Janni – E’ assurdo che un luogo e un monumento così rilevanti e suggestivi vengano abbandonati all’incuria. Vengano svenduti come un bene qualunque. Gela si vergogni del modo in cui gestisce il proprio patrimonio culturale e ambientale. E di certo non basta puntare sul nuovo Museo del Mare.

Abbiamo appreso, in questi giorni, che la Torre di Manfria è stata acquistata da un privato: un imprenditore bolognese. Nel XVI secolo essa fu realizzata come torre di avvistamento e difesa. E’ la vedetta posta su un promontorio dal quale osservare i 60 chilometri del golfo e parte della piana di Gela. Essa si affaccia su una baia dal mare azzurro circondata da roccia e pietra di gesso, da grotte e da sabbia giallo ocra tanto cara ad Eschilo. La Torre è incastonata in un Sito di Importanza Comunitaria. Il territorio gelese era una meta classica dei naturalisti dell’Ottocento per le sue peculiarità botaniche, zoologiche e paesaggistiche. Le dune di Gela destavano meraviglia non solo per le eccezionali dimensioni, ma anche per la bellezza del loro manto vegetale, dominio incontrastato della ginestra bianca e di numerose altre piante rare.

Con l’andare del tempo, di tanta bellezza si è quasi perso il ricordo, offuscato da vicende umane che, nel secolo scorso hanno segnato la città di Gela in modo particolare: l’emigrazione, la guerra, il sogno industriale e la pervasiva urbanizzazione. Nel territorio gelese, comunque, è tuttora possibile ammirare le tracce di beni di grande interesse scientifico e di pregio naturalistico e paesaggistico: ad esempio, il sito Natura 2000 “Torre Manfria” che comprende una significativa varietà di habitat litoranei.

Ubicata a pochi chilometri a Nord-Ovest di Gela, il 2 gennaio del 1987, l’area di Manfria è stata sottoposta a vincolo archeologico in seguito a importanti ritrovamenti di resti archeologici. I riflettori sul grande pregio naturalistico dell’area di Manfria si accesero per la prima volta nel 1962, quando l’illustre entomologo Marcello La Greca, durante una campagna di ricerche sulla fauna psammofila della Sicilia Meridionale, scoprì un piccolo invertebrato endemico, vero e proprio fossile vivente: il Dociostaurus minutus. Ulteriori indagini rivelarono la presenza di vari artropodi interessanti e molto rari sulle dune di Manfria, le cui strategie di sopravvivenza in un ambiente così particolare sono state oggetto di un intero filone di ricerche eco-etologiche.

Ma torniamo alla Torre di Manfria. Secondo alcune fonti l’inizio della edificazione della Torre risale al 1549, durante il vicereame di Juan de Vega, secondo altre, invece, al 1583. Di certo rimase incompiuta per alcuni decenni e nel 1615 fu completata ad opera del Viceré di Sicilia Pedro Tellez Giron y Guzman Duca di Ossuna, su disegno dell’architetto fiorentino Camillo Camilliani. Delle oltre 200 torri costiere della Sicilia, che formavano un sistema di vigilanza strategico-militare per segnalare i pericoli provenienti sia dai nemici sia dai corsari africani, la Torre di Manfria, detta anche di “Ossana” o “Ossuna” era una tra le 37 più importanti e dipendeva dalla Deputazione del Regno. I quattro torrari che l’abitavano segnalavano, nel corso della giornata, con specchi e fumi e di notte con fuochi (i fani), l’arrivo dei barbareschi alla torre di Falconara, a Ovest, e ad Est al campanile della chiesa di Santa Maria de Platea che fungeva anche da torre secondaria di avvistamento e segnalazione. Con un sistema intermedio di postazioni e di torri di segnalazione, le informazioni giungevano quindi alla torre di Camarana, a Est nei pressi di Santa Croce Camerina, e con gradualità alle altre del circuito isolano fino a raggiungere, nel giro di un’ora, quei porti dove erano presenti flotte navali da guerra che immediatamente prendevano il mare per contrastare l’azione offensiva dell’aggressore. Le segnalazioni, inoltre, erano destinate agli abitanti della città e della campagna, tramite torri secondarie come quelle dell’Insegna e del convento dei Padri Cappuccini. Oltre ai torrari erano pure pertinenza della città diversi gruppi di guardie a cavallo.

La Torre di Manfria è a pianta quadrata con basamento fortemente scarpato che misura circa 12,5 metri per lato. In origine era costituita da due piani, il pianoterra, che serviva come deposito di acqua, legna, munizioni, spingarde, schioppi, polvere da sparo e palle di cannone e il primo piano, che serviva da alloggio ai torrari (caporale, tenente e soldati). Inoltre, il terrazzo, provvisto di parapetti, tettoia e due balconate, sostenute da eleganti mensoloni in pietra arenaria, ospitava due cannoni. L’accesso alla torre avveniva dal primo piano con una scala di legno o una corda retrattili prima che nel 1805 fosse costruita una scala in muratura a due rampe. Nello stesso anno fu anche realizzato il secondo piano per renderla ancora più visibile e fondamentale per la difesa isolana contro l’arrivo dei pirati: allora, “mamma li turchi!”, era un’espressione tipica di cui ancora rimane vivido il ricordo per la ferocia con cui tali pirati barbareschi trattavano le popolazioni dei luoghi costieri depredati.

Diversi anni fa la Torre di Manfria fu illuminata con fari a vapore di sodio per essere visibile di notte in tutta la sua stereometrica maestosità, anche a decine di chilometri di distanza. L’illuminazione, però, fu oggetto di un’inesorabile azione vandalica. Da allora, la Torre di Manfria è abbandonata all’erosione, alle intemperie e sfregiata da ulteriori azioni vandaliche.

E’ di questi giorni la notizia secondo cui la Torre sarebbe stata venduta dal proprietario Fabrizio Iacona ad un imprenditore bolognese. Della Torre si è sempre parlato a Gela, ma istituzioni pubbliche e cittadini  hanno fatto poco e niente, fino ad oggi, per tutelarla e valorizzarla insieme allo straordinario contesto paesaggistico dal quale si erge.

E di fatto non ha portato ad alcun risultato l’iniziativa dell’attuale sindaco di Gela, Lucio Greco, lanciata ai cittadini poco prima della pandemia, finalizzata al versamento di una quota ibera in modo che ad acquistarla fosse il Comune. Davvero risibili le somme raccolte: 600 euro, mentre la somma auspicata era di almeno 200mila euro. Adesso la Torre è nelle mani del nuovo proprietario che, a quanto pare, considerato il mediocre stato di conservazione del monumento, intenderebbe agire subito con un intervento di restauro. Noi di Italia Nostra ce lo auguriamo vivamente. Così come ci auguriamo vivamente una particolare attenzione e cura verso questo luogo e questo storico, pregevole manufatto architettonico anche da parte della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali”.

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L’attenzione ai bimbi del reperto di pediatria: donazione dell’Interact club

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L’Interact di Gela ha donato un lettino e due saturimetri al reparto di pediatria dell’ospedale Vittorio Emanuele diretto dal dott. Rosario Caci. Materiale che il club gelese ha acquistato grazie ai proventi di un’iniziativa solidale promossa durante le scorse festività natalizie: la vendita dei panettoni.

Il progetto è stato condotto in collaborazione con il Rotary e gli istituti “Eschilo” e “Vittorini”, che hanno partecipato con entusiasmo come evidenziato dal presidente dell’Interact Elias d’Aleo. La referente del progetto per conto del club è invece Beatrice Mangiavillano.

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L’imprenditore Caccamo sulla storia infinita del nuovo opificio di Icaro Ecology:”spero sia un segnale per tutta la città”

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Tira un sospiro di sollievo dopo tante amarezze l’imprenditore Gianfranco Caccamo, titolare della Icaro Ecology .

 Nel 2019 inizia l’iter di un progetto per costruire i  nuovi uffici  un opificio di prefabbricazione di impianti di bonifica nell’area industriale Nord 2. A Gela il progetto non va avanti (l’area Nord 2 ricade nel sito Natura 2000) e la Icaro si rivolge alla Giustizia Amministrativa. Due giorni fa la Regione con il Dipartimento Ambiente  ha dato parere positivo  alla   valutazione ambientale del progetto sostenendo che  non determinerà effetti  significativi diretti e indiretti  tali da pregiudicare il mantenimento dei siti di Natura 2000 interessati.

<È un risultato importante- commenta l’imprenditore gelese –  perché dà valore alle nostre lotte contro le resistenze e i silenzi che hanno rallentato il processo per molti anni e per l’impatto che il progetto avrà sul territorio  Si addita spesso la burocrazia come principale ostacolo allo sviluppo del nostro Paese ma sarebbe troppo riduttivo imputare tanta lentezza alla sola burocrazia. Quello che blocca davvero i progetti, le imprese e la crescita di un territorio intero è l’ostracismo basato sulla mancanza di  visione, sulla paura del cambiamento,  sull’ignoranza, sulle battaglie di uno pseudo ambientalismo di chi -senza alcuna competenza- pensa che tutto può cambiare senza cambiare niente.  La natura muta, si evolve di continuo e noi, che di risanamento e ambiente ci occupiamo per missione , vogliano fare di questi cambiamenti il volano -nostro e di tutti- verso la modernità e competitività.  Con il Decreto del Dirigente Generale della Regione Sicilia possiamo finalmente dire che la battaglia si è conclusa. Non è una vittoria solo nostra, vogliamo che questa vicenda sia un segnale per tutta la città. È vero, per costruire il futuro servono determinazione, coraggio e una visione chiara di ciò che il territorio può e deve diventare ma senza le istituzioni propositive il tempo perso sarà sempre troppo e il mondo continuerà a muoversi a una velocità che non riusciremo mai a raggiungere>

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Vincenza Zarcone è la nuova presidente dell’Ordine degli psicologi siciliani.

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Palermo – Vincenza Zarcone è la nuova presidente dell’Ordine degli psicologi siciliani.

Si è insediato il Consiglio dell’Ordine degli psicologi della Regione Siciliana che, al termine della seduta che si è svolta questa mattina nella sede di via Gaetano Maria Pernice, a Palermo, ha definito il nuovo esecutivo composto da Vincenza Zarcone (presidente), Carmelo Panebianco (vicepresidente), Paolo Sidoti Olivo (segretario) e Liviana Sciacca (tesoriere).

“Il nuovo gruppo – ha dichiarato la neopresidente dell’Oprs, Vincenza Zarcone – è pronto a lavorare con determinazione per dare continuità a quanto di positivo è stato realizzato già durante la precedente consiliatura introducendo al contempo elementi di innovazione e promuovendo iniziative a supporto della crescita della professione e del benessere della collettività”.

Nella foto allegata i nuovi consiglieri dell’Oprs. In ordine, da sinistra, Marco Maria Leonardi, Concetta Mezzatesta, Paolo Sidoti Olivo, Barbara Vallesi Cardillo, Valentina Zarcaro, Calogero Lo Piccolo, Giuseppe Iacono, Carmelo Panebianco, Vania Blanco, Vincenza Zarcone, Liviana Sciacca, Andrea Nicola Malpasso, Eugenia Mammana, Giuseppe Spitale e Rita Chianese

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