Dal G20 di Roma alla Cop26 di Glasgow. Il dibattito intorno alla questione ambientale si è fatto serrato anche dal punto di vista politico-istituzionale, pur se con immenso ritardo, e d’altronde non poteva essere altrimenti. Gli incendi devastanti ai più grandi polmoni verdi del pianeta, il riscaldamento globale, il cambiamento climatico e la pandemia sono solo gli ultimi terribili tasselli di un mosaico che, ricomposto, fa emergere una verità gravissima: la Terra non ce la fa più. I dati resi noti in questi giorni dicono che gli ultimi sette anni sono stati i più caldi in assoluto della storia, giusto per dirne una. E tanta rabbia ha destato la voluta imprecisione dei potenti del G20 che, a proposito dell’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050, hanno glissato lasciando una sorta di libertà decisionale ai singoli Stati sui tempi, pur concordando sulla necessità di fermare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi.
Maggiore incisività arriva in queste ore dalla Scozia, dove le parole della regina Elisabetta e del principe Carlo hanno dato un preciso indirizzo a tutti i leader mondiali arrivati a Glasgow: così questa mattina è arrivato l’impegno a porre fine alla deforestazione entro il 2030. È fin troppo chiaro ed evidente che in ballo c’è qualcosa di estremamente importante e che riguarda davvero il futuro del mondo. Transizione energetica e sostenibilità non possono più essere belle parole ma i princìpi in grado di caratterizzare le scelte politiche, a tutti i livelli, ed è giusto e opportuno che se ne parli costantemente e in maniera qualificata.
Manifestazioni come quelle dei “Fridays for future” hanno (grande) senso e valore solo se inquadrate in quest’ottica, le proteste e gli scioperi degli studenti – che anche in città sono stati numerosi, specie negli ultimi tempi, dimostrando la sensibilità dei giovani e la loro attenzione al tema – possono rappresentare l’occasione per riflettere e guardare insieme al problema purché non vengano banalizzati o, peggio, considerati una spicciola occasione per saltare un giorno di lezione. Serve uno scatto di mentalità, un salto di qualità importante. E ha ragione il premier Mario Draghi quando dice che proprio i giovani hanno messo al centro la questione climatica: tutte le migliori rivoluzioni culturali partono dal basso, sono un movimento di popolo. Ricordiamocelo, e proseguiamo su questa strada senza perdere di vista l’obiettivo.
(Nella foto, gli studenti gelesi durante una recente manifestazione alla Villa comunale)