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Giudiziaria

Assolti dall’accusa di assenteismo

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Assolti due funzionari regionali accusati di assenteismo. I fatti contestati si riferiscono

al 2014 quando è stata aperta un’ inchiesta a carico di due funzionari della Regione Siciliana, per 38 giornate lavorative contestate: in sostanza, secondo la Procura si trattava di “assenteismo”, mentre per gli indagati erano soltanto MISSIONI A PALERMO.
Dopo ampia produzione documentale in fase di indagini da parte degli imputati, le giornate contestate si sono ridotte a due e gli imputati sono stati rinviati a giudizio.
Un lunghissimo dibattimento in cui vengono ascoltati tantissimi testi ed anche Dirigenti dell’Assessorato al Ramo della Regione Sicilia, oltre a molteplici documenti a supporto.
Chiuso il dibattimento all’udienza del 14/12/2021 le parti discutono: il Pubblico ministero chiede la dichiarazione di prescrizione; la difesa rappresentata dall’Avv. Riccardo Lana discute a lungo nel merito dimostrando in dettaglio l’innocenza degli imputati. Il Presidente del collegio giudicante Miriam D’Amore ha pronunciato la sentenza di assoluzione nel merito ex art.530 per entrambi gli imputati

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Giudiziaria

Spese di notifica per le multe stradali: importante vittoria di Federconsumatori Sicilia

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Palermo -Ennesima vittoria di Federconsumatori Sicilia e di un suo associato, questa volta di Altofonte, che hanno ottenuto dal Giudice di Pace di Palermo l’annullamento di una cartella esattoriale per una contravvenzione al Codice della Strada. La vicenda, apparentemente comune e banale, in realtà è molto importante perché segna la fine di una prassi sbagliata e vessatoria che quasi tutti i Comuni italiani mettono in atto ai danni dei cittadini consumatori.


In pratica, anche se il cittadino aveva pagato la multa nei 5 giorni previsti per ottenere lo “sconto” del 30% sull’importo da versare, non aveva pagato anche le spese amministrative e quelle di notifica tramite posta, per un importo complessivo di appena 13,10 euro.


Il Comune di Altofonte, seguendo una prassi errata ma molto diffusa in Italia, ha ritenuto che questo pagamento “incompleto” non bastasse a estinguere la sanzione. Di conseguenza ha applicato l’ulteriore sanzione nei confronti del cittadino.


Una prassi sbagliata e illegittima, come ha dimostrato l’avvocato Fabio Pernice dello sportello regionale di Federconsumatori Sicilia che, assistendo il cittadino associato nel suo ricorso al Giudice di Pace, ha ottenuto la cancellazione di ogni ulteriore sanzione e ha condannato il Comune di Altofonte al pagamento delle spese legali.


“La vicenda è emblematica – spiega il presidente di Federconsumatori, Alfio La Rosa – perché questa prassi è diffusissima in tutta Italia. Solo la competenza del nostro avvocato ha permesso al consumatore di ottenere giustizia davanti al Giudice di Pace: senza la nostra assistenza avrebbe dovuto pagare una sanzione per una multa già pagata, tra l’altro entro i primi 5 giorni dalla notifica”.

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Giudiziaria

Il Tar condanna la Prefettura di Agrigento

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Agrigento- La Prefettura di Agrigento diversi anni fa ha adottato un provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni nei confronti di A.A. di Castrofilippo, titolare di porto d’armi per uso caccia.

Il provvedimento inibitorio è stato adottato dalla Prefettura di Agrigento sulla scorta del legame parentale esistente con il fratello all’epoca imputato in un procedimento penale per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.; a conclusione del procedimento penale, il fratello di A.A. era stato assolto dal reato ascrittogli e per l’effetto la Prefettura di Agrigento aveva revocato l’informativa antimafia disposta a carico della sua impresa.

Cosicchè il ricorrente aveva chiesto alla Prefettura di Agrigento la revoca del divieto di detenzione di armi e munizioni che gli inibiva di rinnovare il porto d’armi per uso caccia; tuttavia, la Prefettura di Agrigento rimaneva silente sulla richiesta di revoca del divieto.

Quindi A.A. si è rivolto agli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza al fine di ottenere il riscontro sperato da parte della Prefettura di Agrigento; gli avvocati Rubino e Piazza hanno proposto, innanzi il Tar Sicilia – Palermo, un ricorso volto ad accertare l’illegittimità del silenzio serbato dalla Prefettura di Agrigento anche alla luce delle nuove circostanze del caso.

In particolare, gli avvocati Rubino e Piazza, con il ricorso introduttivo del giudizio, hanno osservato come non sussistessero più gli elementi fondanti il divieto di detenzioni di armi e munizioni, per effetto dell’assoluzione del fratello del ricorrente dal reato di cui all’art. 416 bis c.p. ed inoltre come la stessa Prefettura avesse già revocato l’interdittiva antimafia adottata sulla base delle medesime circostanze.

Il Tar Palermo, condividendo le argomentazioni difensive formulate dagli avv.ti Rubino e Piazza, ha accolto il ricorso e per l’effetto ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dalla Prefettura di Agrigento sull’istanza di revoca del divieto di detenzione di armi e munizione e ciò anche alla luce delle sopravvenienze di cui l’amministrazione dovrà tenere conto; il Tar ha peraltro condannato l’amministrazione resistente al pagamento delle spese giudiziali.

Per l’effetto della sentenza del Tar Palermo, A.A. potrà riottenere il permesso di porto d’armi e ricominciare a coltivare la passione per la caccia.

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Giudiziaria

Amianto killer nelle navi della Marina: ministeri della Difesa e dell’Interno condannati a riconoscere vittima del dovere

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Siracusa – La Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza di condanna dei Ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale Salvatore Arcieri.

Arcieri, di Augusta, in provincia di Siracusa, si è arruolato nel 1957 all’età di 16 anni in Marina dove ha svolto servizio per 6 anni, si è imbarcato sulle navi “Mitilo”, “Chimera” e “Vittorio Veneto” per più di 15 mesi. Il motorista è morto nel 2009 all’età di 68 anni a causa di un mesotelioma pleurico per l’esposizione ad amianto, con il quale è stato a contatto negli anni di servizio presso la Marina Militare. L’asbesto si trovava in tutti i luoghi frequentati dal militare, sulle navi e a terra.

Per questo dopo la sua morte sua moglie, Vincenza Pungello, e i suoi 5 figli si sono rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per ottenere i benefici amianto. La Procura di Padova che ha svolto le indagini ha spiegato che l’uomo “è stato impiegato nella diretta manipolazione di materiali in amianto, anche in forma di lastre e cartoni, presenti nella protezione delle paratie tagliafuoco, dei pavimenti e dei locali a motore, con esposizione anche indiretta e ambientale, in assenza di prevenzione tecnica e di protezione individuale”.

In primo grado il Tribunale di Siracusa ha riconosciuto i benefici amianto a tutti i ricorrenti. I ministeri, però hanno presentato ricorso, respinto dalla Corte di Appello se non in un punto, “quello del risarcimento per i figli non a carico, negato a 3 dei 5 figli di Arcieri (Sebastiano, Laura e Dario) perché al momento della morte del padre non erano conviventi. Una discriminazione, un vuoto normativo che va colmato al più presto”, ha dichiarato Bonanni comunque soddisfatto della sentenza che conferma ancora una volta la presenza di amianto sulle navi della Marina e il nesso causale con il mesotelioma che ha ucciso tanti militari. “Il militare – si legge infatti nella sentenza – era privo di informazioni circa il rischio amianto e svolgeva la sua attività di servizio in luoghi chiusi ed angusti”.

“Non ce l’aspettavamo – ha commentato la figlia Laura, secondogenita ed esclusa dai benefici amianto – abbiamo un po’ l’amaro in bocca. Non pensavamo di essere esclusi, per questo faremo ricorso in Cassazione. Mi sembra discriminatorio, non ci sono figli e figliastri, tutti noi abbiamo sofferto per la morte di nostro padre, avvenuta prematuramente a causa dell’asbesto e di una Marina militare che è stata matrigna. Per colpa dell’amianto mio padre si è ammalato e se n’è andato in 3 settimane e abbiamo ricevuto una giustizia a metà”. Gli stessi giudici nell’accogliere il ricorso sul punto hanno scritto: “La l. n. 266 del 2005 non ha provveduto all’unificazione della categoria delle vittime del dovere con quella delle vittime della criminalità organizzata, avendo solo fissato l’obiettivo di un progressivo raggiungimento di tale fine”.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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