Cronaca
“Quella tragica sera di trent’anni fa…Gela anticamera dell’inferno”
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2 anni fail

Avevo da poco terminato il mio lavoro: ascoltare in cuffia il radiogiornale della Rai e trascrivere su una Olivetti Lettera 92 di colore rosso, le notizie più importanti. C’era un telegiornale da preparare e da mandare in onda. Il tempo scorreva inesorabilmente e la redazione di via Colombo, all’ultimo piano di un vecchio stabile da cui si osservavano i movimenti del mare, addolciti dalla nitidezza del tramonto d’autunno, era perennemente avvolta da una cappa di fumo sprigionata dai colleghi più anziani. Fumavano tutti, quasi fosse un obbligo morale. C’era pure chi riaccendeva la sigaretta nonostante ne avesse una ancora poggiata sul posacenere, inalata poco prima per pochi secondi e destinata ad un’agonia perenne, assieme a tutte le altre cicche lasciate in uno stato di abbandono. Come fossero candele, indirizzate al proprio destino.
Alla sigla del tg, mancavano pochi muniti. La telecamera era accesa, pronta. Come sempre. Le veline erano poggiate sulla scrivania. L’apertura era destinata alla pagina politica. Non mancavano le notizie di cronaca spicciola e quelle dedicate alla sanità. Normale amministrazione, si dice in questi casi. La scaletta dei servizi era stata consegnata ai tecnici della regia. Tutto pronto. Ore 20.30, si parte. Come ogni giorno, a volte con qualche minuto di ritardo per l’eccesso di combinazioni pubblicitarie. Partiti. Dal benvenuto della giornalista in studio ai telespettatori, sono passati poco meno di cinque minuti quando in lontananza sentiamo un suono inequivocabile, purtroppo familiare per i costanti avvenimenti delittuosi: sono sirene della polizia o dei carabinieri, forse di un’ambulanza. Le sentiamo sempre più vicine ma non le vediamo.
Potrebbero essere ovunque. Ci si precipita a telefonare. In redazione erano presenti quattro Sip sirio di colore bianco, uno per ogni postazione di lavoro. Non risponde nessuno tra le forze dell’ordine. Era già un indizio. Preoccupante. Poggiata sul davanzale di una finestra, per catturare meglio la ricezione, avevamo una radio ricetrasmittente portatile collegata sulle frequenze delle forze di polizia. In quel tempo, anche se tassativamente vietato, ogni redazione ne era dotata. La si usava all’occorrenza. Silenzio, qualcuno parla. Nonostante il fruscio imperante, riusciamo a capire due parole: via Verga. E poi ancora fruscio interrotto dal silenzio, quasi assordante. L’ossimoro è servito. E poi niente più. Si parte a bordo di una Fiat Panda con quasi 100 mila chilometri di onorata carriera alle spalle e con le sospensioni agonizzanti. Si perde solo qualche istante per sistemare la telecamera per le riprese esterne, accompagnata dal faro in dotazione, da un’enorme batteria di alimentazione e dal registratore in vhs a cui è collegato il microfono, reduce da mille battaglie ma sempre funzionante. A volte. Via Verga: ore 20.45. Non si passa. Dall’angolo di via Giacomo Matteotti, nei pressi della scuola Santa Maria di Gesù, all’angolo opposto di via Ierone, la zona è presidiata. Tutte le auto incolonnate quasi a rappresentare un serpentone d’acciaio. Immobile. Qualcuno prova a divincolarsi, ma senza successo. Qualcun’altro prova ad affacciarsi dai balconi per capire cosa è accaduto. Alla vista della telecamera, tornano indietro. E si barricano, spegnendo perfino le luci domestiche. Calano le tenebre. Si scorge nei pressi del marciapiede, a pochi passi dal civico 98, una macchina, crivellata di colpi. C’è del sangue. Qualcuno è stato colpito. Si riesce ad immortalare la scena. E’ un agguato. E non si tratta di faide tra clan rivali, cosi come funestamente e costantemente ci si era abituati dal 23 dicembre del 1987, dal duplice omicidio di Salvatore Lauretta ed Orazio Coccomini, che – di fatto – inaugurò la guerra di mafia tra Cosa Nostra e Stidda per il predomino totale del territorio. “Qui – sussurrò un carabiniere visibilmente affranto – non si sono sparati tra di loro”. La mafia aveva alzato il tiro. Era stato colpito a morte un commerciante. In quel preciso momento, si era spenta anche la speranza della gente per bene. Flebile ma ancora esistente e che aveva assistito, inerme ed impotente, ai numerosi morti ammazzati per le vie cittadine, in una sorta di Far West autoctono, tra i sodali di Giuseppe Piddu Madonia e gli acerrimi nemici del clan di Salvatore Iocolano, culminata nel massacro della famiglia Polara del 22 dicembre del 1988 (morti il capomafia Salvatore, la moglie e i due figli di 16 e 17 anni) e la strage della sala giochi del 27 novembre del 1990 (8 morti e 7 feriti in quattro agguati simultanei). Gela aveva pianto anche una vittima innocente: la casalinga Grazia Scimè, il 12 settembre del 1988, in piazza Salandra, fu assassinata da killer senza scrupoli che spararono all’impazzata per colpire un loro nemico, che riuscì a salvarsi. Un bollettino di guerra con cadenza giornaliera. “Gela, l’anticamera dell’inferno”, si leggeva sui quotidiani, a nove colonne. Il nero dell’inchiostro intriso del rosso sangue, in una miscela esplosiva che aveva reso la città insicura, afflitta, sgomenta. Impaurita ancora di più: perché quella sera, in via Verga, nei pressi dell’ex carcere, avevano ucciso il profumiere Gaetano Giordano. Di brigatista memoria, “colpiscine uno per educarne cento”. Il telegiornale fu stravolto. Le immagini erano forti, crude, reali nella loro essenza. Il servizio fu affidato al collega Gianni Licitra. La sua voce era vacillante, come se non credesse a quanto accaduto.“Giordano e figlio stavano scendendo dalla Panda Fire 750 di colore blu quando due sconosciuti in sella ad un vespino e con i volti scoperti li hanno affrontati sparando una decina di colpi di pistola calibro 9 corto. Cinque hanno raggiunto il commerciante al petto, uno dei quali molto probabilmente gli ha trafitto il cuore. Uno ha colpito il figlio ad un gluteo con foro di uscita all’inguine. Quattro invece sono andati a vuoto. L’agguato pare non abbia avuto testimoni. I sicari sono stati aiutati dalla scarsa illuminazione della strada di via Verga, garantita solo da piccole lampade al neon e interessata da qualche giorno ai lavori della posa in opera di tubazioni e rifacimento del manto stradale…” Giordano aveva pagato con la morte perché si era ribellato al pizzo, assai dilagante in città. Soldi che facevano gola ai clan. In quel periodo tutti erano sottomessi ai soprusi della mafia. E dinanzi alle investigazioni, alle prove provate, ai loro nomi scritti sul libro mastro rivenuto nel quartiere Bronx, con tanto di uscite da elargire ai boss, tutti negavano. Per il quieto vivere – diranno successivamente -. In pochi (contati sulle dite di una mano) ebbero il coraggio di denunciare. Era troppa la paura per le ritorsioni che si potevano subire. “E’ troppo grande per noi la mafia, è troppo grande. Queste sono le nostre armi, speriamo di potercela fare, ma la mafia è troppo grande” disse, singhiozzando, una studentessa collocando un mazzo di fiori sulla saracinesca del negozio di Giordano, in corso Vittorio Emanuele, giorni dopo l’assassinio. “Le nostre armi”, in quella circostanza, erano rappresentate dalla voglia di cambiare, nel segno della legalità, una città che stava sprofondando sempre più nel baratro, abbandonata anche dallo Stato e dalle sue massime espressioni istituzionali. “Quel commerciante aveva il diritto di essere tutelato. E’ stato forse uno dei pochi che è riuscito ad abbattere il muro dell’omertà. Dobbiamo cambiare, questo è l’inizio di una lotta”. L’esortazione di un altro studente, divenne quasi uno slogan, condiviso da tutti gli altri. Adesso quei ragazzi (sono passati trent’anni), sono padri, madri di una nuova generazione che si affaccia al mondo e di cui conosceranno tutte le insidie che sono nascoste. I giovani di oggi lo hanno capito ed ampiamente dimostrato giorni addietro, scendendo in piazza per dire no alla spirale di violenza che ultimamente si è consumata a Gela. Il procuratore Fernando Asaro si è pubblicamente complimentato con loro, definendo il corteo che si è snodato per le vie cittadine, “un esempio per tutti noi” e ribadendo che “bisogna allontanare i tentacoli della criminalità, percorrendo l’autostrada che conduce alla denuncia e non più il viottolo di campagna che non porta da nessuna parte. Lo stato c’è!” “Lo Stato c’è!”. L’imperativo avremmo voluto toccarlo con mano anche noi trent’anni fa e non solo sentirlo e strombazzare a fatti avvenuti, come fosse un ritornello imparato a memoria, da eminenti rappresentanti istituzionali. Grati alle forze di polizia che in quegli anni di piombo hanno svolto un lavoro egregio, in un contesto altamente inquinato dalla presenza mafiosa ma senza le dovute e necessarie risorse (uomini e mezzi) hanno dovuto combattere una guerra impari, persa in partenza. E delle lacune accusate dallo Stato, la mafia ci ha sguazzato, impadronendosi del vasto territorio e imponendo la forza del più forte. Colpiti ed affondati. Quando e come decidevano i capi. “A Gela si deve pagare! L’omicidio di Giordano è stata la risposta che ha voluto dare la Stidda…” sentenziò il collaboratore di giustizia, Emanuele Celona, personalmente intervistato anni fa anche sull’efferato delitto del commerciante. Purtroppo si decideva e si agiva nell’immediato e non c’era niente e nessuno che potesse fermarli. Erano pronti a tutto. Gela era diventata cosa loro. Negli anni a seguire, numerose sono state le battaglie vinte dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, che hanno inchiodato alle loro responsabilità mandanti ed esecutori di fatti datati, in quelle che potremmo definire a tutti gli effetti dei veri e propri “Cold case”. Qualcuno si chiederà come mai prima no e dopo si. La risposta è insita: perché è cambiata la percezione di cosa è il fenomeno mafioso, di come si combatte, quali strumenti usare e soprattutto perché lo Stato è attento e in determinati casi scrupoloso. L’invito alla denuncia del malaffare è una costante, sta soltanto alla popolazione seguirlo. In ogni campo. Privare la libertà di qualcuno è da rappresentare a chi è deputato a garantirla. E’ assolutamente vero (lo raccontano le cronache quotidiane) che c’è ancora tanto da fare perché insiste ancora una subcultura criminale da fare rabbrividire, quasi un’isteria collettiva del crimine, ma la strada è stata tracciata. Le convocazioni quasi mensili del comitato provinciale per l’ordine pubblico, da parte del Prefetto, dimostrano un’attenzione particolare sul territorio. Tra poco saranno installate nuove telecamere di videosorveglianza, un grande occhio sulla città. Funzionanti, perché quelle attualmente presenti dormono dalla loro collocazione. I vertici locali della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, sono sempre presenti e non demandano, accogliendo tutti nei loro presidi, perché quello stesso presidio di legalità è anche del gelese. Le porte del tribunale sono aperte, i magistrati sono sempre vigili ad ogni reato che si configura. Però bisogna stabilire se realmente si vuole cambiare lo stato delle cose. Perché un conto è gridarlo in piazza, un altro è consolidarlo nelle sedi opportune, in fase di denuncia. Per una Gela che non deve più piangere un altro Gaetano Giordano. “Vogliamo un futuro migliore per i figli”, c’era scritto su uno dei tanti cartelloni di denuncia (contro uno Stato assente) in occasione dei funerali del commerciante in una chiesa Madre gremita. Lo vogliamo tutti, oggi più che mai. Con forza. La stessa che ha avuto la vedova Giordano, che nel ricordo del marito, ha scelto di rimanere a lavorare a Gela, riuscendo a trasformare il proprio immenso dolore in un impegno costante a favore della comunità gelese e non solo. ..
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Cronaca
Il fiorente mercato illegale dei reperti archeologici
Pubblicato
4 ore fail
7 Maggio 2025di
redazione
Palermo – Le attività condotte nel 2024 dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale in Sicilia hanno visto impegnati i militari del Nucleo di Palermo e della dipendente Sezione di Siracusa in molteplici ambiti d’intervento, con particolare attenzione al traffico illecito di beni archeologici e ai furti di beni culturali.Nel 2024, il contrasto al traffico illecito di beni archeologici ha registrato significativi successi che hanno permesso di recuperare 124 reperti archeologici. Nel 2024 si è registrato un aumento delle denunce di furti di beni culturali (18), rispetto all’anno precedente (13), sebbene va osservato che, gran parte dei furti avvenuti ai danni di musei e di biblioteche, sono emersi a seguito di controlli inventariali e, dunque, risalenti ad anni precedenti.I luoghi più colpiti sono stati musei/pinacoteche/antiquarium (3); luoghi espositivi pubblici/privati e pertinenze (4); luoghi di culto (5); archivi pubblici/privati/ecclesiastici (1); biblioteche pubbliche/private/ecclesiastiche (1); luoghi privati e pertinenze (4). La strategia di intervento del Nucleo di Palermo e della Sezione di Siracusa si è articolata lungo due direttrici fondamentali: l’attività di prevenzione mediante le molteplici attività ispettive e l’azione di contrasto sviluppata attraverso le indagini di polizia giudiziaria. Nel corso del 2024, l’attività di prevenzione ha certificato l’esecuzione di 496 controlli finalizzati alla sicurezza dei luoghi della cultura, quali musei, archivi e biblioteche, e delle aree archeologiche e/o tutelate da vincoli paesaggistici. Le verifiche hanno altresì riguardato gli esercizi commerciali di settore, con numerosi controlli amministrativi presso mercatini, fiere ed antiquari, allo scopo di contrastare la ricettazione di beni rubati. Infatti, i dati acquisiti vengono successivamente incrociati con quelli presenti nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, gestita dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, la più grande banca dati di opere d’arte rubate al mondo. Altrettanto incisiva è stata l’azione di contrasto sviluppata mediante le indagini di polizia giudiziaria, d’iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria, finalizzate al recupero dei beni culturali trafugati e all’individuazione dei sodalizi criminali operanti nel settore.Nel 2024, sono state deferite in stato di libertà 65 persone per diversi reati (prevalentemente nei confronti del paesaggio, danneggiamento, furto, ricettazione, contraffazione di opere d’arte), sequestrando beni culturali per un valore di oltre ottocento mila euro. I beni sono stati poi riconsegnati agli Enti regionali di tutela e chiese per garantirne la fruizione.
Suddivisi per settore d’intervento, ecco i controlli effettuati nel 2024 per il cui conseguimento il Nucleo TPC di Palermo e la Sezione di Siracusa hanno operato in piena sinergia con tutti i Reparti dell’Arma territoriale della Sicilia, i Nuclei Elicotteri CC di Palermo e di Catania ed il Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina, oltre alle competenti Soprintendenze provinciali, alla Soprintendenza del Mare ed alle Soprintendenze Archivi di Stato siciliana:
Verifiche alla sicurezza di musei, biblioteche e archivi: 49 Controlli nelle aree archeologiche
149 Controlli alle aree tutelate da vincoli paesaggistici/monumentali189Controlli presso esercizi antiquariali, mercati e fieri antiquariali113 TOTALE 500.

QUADRO DI SINTESI DELL’AZIONE DI CONTRASTO
Beni recuperati242
Beni archeologici124
Beni paleontologici13
Beni antiquariali105
Valore economico dei beni recuperati€ 875.500
Persone denunciate all’A.G.65
Perquisizioni 26
Tipologia dei reati perseguiti Furto1
Ricettazione27
Scavo clandestino2
Contraffazione opere d’arte4
Danneggiamento24
Reati in danno del paesaggio14
Altri reati 23.

Tra le operazioni più significative, si evidenziano: Acireale: il prezioso incunabolo “L’economia del cittadine 1665” veniva sequestrato a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-Commerce e successive verifiche all’interno della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, poiché provento di furto consumato, il 07.01.1993, ai danni della biblioteca comunale “Francesco Scavo” di Carini (PA); Siracusa: 5 volumi, databili tra il XVIII ed il XIX sec., un reliquiario in argento, un turibolo in argento ed una coppia di mazze cerimoniali in legno venivano sequestrati attraverso gli sviluppi investigativi inerenti alla ricezione del furto consumato ai danni della biblioteca “Arcivescovile Alagoniana” aretusea;Paternò: 8 monete in bronzo, di epoca greco-punica V – IV a.C., venivano individuate e sequestrate, poiché messi in vendita illecitamente sul sito web di una casa d’asta, come accertato a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-Commerce;Palermo: una statuetta lignea, policroma, raffigurante San Francesco di Paola, epoca XVI-XVII sec., veniva sequestrata poiché messa in vendita illegalmente sul sito web di una casa d’aste. Il recupero avveniva a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-Commerce e gli approfondimenti all’interno della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” che certificavano l’illecita provenienza del manufatto, oggetto di furto consumato, il 18.12.2008, ai danni della chiesa di San Rocco di Acireale;Siracusa: il dipinto raffigurante “Santa Lucia”, olio su tela, epoca XVIII sec., veniva recuperato a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-Commerce e le verifiche all’interno della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, le quali confermavano che la preziosa opera era oggetto di furto consumato, il 17.02.1991, ai danni della chiesa di Santa Maria Scala del Paradiso di Noto;Floridia: i reparti TPC siciliani sequestravano, in collaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, una estesa area oggetto di danneggiamento irreversibile di una porzione del sistema idrico di captazione e di distribuzione delle acque di origine araba, tipo “Qanat”, a doppio spiovente di epoca IX sec. d.C., a causa lavori eseguiti in difformità alle autorizzazioni concesse dallo stesso Ente di tutela;Siracusa: i reparti TPC siciliani sequestravano, in collaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, una estesa area oggetto di danneggiamento irreversibile di una porzione dei resti delle mura “Dionegiane”, epoca V – IV sec. a. C., a seguito dell’esecuzione di lavori edili abusivi;Noto: a seguito di indagini finalizzate al contrasto di reati in danno del patrimonio archeologico-paesaggistico/naturalistico, si procedeva al sequestro di tre aree distinte, rispettivamente di mq. 53.000, 14.000 e 18.000, in cui era stata realizzata un’abusiva area di sosta a pagamento per autovetture;Noto: un reliquiario di “Sant’Alessio Martire”, in argento su legno e vetro, epoca 1700, ed una mitra vescovile, in seta e argento, con raffigurazioni floreale, epoca 1800, veniva recuperati, a seguito delle verifiche all’interno della “Banca Dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti”, poiché oggetto di furto avvenuto, nel 2023, all’interno della chiesa di Sant’Antonio Abate di Noto;Lipari: a seguito di controlli su siti web dedicati all’E-Commerce venivano individuate 2 anfore fittili, da trasporto tipo Dressel; 1 vaso fittile biansato, una statuetta in bronzo epoca V – III sec. a.C. e diversi frammenti fittili, poi affidati al locale museo “Bernabò Brea”;Palermo e Lucca: il sequestro di un dipinto, olio su tela, raffigurante il nobile “Giovanni Branciforti”, epoca XVIII sec., messo in vendita su sito web case d’asta. A seguito di controlli di siti dedicati all’E-Commerce, il dipinto veniva individuato e le successive verifiche presso la “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti” certificavano l’illecita provenienza dell’opera, asportata a Palermo nel 1991;Randazzo: il sequestro di 69 volumi, di epoca compresa tra il XVI – XVIII sec., individuati mediante i controlli dei siti web dedicati all’E-Commerce, in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica – Archivio di Stato di Palermo, asportati dalla Biblioteca dei Carmelitani Scalzi di Milano;Palermo e Modica: il sequestro di un importante dipinto, olio su tela, raffigurante “Venere in Amore”, attribuito al maestro Paolo De Matteis (1662-1728) e 4 reperti archeologici, fittili, (anfora, lucerna, vasetto e piatto). Il prezioso dipinto è stato individuato a seguito di controlli di siti dedicati all’E-Commerce e le successive verifiche presso la “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti”, le quali certificavano che era oggetto di furto consumato, il 17.11.1986, ai danni del Palazzo Chigi – Albani, di Soriano nel Cimino (VT);Roma: a seguito di indagini relative l’illecita detenzione di beni d’arte, i reparti TPC siciliani individuavano e sequestravano due importanti dipinti, olio su tela, raffiguranti “Ritratto di bambino… che gioca con scimmietta” e “Ritratto di bambina con cane”, nonché 5 reperti archeologici di epoca magnogreca – ellenistica (V – IV sec. a.C.). I dipinti, a seguito di verifiche presso la “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti” risultavano essere provento di furto consumato in Roma, il 07.03.2016, ai danni di un privato;Milano e Città di Castello (PG): il sequestro di un dipinto, olio su tela, raffigurante “Ritratto di nobildonna”, epoca XVIII sec., veniva individuato a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-commerce. Le successive verifiche presso la “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti” accertavano l’illecita provenienza del dipinto, poiché oggetto di furto consumato in Messina, il 21.07.2019, ai danni di un privato;Bologna: il sequestro di due dipinti olio su tela raffiguranti “Scene di genere”, di epoca XVIII sec., attribuiti al maestro Giuseppe Maria CRESPI, messi in vendita sul sito web di una casa d’asta e segnalati dalla Sezione Elaborazione Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, a seguito di controlli di siti web dedicati all’E-Commerce. Le successive verifiche all’interno della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” confermavano l’illecita provenienza dei dipinti, oggetto di furto consumato in Feltre (BL), il 09.11.1988, all’interno di un palazzo nobiliare; Infine, si segnala che i reparti TPC siciliani hanno restituito:alla Biblioteca “Ludovico II de Torres” di Monreale n. 9 cinquecentine, di grande valore storico e culturale, oggetto di furto avvenuto negli anni ’80 del secolo scorso, i quali si aggiungono ai 61 già restituiti negli anni scorsi.I preziosi volumi, rari e di pregio, sono stati individuati, a seguito del monitoraggio dei siti web, presso la biblioteca dell’Università “U.C.L.A.” di Los Angeles (U.S.A.). I successivi accertamenti stabilivano che l’Ufficio Esportazione delle antichità e degli oggetti d’arte della Sicilia della Soprintendenza per i BB.CC.AA. di Palermo non aveva rilasciato alcuna autorizzazione per l’esportazione e, a seguito di Rogatoria Internazionale avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo, i responsabili della predetta università riconoscevano la validità della rivendicazione, restituendo i volumi.

Al museo civico “Sebastiano Guzzone” di Militello Val di Catania (CT), tre importanti dipinti asportati dalla predetta struttura nel 2013, durante una mostra:dipinto olio su tela, con cornice, raffigurante “due bambini in stile lezioso”, con stile ascrivibile al pittore francese, Francois Boucher; dipinto olio su tela, con cornice, raffigurante “Console Cornelio inginocchiato davanti ad un angelo in atto di sottomissione”, recante la firma G. Sciuti; dipinto olio su tela, con cornice, raffigurante “consorte di Sebastiano Guzzone donna Gaetanina Baldanza con vestito bianco e girocollo”, attribuito all’artista Sebastiano Guzzone.L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania, è stata sviluppata dalla Sezione Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Siracusa e dalla Compagnia Carabinieri di Acireale, in perfetta sinergia tra loro, nel momento in cui – durante un’attività di perquisizione ad Acicastello – i militari dell’Arma territoriale rinvenivano le opere e chiedevano l’intervento del reparto speciale. I successivi sviluppi investigativi attraverso la consultazione della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, si accertava l’illecita provenienza delle opere quali provento di furto ai danni del museo civico.
Nella Chiesa Madre di “Santa Maria Maggiore” di Pietraperzia sono state restituite 4 colonne in marmo pregiato, con bassorilievi del GAGINI, raffiguranti le quattro virtù cardinali.L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania, è stata sviluppata in sinergia tra la Sezione Carabinieri TPC di Siracusa e la Compagnia Carabinieri di Piazza Armerina, nell’ambito della costante attività di monitoraggio dei beni venduti sul web, nello specifico nel sito di una casa d’aste catanese. I successivi sviluppi investigativi, attraverso la consultazione della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, confermavano che i predetti manufatti erano stati asportati dalla chiesa madre di Pietraperzia.

In occasione della festa della mamma, Giacomo Giurato, presidente di Adoces Sicilia Odv e Dogforlife Odv, in sinergia con Fast Italia rappresentata dall’Avv. Sonia Romano, ripropongono l’iniziativa finalizzato all’umanizzazione del paziente e dei loro familiari, nello specifico riferiti ai reparti Hospice e Pediatria dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Gela.
Il progetto, denominato “Teniamoci Per Zampa”, giunto alla 3A edizione, nasce dalla volontà di far trascorrere ai pazienti ospitati e ai familiari, che spesso passano intere giornate accanto ai propri cari, del tempo con i cani, coinvolgendoli in attività ludiche e di contatto con l’animale.
Così, i meravigliosi terapisti a quattro zampe, fanno il loro ingresso in ospedale e vengono accolti da tutti con occhi pieni di curiosità, un po’ d’impazienza e tenerezza.

L’attività inizialmente si concentra su
aspetti più ludici e di intrattenimento, quindi tra carezze, crocchette e giochi di attivazione mentale, tutti (pazienti, familiari e, a volte, gli stessi operatori dell’hospice), vengono attratti dalla simpatia e vitalità dei cani, che strappano sempre tanti sorrisi, anche in momenti in cui, un semplice sorriso, spesso, è difficile da
mostrare. La dolcezza e l’imponenza dei cani incanta e il clima di intimità che si crea nelle camere dei pazienti agevola la comunicazione tra operatori, famigliari e malati ed ecco che, tra una carezza e una crocchetta, emergono preziosissime esperienze e riaffiorano ricordi di vita.
È inevitabile come, chi ha avuto
la fortuna di vivere e crescere con qualche animale, grazie alla sola presenza del cane in camera, rievochi momenti ed episodi del proprio passato legato proprio al rapporto avuto con essi. I cani (educati a questo tipo di attività, nonché controllati da un punto di vista sanitario e comportamentale) diventano catalizzatori di emozioni, facilitano la relazione tra malato, famigliare e operatore sanitario (che indirettamente ha dei benefici dalle stesse attività) e favoriscono il benessere
dell’utente, aiutando ad alleviare la sofferenza fisica e psicologica.
I terapisti a quattro zampe diventano
degli alleati fondamentali in una fase delicata, come può essere quella dell’accompagnamento alla morte, perché in grado di approcciarsi in modo naturale ed empatico al sofferente, trasmettendo sicurezza e calore, senza parlare, ma solo attraverso la loro semplice presenza. Appuntamento Giovedì ’ 8 maggio 2025, nel corso della visita verranno donati i biscotti speciali di Fast Italia che si occupa di patologie rare come la Sindrome di Angelmann.
Cronaca
Elezioni Provinciali. Mancuso(FI): “A Caltanissetta Forza Italia primo partito, daremo risposte concrete al territorio”
Pubblicato
16 ore fail
6 Maggio 2025di
redazione
Caltanissetta- “Nelle elezioni di secondo livello per la Presidenza della Provincia di Caltanissetta, Forza Italia ottiene il 32% del suffragio, frutto del lavoro compiuto negli anni e che ci gratifica e ci dà la forza per continuare ad andare avanti e a lavorare bene. È la via giusta. Ha vinto le elezioni provinciali e di questo ringrazio chi ci ha sostenuti e anche chi non ha potuto farlo.” Così l’onorevole Michele Mancuso, deputato regionale di Forza Italia interviene in merito alle elezioni provinciali tenutesi lo scorso 27 aprile e che ha visto conquistare la presidenza del Libero Consorzio di Caltanissetta al sindaco del capoluogo nisseno, Walter Tesauro, sostenuto da Forza Italia e da Grande Sicilia.Il deputato azzurro prosegue sottolineando come il risultato delle elezioni nel territorio nisseno sia stato un traguardo raggiunto grazie anche a un lavoro sinergico con il tavolo regionale dove “il partito si è adoperato con energia facendo seguito alle nostre richieste affinché Caltanissetta, in quanto capoluogo e con un sindaco di Forza Italia, potesse avere la candidatura.”“Ci siamo trovati alcuni partiti contro, alcuni dei quali anche alleati e a loro non biasimo nulla – prosegue Mancuso – perché la politica è fatta anche di scelte diverse e strade diverse.”Il forzista azzurro non nasconde la gratitudine al coordinatore regionale di Forza Italia, Marcello Caruso, il quale “ha dimostrato, al contrario di quello che qualcuno, in questi giorni, ha affermato sui giornali, di portare a casa un risultato di grande prestigio: in tutte le province Forza Italia è risultato un partito da primato e dai grandi numeri”.Il deputato Mancuso sottolinea l’obiettivo di offrire al territorio risposte concrete: “Questo per noi è un punto fermo. Oggi più che mai, facendo affidamento sulla costante disponibilità e sull’affetto del presidente Schifani e dell’interno governo regionale – conclude Mancuso – possiamo affermare senza smentita che è l’occasione giusta per rilanciare il territorio e al contempo raggiungere il nostro obiettivo fondamentale: dare risposte ai cittadini.”

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