I tramonti colorati di tinte cangianti, il mare prorompente, i tesori archeologici testimoni di una storia prestigiosa e la macchia mediterranea sono i punti di forza della vituperata Gela. Della Macchia mediterranea non si è mai occupato nessuno nonostante l’nteresse che il mondo scientifico mostra verso questa tipologia di vegetazione singolare. A pensarci è stata una coppia di professionisti, uno dei quali figlio d’arte. Si tratta di Francesco Trovato, figlio del compianto Pippo piu’ volte assessore degli esecutivi del sindaco Franco Gallo che ha iniziato il lavoro di catalogazione fotografica delle piante. La prima stesura è di Pippo Trovato
Pippo Trovato
e l’ultima della coppia Francesco Trovato e Martina Distefano, archietti uniti nella via professionale ma anche nella vita sentimentale e genitori di due splendide bimbe. Il testo è una guida per scoprire una delle ultime frontiere della nostra storia, la macchia mediterranea. Contiene 75 tavole, ispirate alle antiche illustrazioni ma ridisegnate in chiave contemporanea, restituiscono un concentrato di diversità botaniche: origini, storia e caratteristiche. Un libro pensato per gli amanti della natura e per gli appassionati di illustrazione.
Il libro verrà presentato il 7 gennaio alla libreria Orlando: ne parleranno l’ ex sindaco Franco Gallo, lo specialista Enzo Liardo, Francesco Trovato e Martina Distefano.
“Negli anni Novanta mio padre e mia madre, Lalla Pellegrino – racconta Francesco Trovato – si dedicano ad un progetto di educazione ambientale per la scuola media San Francesco di Gela.
Con una delle prime macchine fotografiche digitali, Pippo Trovato inizia a fotografare decine di piante della macchia mediterranea. Qualche anno dopo si improvvisa grafico editoriale e realizza una piccola guida botanica stampata nel 2000 dal Comune di Gela.
A distanza di 22 anni, insieme a Martina Distefano, abbiamo deciso di ripubblicare questo lavoro, in una nuova veste. I testi originali sono stati mantenuti, mentre le fotogratie sono state sostituite da tavole illustrate, che aggiungono creatività al lavoro sistematico di catalogazione e danno alla guida il tipico sapore dell’erbario” .
Ecco cosa dice Marco Ciriello nell’introduzione
“In “Breviario Mediterraneo”, Predrag Matvejević, padre e filologo del mare che ha generato la civiltà, racconta di un orologiaio catalano – conosciuto, tra i tanti grandi uomini e donne mentre inseguiva le storie mediterranee – che, lottando con scrupolosità tra mille impedimenti, cercava di ricompilare il catalogo della biblioteca di Alessandria, la più grande e importante dell’antichità, distrutta dal califfo Omar. Con la stessa caparbietà, Giuseppe Trovato, con metodo e rigore, conoscenza e capacità di sintesi, ha catalogato la macchia mediterranea in Sicilia, iscrivendosi al filone degli uomini che con precisione scientifica provano a sfidare l’epifania dell’infinito mettendone in ordine una sezione, provando a racchiuderne una parte. Diventando un involontario soldato dell’esercito di Matvejević, che lo avrebbe amato. Sì, perché il catalogatore è un uomo d’amore – nell’accezione greca esplicata ai più da Luciano De Crescenzo – che disseziona una parte del mondo per condividerla con gli altri, in pratica ogni catalogazione è un atto di generosità. Il catalogatore vede, scopre, comprende e seziona, ordinando e permettendo agli altri di orientarsi, si fa bussola per chi non conosce. La Natura da milioni di anni si offre come esercizio all’uomo, tra le tante cose, e l’uomo si mette alla prova cercando di decifrarla, inseguendo un senso, una idea. Tutta la vita dell’uomo è esercizio, inteso come sfida a se stessi, e poi alla Natura, su micro e/o macro scala. Giuseppe Trovato compilando un catalogo della macchia mediterranea sceglie la micro scala, in un atto che sarebbe piaciuto al più grande dei catalogatori letterari: Winfried Georg Sebald, tra i migliori scrittori tedeschi dell’ultimo Novecento. Con questo libro diventa un suo personaggio, unisce la Sicilia, sempre distratta e superficiale, esagerata e sprecona, alla Mitteleuropa, ricongiungendo la storia, creando quella connessione europea agognata da Altiero Spinelli e non ancora realizzata da Bruxelles. Non si tratta solo di una esplicitazione intellettuale, ma soprattutto di una condivisione umana. Quelli come Giuseppe Trovato credono nella persuasione attraverso il bello, nella continuità che passa per la conoscenza, nella sopravvivenza mediante la curiosità, iscrivendosi alla categoria degli ulissidi, i figli di Ulisse. Uomini di buona volontà che non se ne stanno a casa, che si interessano – come chiedeva Don Milani – al mondo e alla sua varietà, e che provano anche a strutturarlo in una funzione di condivisione col prossimo, cercando la misura delle cose capiscono se stessi e aiutano gli altri a farlo. Basta inseguire la schiera delle orchidee – che Trovato ordina nel libro – per capire come viveva, anche senza averlo conosciuto. Nelle schede si può sentire la sua voce, che la mette giù breve, senza tergiversare, fornendo l’essenziale, con-dividendo quello che serve veramente, facendosi enzima, un catalizzatore di processi. Gioca con la conoscenza, impila dati, suddivide per foglie, e ci consegna una porzione di mondo messa in ordine come se fosse un cassetto. Poche, fondamentali, notizie, una introduzione per capire quello che ci sta intorno, avvicinando-ci alla Natura. La macchia è una delle grazie del Mediterraneo, e questo libro apre alla biografia di quella grazia, fa un po’ di storia, un po’ di caratteristiche e trasformazioni, e permette – agilmente – a chi lo legge di sentirsi in armonia con una bellezza che gli appartiene da sempre e stenta a conoscere, talvolta fino a sentirla estranea. La narrazione di Trovato, le sue classificazioni, l’attenzione ai colori, alle strutture, nascondono la contemplazione della Natura: un intreccio di pensiero, illustrazioni – attraverso la mano felice di Martina Distefano – e storia. La varietà della flora diventa la forza del libro e denuncia l’attenzione del catalogatore: un inseguitore di precisione che incontrando il paesaggio ne viene consacrato, divenendo coprotagonista, voce narrante: breve, fuggevole, ma per niente sorpassata, anzi”.
Giuseppe Trovato (1950-2003), “figlio del ’68”, ragazzo da “La meglio gioventù”, cresce a Piazza Armerina, dove trascorre del tempo nella campagna di famiglia, affinando e curando l’amore per la natura. Ingegnere e autodidatta in ogni disciplina, si appassiona a qualunque innovazione tecnologica, filtrandola attraverso l’antica Grecia, l’archeologia e, soprattutto, il Mediterraneo, fondando un partito politico omonimo, con manifesto e testi ideologici di conseguenza. Ha saputo vedere il futuro prima degli altri per frammenti e intuizioni, quando ancora nessuno parlava di prodotti a KM zero o di utilizzo di specie autoctone di piante. Il libro ne è un esempio.
Martina Distefano (1988), si laurea in Architettura tirando di scherma. Disegni e affondi. I suoi studi la portano in Nuova Zelanda, Portogallo e Brasile, ma torna in Italia per la grafica, l’editoria e la Sicilia. Lavora come grafico senior e cura i rapporti internazionali per la casa editrice LetteraVentidue. Con Francesco Trovato ha fondato Cirnauti, studio grafico che autoproduce illustrazioni legate alla Sicilia. L’ultimo disegno di questo libro è stato terminato il giorno prima di partorire Ottavia, seconda nipote di Giuseppe Trovato.
Lo trovate qui https://www.cirnauti.com/product-page/erbario-mediterraneo
LashChiuso da stamattina l’aeroporto di Fontanarossa.Bloccati i voli in partenza (come ci hanno anche segnalato anche dei gelesi che dovevano prendere voli mattutini e sono rimasti a terra) mentre quelli in arrivo sono stati dirottati a Palermo e in altri aeroporti.
Alla base del disagio un guasto ad una gru del cantiere che Rfi ha all’interno dello scalo.
E’ stato consegnato al medico veterinario dell’Asp nissena, il cucciolo di beagle salvato dalla Polizia mentre vagava nel buio sulla strada statale 640 Caltanissetta-Agrigento, con il rischio di essere investito e creare pericolo per la circolazione stradale. Il cagnolino, impaurito e confuso, è stato soccorso dagli agenti Davide e Giuseppe i quali lo hanno portato in Questura e lo hanno rifocillato.
Quanto accaduto nelle ultime ore, ci riporta in mente ad un altro salvataggio compiuto a Gela lo scorso marzo da un sovrintendente della Polizia, Ivan L’Erede. Fuori servizio, il poliziotto salvó un cane precedentemente investito ed abbandonato sulla statale 115 Gela-Licata.Il cagnolino (un meticcio), fu successivamente operato a Catania grazie al contributo della Leida, presieduta dall’onorevole Michela Vittoria Brambilla, e ultimamente è stato consegnato ad una famiglia di Ferrara che ha chiesto di accudirlo. L’abbandono di animali è un reato punito dal codice penale. Ogni anno migliaia di cani nel periodo estivo vengono abbandonati in strada con conseguenze gravi per la loro salute e sicurezza. L’abbandono è un atto crudele e illegale e chiunque assista a un abbandono può denunciare l’accaduto alle autorità competenti.
Il romanzo “La domenica vestivi di rosso” di Silvana Grasso sarà tradotto in greco e pubblicato entro un anno dalla casa editrice ellenica Cnari Rublishing house. A renderlo noto è la stessa scrittrice, in un post sulla sua pagina Facebook dove conquista la rete con post ora ironici e sferzanti, ma anche densi di poesia e pathos letterario. Si tratta del secondo editore greco, dopo la pubblicazione già nota del suo grande successo “Il bastardo di Mautana”.
«Un mese fa era arrivata da Atene la magnifica proposta di questo nuovo editore, ora il contratto che ho firmato, un patto d’amore con la scrittura e con quanti editori, in tutto il mondo, mi traducono mi fanno leggere amare – si legge in un passaggio significativo del lungo post della scrittrice -. Odio viaggiare, ma quello che penso scrivo sono, come pure le mie ossessioni passioni intuizioni fiordi emotivi smarrimenti esorcismi viaggiano in tutto il mondo ormai da 30 anni, per traduzioni tesi di laurea dottorato master, saggi monografie e convegni di studi».
Continua ad arricchirsi di successi la carriera di un’autrice che ha portato e continua a portare in giro per il mondo il meglio del “mito” della sicilianità, vissuta e incarnata in ogni sua opera. «Nonostante il mio carattere niente affatto docile né mai incline al servilismo, al consenso, a quel malinteso malato lebbroso pluralismo che uccide l’unicità la singolarità la creatività. Nonostante la mia indole serbaggia dunque – ha sottolineato ancora Silvana Grasso – anzi forse grazie a lei, quel che sono penso scrivo, la mia “diversità”, viaggiano in tutto il mondo».